Dopo “Brickleberry” un’altra serie animata che vi lascerà a bocca aperta per la sua sfrontatezza
Da tempo immemore ho amato i cartoni animati. A partire dagli zuccherosi film Disney ai nuovi in computer grafica li ho amati tutti, anche quelli irriverenti alla “South Park” o meglio “Drawn Together” (se non lo conoscete vi consiglio vivamente di andarvi a cercare qualcosa su youtube ma aspettatevi davvero di tutto!). Negli ultimi anni c’è stata una crescita esponenziale nel produrre certi tipi di cartoni animati i quali sono diventati, con il passare del tempo, prodotti non solo più riservati unicamente ai bambini ma al contrario molti adulti come me ancora coltivano questa passione che si rispecchia anche in una perdita di quel senso di purezza che ammantava tutti i cartoni fino a qualche anno fa.
Ma ecco come Netflix presenta “Paradise P.D.”
“Sono poliziotti cattivi. Non cattivi nel senso che non vanno per il sottile. Non cattivi nel senso figo del termine. Cattivi nel senso che fanno cagare. Quelli di Paradise P.D. sono i peggiori.”
A capo del corpo di polizia troviamo il razzista e misogino Randall Crawford con alcuni problemi che deve gestire con cerotti al testosterone e, quando non ne ha a disposizione, perde improvvisamente i baffi e gli aumenta il seno ma non solo, deve anche affrontare l’odio che nutre verso il figlio diciottenne Kevin, nuova recluta del distretto tonto e imbranato e causa della perdita della virilità del padre. Gerald Fiztgerald è il poliziotto afroamericano con un forte stress post traumatico, invece la bellissima agente Gina Jabowsky è ossessionata dalle persone obese ma soprattutto dal collega diabetico Dusty, su cui spesso sfoga i suoi impeti violenti dovuti ad un proiettile conficcato nel cervello e il cane dell’antidroga Bossolo, il quale non si fa problemi a rubare la droga sequestrata dalla polizia per organizzare orge che comprendono non solo cani ma anche gatti e umani.
Che dire, se avete Netflix fate attenzione che il vostro bambino non vi sorprenda mentre guardate i cartoni animati, sarà dura spiegargli perché lui o lei non possa vederli dato che, alla fine, c’è pur sempre quel che sembra un tenero animaletto sullo schermo…