Isabelle Adjani è un’attrice e cantante francese, riconosciuta a livello internazionale come una delle migliori attrici del suo Paese. Candidata per ben due volte agli Oscar, è l’unica attrice francese ad aver vinto cinque premi César, segnando un vero e proprio record. Nota per la sua bellezza eterea, l’attrice si è sin dagli esordi imposta come un nuovo modello divistico, grazie alla sua personalità selvaggia quanto sensuale, dando vita ad interpretazioni intense e variegate destinate a rimanere impresse nella storia del cinema.
Isabelle Adjani, l’infanzia e gli esordi
“Mia madre, a 25 anni, aveva due figli e viveva in Germania, dove è nata, quando mio padre, algerino, appena diciottenne, la costrinse a seguirlo in Francia. Era un ostaggio, che non ha mai perdonato il suo rapitore”.
Dalla loro unione nacque la splendida attrice, nota per la sua rara bellezza data proprio da questo peculiare patrimonio genetico di origini miste. Della famiglia Adjani ricordiamo anche Éric Hakim, fratello minore di Isabelle prematuramente scomparso, a soli 53 anni, il 25 dicembre 2010, per un arresto cardiaco. Stimato fotografo, Éric aveva sofferto di diverse dipendenze, che hanno irrimediabilmente danneggiato la sua salute fisica e mentale. Isabelle Adjani, in un’intervista per Vogue nel 2014, ha così dichiarato:
“Le cose gli sono successe. Si è immerso nella vita notturna ed i suoi eccessi – alcool, droghe, una forma di follia. Eppure sembrava indistruttibile”.
La scomparsa del fratello minore fu un duro colpo per l’attrice, particolarmente legata a lui da un senso di protezione, nonostante si portassero soltanto due anni di differenza.
Isabelle Adjani trascorse la sua infanzia a Gennevilliers, una zona periferica a nord di Parigi, imparando il francese ed il tedesco. Tuttavia, l’infanzia dell’attrice non è mai stata particolarmente tranquilla, soprattutto a causa del travagliato rapporto con i genitori:
“La mia è stata una vita difficile, fin dall’infanzia. Ero costantemente in pericolo, malmenata da un padre autoritario e una madre infelice, con cui ho sempre avuto un rapporto doloroso. Mi proibiva tutto, la ginnastica, la danza, la musica e perfino uscire di casa. Mio padre era peggio: mi obbligava ad abbassare lo sguardo in pubblico e soprattutto a nascondere la sofferenza che sentivo giorno e notte”.
L’attrice iniziò a recitare da giovanissima, vincendo un contest di recitazione a scuola per poi iniziare a solcare i palchi di alcuni teatri amatoriali già dall’età di dodici anni. Non tardò così ad arrivare la sua prima occasione lavorativa per il grande schermo: Le Petit Bougnat, commedia per bambini del 1970 diretta da Bernard Toublanc-Michel, in cui Isabelle Adjani debuttò a soli quattordici anni. Nel 1972 fu poi la volta de I primi turbamenti (Faustine et le bel été) di Nina Companéez, in cui la Adjani interpretò un ruolo minore.
L’anno successivo, nel 1973, Isabelle Adjani entrò nella prestigiosa compagnia teatrale della Comédie-Française. Durante questo periodo sono numerose le interpretazioni degne di nota dalle quali già iniziò ad emergere lo straordinario talento dell’attrice, in particolare ricordiamo il suo ruolo ne La scuola delle mogli (L’ècole des Femmes), diretto da Molière, che avrà inoltre una trasposizione per il piccolo schermo con la regia di Raymond Rouleau nello stesso 1973.
Dopo alcuni piccoli ruoli per il piccolo e grande schermo, arrivò finalmente la grande occasione che lanciò ufficialmente Isabelle Adjani nel panorama cinematografico francese ed internazionale: Lo schiaffo (La Gifle), film del 1974 diretto da Claude Pinoteau.
