Tutti noi, da bambini, siamo stati almeno sfiorati da un desiderio: diventare grandi.
La vita da bambini o peggio ancora da adolescenti, prima o poi sta stretta a tutti; troppi no, tante proibizioni e la costante voglia di trasgredire e disobbedire.
E prima ancora di Mamma ho perso l’aereo (1990) che alla fine ha un pò sfatato il mito del “che bello vivere da soli a 10 anni” mostrandoci l’importanza del calore della propria famiglia, anche se numerosa e chiassosa, un’altra pellicola (o forse due) aveva già fatto parecchio riflettere sull’importanza di non bruciare le tappe.
Il 3 giugno 1988 infatti, la regista Penny Marshall portava nelle sale USA una delle commedia più famose di sempre con protagonista Tom Hanks, Big (clicca qui per acquistarlo).
L’attore è nei panni di Josh Baskin, un 12enne di New York che vuole diventare grande. Una macchinetta del Luna Park esaudisce il suo desiderio, con tutte le surreali conseguenze del caso.
La trama
Josh Baskin (David Raphael Moscow), è un adolescente alle prese con una cotta non dichiarata nei confronti di Cynthia Benson, compagna di scuola molto più grande di lui.
La sua vita si divide tra i compiti, il suo migliore amico Billy (Jared Rushton) e una sorellina a cui è costretto a fare da baby sitter.
Un giorno, durante una passeggiata al Luna Park, Josh viene umiliato proprio davanti a Cynthia e decide così di affidare il suo destino a una strana macchinetta presente nel parco giochi, con all’interno un mago (Zoltar) che esaudisce desideri.
È allora che il triste dodicenne chiede di non essere più un bambino e la mattina seguente, al suo risveglio, si accorge di essere diventato improvvisamente un uomo di trent’anni (Tom Hanks).
Scambiato per un criminale dalla sua famiglia, viene immediatamente cacciato di casa. Cominciano così una serie di divertenti avventure che vedranno un bambino nel corpo di un adulto misurarsi con la vita di tutti i giorni: prima la casa, poi il lavoro in un’azienda che produce giocattoli e infine l’amore.
Nonostante le paure e le incertezze tipiche della sua giovane età, Josh, aiutato dall’amico di sempre Billy, sembra riuscire a cavarsela, portando a termine gli impegni quotidiani. Tuttavia, quando il Luna Park in cui era stato in passato torna in città, come per magia ricompare anche la familiare macchinetta con il mago.
Incassi, primati e riconoscimenti
Big, decimo film interpretato da Tom Hanks si è rivelata una commedia dall’incasso mondiale di 36 milioni di dollari.
A rivederlo, si ha l’impressione che non invecchi mai, anche perché svegliarsi la mattina nel corpo della versione adulta di sé stessi è un prodigio che potrebbe accadere in ogni epoca e a qualsiasi persona e che in qualunque contesto sarebbe divertente.
Candidato a due Oscar (Miglior attore protagonista a Tom Hanks e Migliore sceneggiatura originale a Gary Ross e Anne Spielberg) Big detiene un primato non di poco conto.
È stato infatti il primo film diretto da una donna – Penny Marshall – a guadagnare, negli Stati Uniti, oltre 100 milioni di dollari.
Strano, se si considera che, quando la regista ebbe fra le mani il copione e lo sottopose a svariati produttori e attori, nessuno ne intuì il potenziale.
Solo nel momento in cui Robert De Niro disse di essere interessato al ruolo, improvvisamente Big divenne la commedia che a Hollywood tutti volevano fare.
Oggi sembra impossibile non collegarla a Tom Hanks, che per prepararsi al ruolo osservò attentamente la sua versione giovane David Moscow, a cui fu chiesto di recitare tutte le scene che avrebbe poi dovuto interpretare Tom.
Un’interpretazione magistrale quella di Tom Hanks che gli valse anche un Golden Globe come Miglior attore in un film commedia o musicale, e una Menzione Speciale al Festival di Venezia del 1988.
Tom Hanks e Josh
Hanks si immedesima in maniera totale nella parte, prendendo le esperienze necessarie dal suo bagaglio personale e trasferendo a Josh, la sua classica vena comica e umoristica; in questo modo riesce comunque ad arrivare al cuore di chi guarda, e buca letteralmente lo schermo.
Per riuscire a portare sullo schermo l’energia di un bambino di 12 anni, è come se si fosse ricordato cosa significa essere bambini, la loro continua voglia di giocare, la loro innocenza e la loro instancabilità.
La sua recitazione si contraddistingue per il particolare guizzo umoristico, la velocità, le pause nei tempi giusti e la destrezza fisica.
In alcune scene, quasi ci si dimentica che chi agisce è un adulto, anche se dai modi piuttosto infantili, ma la naturalezza nei gesti di Tom Hanks, rende tutto incredibilmente normale, anche rosicchiare una patatina fritta nel bel mezzo di una cena elegante.
Grande interpretazione anche di Elizabeth Perkins, che veste i panni di Susan Lawrence, donna di cui si innamora il Josh adulto. Una recitazione divertente, in cui l’attrice, forse un po’ rigida nel suo ruolo all’inizio del film, riesce abilmente a condividere lo schermo con l’energica co-star Tom Hanks, creando delle situazioni simpatiche e spiritose.
