Si dice che il calabrone non potrebbe volare: la dimensione del suo corpo in rapporto con quella delle sue ali non gli permetterebbe di farlo. E allora come fa? Semplice. Il calabrone non sa di non poter volare. E quindi vola lo stesso.
E’ il paradosso dell’esistenza di questo insetto a guidare Il talento del calabrone, un film di Giacomo Cimini alla sua seconda regia per il cinema.
A livello di accoglienza di pubblico la pellicola ha decisamente risentito del più imprevedibile dei tempismi: la sua uscita nelle sale era programmata per il 5 marzo 2020, periodo in cui il Paese ha iniziato a entrare in lockdown a causa della pandemia di Covid- 19 ed i cinema hanno pian piano iniziato a chiudere; il film è stato distribuito, quindi, solo in streaming a novembre dello stesso anno sulla piattaforma Prime Video.
Il cast vanta due nomi di enorme calibro, Sergio Castellitto e Anna Foglietta, che con la loro interpretazione quasi oscurano il lavoro degli altri attori in gioco.
La storia è un thriller poliziesco e, a parte qualche piccola caduta nel cliché, riesce a tenere sveglia l’attenzione del pubblico e a non risultare mai del tutto prevedibile.
Il film è ambientato a Milano, e si apre con una splendida carrellata di vedute aeree del capoluogo Lombardo di notte, con la modernità dei grattacieli in contrasto con il profilo dei monumenti storici illuminati dai lampioni: per chi come me abita in questa città è stata una boccata d’aria poterla rivedere nella sua veste by night, dopo un anno di obbligatoria astinenza.
Peccato che tutto il resto della pellicola sia stato in realtà girato a Roma, comprese le scene all’aperto, con un intricato sistema di effetti speciali che niente ha da invidiare alle grandi produzioni cinematografiche straniere. Il set è stato integralmente ricostruito ad hoc e per i fondali, al posto dell’ormai canonico green screen, si è deciso di ripescare da uno dei trucchi classici del cinema vintage: sono infatti stati usati veri e propri schermi cinematografici su cui venivano proiettati gli sfondi. In realtà un assaggio di questa tecnica si ha nel finale del film, ma in generale è così ben riuscita che lo spettatore non se ne rende minimamente conto.
Cliccando qui potete trovare un video in cui si mostra com’è stato realizzato l’effetto, ma il mio suggerimento è di guardarla solo dopo aver visto il film.
La trama de Il talento del calabrone
Il luogo in cui si svolge l’azione è la sede di Radio 105, dove il dj Steph (interpretato da Lorenzo Richelmy) conduce un programma notturno che prevede il coinvolgimento degli ascoltatori sia sui social sia attraverso un concorso telefonico: in palio per il vincitore ci saranno due biglietti per la Milano Fashion Week. Dj Steph incarna il classico stereotipo del belloccio pieno di sé, e la redazione del suo show non fa che incoraggiarne questo lato egocentrico per il bene degli ascolti.
A un certo punto della serata prende la linea Carlo (Castellitto) e in breve la storia entra nel vivo: l’uomo annuncia di aver telefonato perché vuole suicidarsi. Le regole per questo genere di casi impongono a Steph di rimanere in linea con l’ascoltatore per cercare di dissuaderlo, ma dopo pochi passaggi di dialogo, all’apparenza sconnessi, il dj pensa che quello di Carlo sia un bluff e decide di provare a riagganciare.
Carlo è al telefono dalla sua auto e, per dimostrare di avere intenzioni serie, preme un pulsante sulla tastiera del computer al suo fianco: questo innesca un’esplosione all’ultimo piano di un grattacielo, che non causa vittime perché il palazzo è ancora in costruzione; sulla sua impalcatura, però, campeggia un enorme cartellone pubblicitario che sponsorizza proprio il programma di Steph.
E’ in questo momento che entra in gioco la polizia: il tenente colonnello Rosa Amedei (Anna Foglietta), che stava assistendo all’inaugurazione di una mostra d’arte, si precipita in studio per cercare di aiutare Steph a gestire il suicida e allo stesso tempo provare a localizzare quest’ultimo che,
Da questo momento Carlo ha il totale controllo della situazione, propone varie attività che richiedono il coinvolgimento del pubblico sui social perché vuole raggiungere più persone possibili, e chiede alla regia che vengano trasmessi dei precisi brani di musica classica: è durante questi momenti musicali che, attraverso dei flashback, cominciamo a conoscere la storia personale di quest’uomo e iniziamo ad intuire quale sia il suo possibile movente.
La storia prosegue con un buon ritmo e con qualche tentativo di depistare lo spettatore; Carlo
Il tenente colonnello Amedei alterna intuizioni preziose a momenti di sconforto, così come dj Steph alterna momenti di lucidità a improvvisi scatti d’ira (sottolineati dal passaggio dalla perfetta dizione impostata da dj al biascicamento che è ormai marchio di fabbrica di molte produzioni italiane, costringendo lo spettatore a un continuo bilanciamento del volume per poterne cogliere le battute; un peccato, considerando che l’interpretazione per il resto è davvero molto buona).
Si arriva quindi molto in fretta ad empatizzare con Carlo, e a chiedersi come mai abbia scelto proprio la trasmissione radio notturna di dj Steph per il suo gesto, mistero a cui si trova risposta proprio al culmine del finale. Il piano di Carlo è quello di un uomo disperato ma lucido, che non ha più niente da perdere ma che ha il chiaro obiettivo di risanare un torto senza mettere in piedi una vana vendetta, ma cercando di essere il più possibile d’esempio per tutti quelli che, in un ruolo o nell’altro, si ritrovano a vivere nella sua stessa situazione.