Lo schiaffo riscosse un grande successo di pubblico e critica e l’interpretazione della Adjani fu particolarmente apprezzata, facendola affermare come una delle attrici francesi più popolari di quel periodo. La sua performance, infatti, non passò inosservata e le valse la vittoria del David di Donatello per la miglior attrice esordiente straniera, quando aveva appena diciannove anni. Da lì la strada sarebbe stata tutta in discesa: numerosi furono i registi, tra i più importanti dell’epoca e della storia del cinema, che la notarono proprio grazie a quel film, primo tra tutti François Truffaut, uno dei più grandi registi di tutti i tempi.
François Truffaut e Isabelle Adjani
François Truffaut rimase estremamente colpito dall’interpretazione, dallo straordinario talento e dalla rara bellezza di Isabelle Adjani. In quegli anni il regista era alle prese con la stesura di un soggetto abbastanza travagliato, Adele H. – Una storia d’amore (L’histoire d’Adèle H., 1975), film dedicato alla figlia di Victor Hugo, anch’ella scrittrice. La studentessa universitaria americana Frances Vernor-Guille lavorò ben tredici anni per decifrare i diari autografi di Adèle Hugo, scritti in un codice inventato dall’autrice, ed un primo adattamento per il grande schermo era stato scritto dallo sceneggiatore Jean Gruault, amico e fedele collaboratore di Truffaut.
Nel corso della lunga elaborazione del soggetto, il regista aveva proposto il ruolo della protagonista a grandi attrici come Catherine Deneuve e Stacey Tendeter. Tuttavia, non appena vide la trasposizione televisiva de La scuola delle mogli, si commosse davanti all’interpretazione della straordinaria Isabelle Adjani. Fu lo stesso regista a scriverle, invitandola appassionatamente ad accettare il ruolo di Adèle Hugo, nonostante ciò avrebbe significato la rottura del contratto ventennale che l’attrice aveva con la compagnia teatrale della Comédie. Isabelle, a soli diciannove anni, si trovò così dinanzi ad un bivio, una scelta che avrebbe determinato le sorti della sua carriera, scissa tra il cinema ed il teatro. Truffaut scrisse così all’attrice:
“Il suo viso racconta da solo una sceneggiatura intera, i suoi sguardi creano situazioni drammatiche, potrebbe anche permettersi di recitare in un film senza storia, sarebbe un documentario su di lei e varrebbe più di qualsiasi storia romanzata”.
Alla fine Isabelle Adjani accettò, dando così inizio alla sua splendida carriera cinematografica ed abbandonando quasi del tutto quella teatrale. La lavorazione del film fu altrettanto travagliata e durante le riprese il regista si innamorò dell’attrice protagonista, che tuttavia gli resistette. La recitazione dell’attrice era particolarmente intensa, quasi ipnotica. La sua straordinaria interpretazione non soltanto le permise di aggiudicarsi il suo secondo David di Donatello, ma anche la sua prima candidatura agli Oscar, segnando il record, ad appena vent’anni, di attrice più giovane mai nominata per la statuetta d’oro fino ad allora.
Nel 1976 fu poi la volta de L’inquilino del terzo piano (Le Locataire), capolavoro diretto da Roman Polanski. Il thriller psicologico e a tratti kafkiano segue la storia di Trelkowski, impiegato polacco che cerca un appartamento a Parigi e ne trova uno fino a pochi giorni prima abitato da una ragazza, scomparsa in circostanze misteriose.
Altro grande regista con cui collaborò Isabelle fu André Téchiné, nel film Barocco del 1976, in cui l’attrice lavorò affianco a Gérard Depardieu. Poi, nel 1978, l’attrice recitò in Driver l’imprendibile (The Driver, di Walter Hill), rara occasione in cui Isabelle Adjani decise di dare una chance ad Hollywood, per cui l’attrice non godeva una grande simpatia:
“Hollywood è una città di finzione. Non sono americana, non sono cresciuta con quella voglia di vincere un premio”.
Al riguardo, Truffaut dichiarò invece:
“La Francia è troppo piccola per lei. Penso che Isabelle sia nata per il cinema americano”.