Le analogie con Da grande
Tutti, guardando Big, abbiamo naturalmente notato le numerose analogie con un altro film, tutto italiano, che si intitola Da grande e vede nei panni del bimbo divenuto adulto, Renato Pozzetto.
Le storie, è innegabile, sono praticamente identiche: in entrambi i film un bambino vuole disperatamente diventare grande e grazie a una magia riesce nel suo intento; divenuto adulto continua a vivere le sue giornate con la testa di un bambino e dopo varie peripezie, compreso un innamoramento, torna ad essere piccolo come all’inizio del film.
Le differenze tuttavia ci sono, anche se minime, dal momento che nel film italiano di Franco Amurri, il bambino ha 8 anni e diventa il quarantenne Renato Pozzetto mentre nel film hollywoodiano di Penny Marshall il bambino di anni ne ha 12 e diventa il trentenne Tom Hanks, inoltre Marco Marinelli (alias Renato Pozzetto) esprimeva il desiderio di diventare adulto mentre era nella sua cameretta, mentre il Josh Baskin di Tom chiedeva il miracolo al mago Zoltar in un luna park.
Tuttavia sia in Da Grande che in Big uno snodo importante della storia riguarda il rapporto che il “bambino adulto” ha con i suoi coetanei.
Pozzetto diventa un bravo babysitter perché ha un ottimo rapporto con i bimbi, mentre Hanks diventa un apprezzato tester di giocattoli perché capisce cosa piace ai ragazzini.
Queste somiglianze e l’anno di uscita dei film potrebbe a tutti gli effetti far pensare che Hollywood si sia ispirata a noi, ma la distribuzione nasconde quali siano in realtà le effettive date di un film.
Big era infatti nelle sale solo sei mesi dopo l’uscita di Da grande, il che rende tutto poco compatibile con i tempi di lavorazione standard.
Non è quindi esatto parlare di plagio da parte degli sceneggiatori statunitensi, e c’è comunque da considerare anche il fatto che l’idea di un bambino che si trasforma in un adulto, non era nuova a Hollywood.
Nel film a episodi del 1953 I tre amori, diretto da Gottfried Reinhardt e Vincente Minnelli, c’era un episodio intitolato Mademoiselle nel quale un ragazzino annoiato di 11 anni diventava grande dopo aver avvolto intorno al dito indice un nastrino rosso e aver recitando il proprio nome alle 8 della sera.
Nel ’76 uscì invece Tutto accadde un venerdì, dove Barbara Harris e Jodie Foster (che impersonavano una mamma e una figlia) si ritrovavano l’una nel corpo dell’altra.
Il senso della storia e il famoso pianoforte
Nel film della Marshall, l’evento principale che tiene incollati allo schermo, è prima di tutto lo shock dato dalla trasformazione fisica e successivamente il contrasto tra il mondo dei bambini e quello degli adulti, quindi tra l’anima fanciullesca in un corpo che non la rispecchia.
La storia in sé, badate bene, potrebbe anche apparire a tratti banale infatti, ma la maniera in cui ci viene presentata, non lo è affatto.
Ognuno di noi ha desiderato almeno una volta di diventare grande, ma a nessuno è mai accaduto veramente, perciò non credo affatto sia stato facile immaginare situazioni e costruire dialoghi che catturassero l’attenzione dello spettatore a tal punto, da dimenticare che stia parlando di una storia surreale.
Perché è questo che si prova guardando Big; tutto appare naturale e potenzialmente vero, proprio come una delle scene indimenticabili del film, quella del pianoforte gigante, in cui Josh Baskin adulto, se ne sta nel celebre negozio di giocattoli di New York F.A.O. Schwarz.
Josh mostra i risultati di tre anni di lezioni di pianoforte a Mr. MacMillan (Robert Loggia), che sale anche lui su The Walking Piano (questo il nome inglese dello strumento) e suona il brano Harth and Soul.
Dovete sapere che il gioco esisteva da prima del film, solo che era lungo circa due metri e aveva soltanto un’ottava; era quindi troppo piccolo per ospitare due attori e per suonare le note della canzone scelta dalla Marshall.
Così la regista contattò l’inventore del pianoforte, che era un signore italiano di nome Remo Saraceni, e lo incaricò di realizzarne uno più grande.
Il risultato fu un piano lungo quasi 5 metri, bello largo e con tre ottave. La nuova versione (o meglio una copia di essa) è rimasta a lungo nel negozio ed è diventata una vera e propria attrazione, fin quando nel 2015, F.A.O. Schwarz ha chiuso i battenti.
Big possiede una morale significativa, quella di far capire agli spettatori che il diventare adulti fa perdere inevitabilmente qualcosa di magico, e che la purezza mentale dei bambini può aiutare a capire le contraddizioni del moderno mondo aziendale, ma non solo.
Guadando la storia attraverso gli occhi di Josh adulto, soprattutto nella scena in cui da lontano osserva i suoi “ex coetanei”, traspare tutta la nostalgia per quel mondo leggero e spensierato, che appartiene agli adolescenti, e che nessuno ha il diritto di strappare o vietare a chiunque.
Big, quindi, non è solo una semplice commedia, ma è portatore di un messaggi importanti e profondi, che arricchiscono senza dubbio l’animo degli spettatori.