Isabelle Adjani accettò di recitare in Driver l’imprendibile soltanto perché provava una profonda ammirazione per il precedente lavoro del regista Walter Hill, L’eroe della strada (Hard Times, 1975).
“Penso che lui sia fantastico, molto in linea con l’insegnamento di Howard Hawks, snello e sobrio. La storia è attuale ma anche molto stilizzata, e i ruoli che Ryan ed io interpretiamo sono come Bogart e Bacall. Siamo entrambi giocatori d’azzardo nelle nostre anime e non mostriamo le nostre emozioni né diciamo molto. Per noi parlare è facile.
Sono una ragazza molto silenziosa e misteriosa in questo film, senza un nome ed una storia. E devo dire che è rilassante non avere una vita alle spalle; in questo modo, non devo scavare a fondo per interpretare la parte. Quello che so è che la vita per me è un gioco d’azzardo e io sono una perdente. Ho quella che le persone chiamano faccia da poker”.
Il film, nonostante sia stato abbastanza apprezzato in Francia, non riscosse grande successo nel mercato statunitense.
Nel 1979 Isabelle Adjani, affiancata da Bruno Ganz, recitò in Nosferatu, il principe della notte, di Werner Herzog, remake del Nosferatu di Murnau. Il film riscosse un notevole successo e la stessa interpretazione della Adjani fu molto apprezzata dalla critica. In particolare, Roger Ebert disse:
“Qui è usata non solo per la perfezione del suo viso ma anche per la sua curiosa qualità di apparire come se esistesse su un piano etereo”.
Nosferatu venne registrato contemporaneamente sia in lingua inglese che tedesca, come richiesto dalla casa produttrice 20 Century Fox, perché Bruno Ganz e Klaus Kinski davano il meglio di sé nella loro lingua madre.
Sempre nel 1979, Isabelle Adjani tornò a collaborare con André Téchiné per Le sorelle Brontë (Les Soeurs Brontë). La fotografia era stata affidata a Bruno Nuytten, regista che in passato aveva curato anche la fotografia di Barocco, sul cui set aveva già avuto l’occasione di conoscere l’attrice. I due avevano iniziato a frequentarsi già da allora e fu proprio nel 1979 che dalla loro unione nacque il primo figlio dell’attrice, Barnabé Said-Nuytten.
Gli anni ‘80
Dopo due anni di pausa dal grande schermo, l’attrice tornò a recitare in uno dei suoi ruoli più iconici, Possession, film del 1981 diretto da Andrzej Zulawski. L’horror psicologico, ad oggi considerato un vero e proprio cult, segue la relazione tra una spia internazionale, interpretata da Sam Neill, e sua moglie (Isabelle Adjani), che man mano inizia a mostrare comportamenti sempre più disturbanti e sospetti, lasciando intendere un tradimento.
Pregno di significati e metafore, il film vanta forse una delle migliori interpretazioni dell’attrice, ruolo che per lei si rivelò emotivamente estenuante. In alcune interviste, Isabelle ha dichiarato che le ci sono voluti anni per riprendersi da quell’intensa performance, ai limiti dell’isteria. Alcuni tabloid avevano addirittura iniziato a diffondere la voce che l’attrice avesse tentato il suicidio dopo il termine delle riprese, come poi confermò lo stesso Zulawski. Riguardo all’iconica scena della metropolitana, il regista ha dichiarato:
“Abbiamo fatto due take. Questa scena è stata filmata alle cinque di mattina, quando la metropolitana era chiusa. Sapevo che le avrebbe richiesto molto impegno, sia emotivamente che fisicamente, perché faceva freddo lì. Era impensabile ripetere questa scena all’infinito. La maggior parte di ciò che è rimasto sullo schermo è il primo take. Il secondo take è stato fatto per sicurezza, come si fa di solito quando si filmano scene difficili, per esempio, in caso il laboratorio rovini il materiale”.
Nonostante al momento dell’uscita Possession ha riscosso un’accoglienza tiepida, l’incredibile performance dell’Adjani le valse la vittoria del suo primo premio César, nonché del premio al Festival di Cannes per la miglior interpretazione femminile.
Lo stesso anno l’attrice lavorò ad un’altra produzione cinematografica, Quartet, di James Ivory. Anche per quest’ultimo ruolo Isabelle riuscì ad aggiudicarsi il medesimo premio a Cannes, vincendo ben due premi lo stesso anno.
Di quegli anni ricordiamo Che cavolo mi combini papà?!! (Tout feu, tout flamme, di Jean-Paul Rappeneau, 1982); The Last Horror Film (di David Winters, 1982); Antonieta (Carlos Saura, 1982); Mia dolce assassina (Mortelle randonnée, di Calude Miller, 1983); L’estate assassina (L’été meurtrier, di Jean Becker, 1983), per il quale vinse il suo secondo premio César; Subway (di Luc Besson, 1985); Ishtar (di Elaine May, 1987). Proprio durante il 1987 in particolare, l’attrice iniziò ad essere tormentata dalle testate giornalistiche che erano solite inventare strani rumors sul suo conto, diffondendo la voce che fosse malata o addirittura morta, generando così forti pressioni sulla povera Isabelle.
Nel 1988 Isabelle Adjani è protagonista di Camille Claudel, film biografico sulla nota scultrice, interpretato ed anche prodotto dalla stessa attrice. Il film, diretto dal compagno Bruno Nuytten, rappresentò un grande successo per la carriera dell’attrice, la cui interpretazione fu così apprezzata da farle aggiudicare l’ennesimo premio César, l’Orso d’argento al Festival di Berlino, e persino la seconda nomination agli Oscar. Molto controversa, in particolare, fu la sera della consegna del premio César, in occasione della quale la Adjani lesse alcuni passi de I versi satanici di Salman Rushdie, suscitando un grande scalpore. Nello stesso periodo Isabelle Adjani fa ritorno al teatro con La dame aux camélias, con la regia di Robert Hossein.
Nel 1989 ebbe inizio la turbolenta storia con Daniel Day-Lewis, attore con i quale la donna ebbe una relazione oggetto di numerose testate scandalistiche. I due furono legati per sei anni, fino al 1995, quando l’attore scoprì che Isabelle Adjani era rimasta incinta. Day-Lewis la lasciò prima che partorisse, con un semplice fax. Soltanto successivamente ha riconosciuto il bambino come suo figlio, Gabriel-Kane (oggi modello e musicista), senza però mai occuparsene.
Dagli ‘90 ad oggi
Nel 1994 Isabelle Adjani è protagonista de La regina Margherita (La Reine Margot), diretto da Patrice Chéreau, ruolo per il quale l’attrice si aggiudicò l’ennesimo premio César. Fu poi la volta di Diabolique, film del 1996 di Jeremiah S. Chechik, in cui l’attrice fu affiancata dalle grandi Sharon Stone e Kathy Bates.
Durante lo stesso periodo i media erano diventati sempre più pressanti nei suoi confronti: Isabelle Adjani era definita un vero e proprio mistero per la riservatezza che l’aveva sempre contraddistinta, odiava la mondanità e non era solita prendere parte ad eventi e feste pubbliche e, soprattutto dopo la tragica rottura con Daniel Day-Lewis, anche gli uomini della sua vita iniziarono ad essere un segreto, eccetto per il compositore Jean-Michel Jarre, con cui la frequentazione cessò nel 2004. Proprio per queste ragioni, nel 1996 Isabelle lasciò Parigi per andare a vivere in Svizzera, a Ginevra.
Degli anni successivi ricordiamo Adolphe (di Benoît Jacquot, 2002), in cui la Adjani recitò accanto a suo figlio Gabriel-Kane; Bon Voyage (di Jean-Paul Rappeneau, 2003); Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano (Monsieur Ibrahim et les fleurs du Coran, di François Dupeyron, 2003); La journée de la jupe (di Jean-Paul Lilienfeld, 2009), per il quale Isabelle Adjani vinse il suo ultimo premio César; Mammuth (di Gustave de Kervern e Benoît Delépine, 2010). Dopo una serie di comparse televisive, l’attrice è poi recentemente tornata sul grande schermo in Masquerade, film del 2022 diretto da Nicolas Bedos.
Non solo cinema: Isabelle Adjani e la musica
Alla domanda sul perché Isabelle Adjani abbia iniziato a recitare, l’attrice ha risposto:
“Mi chiedo se diventare attrice non sia stato un modo per integrarmi definitivamente fondendomi con i miei personaggi? Le mie origini erano invisibili, ma non quelle di alcuni miei compagni di classe, che come me vivevano in periferia ed erano già vittime di un certo ostracismo. Sono una delle poche attrici ad essere stata definita “la fidanzata del cinema francese”. Questa è una delle possibili ragioni. Ma non era quello il mio desiderio, il mio desiderio profondo, come per molte ragazze giovani interessate al teatro e alla letteratura, era diventare un’attrice.
Appena si è presentata l’occasione, non ho esitato, nonostante i pregiudizi dei miei genitori, che pensavano che non fosse una professione adatta: non bisognava attirare l’attenzione, non bisognava fare rumore… Io ho fatto il contrario, ho anche iniziato a cantare! Mi piace cantare quanto recitare, queste due espressioni artistiche mi permettono di essere ancora più libera, di sfuggire agli schemi, alle categorizzazioni”.
Così come la recitazione, anche il canto è una delle forme d’espressione in cui si è cimentata Isabelle, sin da giovanissima. Il suo esordio risale al 1974 grazie a Serge Gainsbourg, noto cantautore, compositore, attore e regista francese. Fu lui a lanciare la Adjani nel mondo della musica, facendole registrare per uno show televisivo la canzone Rocking Chair. Sempre sotto la direzione di Gainsbourg, Isabelle Adjani realizzò un intero album nel 1983, ottenendo il primo posto nella hit parade dei 45 giri con il singolo Pull Marine, ricordato soprattutto per il video-clip diretto da un giovane Luc Besson.
Successivamente l’attrice decise di registrare un singolo, questa volta senza l’aiuto di Gainsbourg, La princesse au petit pois, che però non riscosse grande successo. Da allora sembra che Isabelle Adjani abbia deciso di prendere le distanze dalla sua carriera musicale, nonostante negli ultimi anni siano state numerose le voci riguardo alla realizzazione di un nuovo album, questa volta in collaborazione con Pascal Obispo. Pare che i due abbiano deciso di registrare delle canzoni insieme già nel lontano 2004 e soltanto negli scorsi mesi sono state rilasciate alcune dichiarazioni che hanno lasciato intendere la possibilità di ascoltare l’attesissimo album entro la fine di quest’anno.
Guai per Isabelle Adjani: l’accusa di frode fiscale
Negli ultimi mesi l’attrice è tornata a far parlare di sé per cause abbastanza spiacevoli: Isabelle Adjani è stata accusata di frode fiscale aggravata e riciclaggio di denaro, in particolare per aver nascosto un’ingente donazione (di ben 2 milioni di euro) ed un domicilio fittizio in Portogallo. L’ultima sentenza è stata pronunciato proprio lo scorso 19 ottobre a Parigi, in occasione della quale la procura ha chiesto una pena detentiva di 18 mesi con sospensione della pena e una multa di 250.000€. Al momento i legali dell’attrice stanno impugnando i tre capi d’accusa per cui non sono ancora note le sorti della Adjani che, nel frattempo, ha smentito ogni cosa.
Tralasciando le controversie che negli anni hanno riguardato Isabelle Adjani, resta innegabile il suo straordinario talento attoriale. Negli anni l’attrice ha sempre compiuto delle scelte ben studiate rispetto ai ruoli da interpretare, optando sempre per le parti più significative e che le dessero modo di dar prova della sua incredibile versatilità, incarnando figure femminili indimenticabili, in lotta contro i pregiudizi ed i limiti imposti dalla società.