Il Signore degli Anelli – Il Ritorno del Re (The Lord of the Rings: The Return of the King)
Regia: Peter Jackson; soggetto: dalla terza parte del romanzo omonimo (1954-1955) di J.R.R. Tolkien; sceneggiatura: Fran Walsh, Philippa Boyens, Peter Jackson; fotografia (DeLuxe Color): Andrew Lesnie; scenografia: Grant Major, Dan Hennah, Alan Lee; costumi: Ngila Dickson e Richard Taylor; colonna sonora: Howard Shore; canzone: Into the West di Howard Shore, Fran Walsh e Annie Lennox; montaggio: Jamie Selkirk (e Anne Collins); trucco: Richard Taylor e Peter King; effetti speciali: Weta Digital (Jim Rygiel, Joe Letteri, Randall William Cook e Alex Funke); interpreti: Elijah Wood (Frodo Baggins), Sean Astin (Samvise Gamgee), Ian McKellen (Gandalf il Bianco), Bolly Boyd (Pipino Cook), Dominic Monaghan (Merry Brandibuck), Viggo Mortensen (Aragorn, Il Re), John Rhys-Davies (Gimli), Orlando Bloom (Legolas), Liv Tyler (Arwen), Cate Blanchett (Lady Galadriel), Hugo Weaving (Elrond), Brad Dourif (Grima “Vermilinguo”), Bernard Hill (Re Theoden), Ian Holm (Bilbo Baggins), Christopher Lee (Saruman), John Noble (Denethor), Miranda Otto (Eowyn, nipote di re Theoden), Andy Serkis (Smeagol, “Gollum”), Karl Urban (Eomer, fratello di Eowyn), Craig Parker (Haldir), David Wenham (Faramir), Sean Bean (Boromir), Harry Sinclair (Isildur); produzione: New Line Cinema/The Saul Zaentz Company/ Wingnut Films; origine: USA/Nuova Zelanda – 2001 al 2003; durata: 200′ (versione cinematografica), 252′ (versione estesa), 263′ (versione Bluray Disc).
Trama
La storia riprende dopo la fine della seconda parte: Gandalf (McKellen), Théoden, Aragorn (Mortensen), Gimli (Rhys Davies), Legolas (Bloom) ed Éomer si recano a Isengard, trovandola distrutta dagli Ent e incontrano Merry e Pipino, i quali narrano loro il trionfo di Barbalbero e degli Ent su Saruman, che, ormai a corto di poteri, è rinchiuso nella torre di Orthanc. Subito dopo Pipino trova il Palantír sotto l’acqua (la sfera di cristallo nero con cui Saruman comunicava con Sauron) che ricopre Isengard e lo prende, ma Gandalf glielo toglie di mano mettendolo in guardia sulla sua pericolosità. I guerrieri tornano poi tutti insieme a Edoras per festeggiare la vittoria su Isengard. Ma la curiosità di Pipino non ha limiti e, mentre tutti dormono, cerca di dare un’occhiata nel Palantír, attirando così su di sé il vigile occhio di Sauron. Fermato in extremis riferisce a Gandalf quanto ha visto nella sfera, ossia un terribile esercito in marcia verso Gondor. Così da Rohan, Gandalf e Pipino partono per Minas Tirith, dove il mago cerca di convincere il sovrintendente Denethor a prepararsi per l’attacco imminente. Questi tuttavia, sconvolto dalla morte del figlio Boromir, si rinchiude, ritirandosi cupo nelle proprie stanze. Nel frattempo gli hobbit Frodo (Wood) e Sam (Astin), accompagnati da Gollum, continuano il loro pericoloso viaggio e arrivano davanti alle porte di Minas Morgul, dalle quali vedono uscire un grande esercito comandato dal Re stregone di Angmar. Gollum suggerisce allora una strada alternativa, anche se ripida, per il Monte Fato. Mentre salgono le ripide scale di roccia, Gollum inganna Frodo, la cui mente è sconvolta e debilitata dall’Anello, insinuando che Sam voglia impadronirsi del potente oggetto; il portatore dell’Anello ordina quindi a Sam di tornare a casa. Porterà da solo a termine la missione.
A Edoras, nel frattempo, Aragorn è riuscito a convincere re Théoden ad accorrere in aiuto di Gondor. Parte da Rohan uno squadrone di 6000 cavalieri Rohirrim in soccorso di Minas Tirith, troppo pochi per sperare in una vittoria. Per poter rinfoltire i ranghi dell’esiguo esercito Aragorn, accompagnato da Gimli e da Legolas, si allontana dall’accampamento, attraversando i Sentieri dei Morti. Il luogo è infestato da un antico popolo che avrebbe dovuto aiutare Isildur nella prima Grande Guerra e che, non avendo mantenuto la promessa, è condannato a vagare sulla terra per espiare il suo tradimento. Aragorn, rivelandosi come erede di Isildur grazie alla sua spada, propone loro un accordo: se lo aiuteranno la promessa sarà rispettata e la maledizione cancellata. Il seconod figlio del sovrintendente, Faramir, posto a difesa della fortezza di Osgiliath, subisce un violento attacco da parte degli Orchi comandati da Gothmog, supportati dai Nazgûl, che lo costringono a ritirarsi assieme ai suoi uomini. Tornato a Minas Tirith, è incolpato da suo padre Denethor della sconfitta e obbligato a una sortita suicida in campo aperto per riscattarsi. Riesce a salvarsi, ma è gravemente ferito e Denethor, ormai impazzito di dolore, quando vede l’esercito di Sauron in arrivo decide di ardere vivo insieme col figlio che, nella sua follia , crede morto. Frodo, nel frattempo entra a Cirith Ungol dove, tradito da Gollum, è assalito e colpito da Shelob, un enorme ragno antropofago. Rientra però in azione Sam che, accortosi del tradimento di Gollum, torna indietro ad aiutare l’amico, sconfigge Shelob ma è costretto a prendere l’Anello e la spada Pungolo da Frodo, apparentemente morto, ma in realtà solo immobilizzato dal veleno di Shelob. La difesa di Minas Tirith è organizzata da Gandalf, ma la superiorità numerica degli Orchi è schiacciante. Il cancello della città viene abbattuto dall’immenso ariete Grond, consentendo agli invasori di dilagare all’interno. Gandalf, avvertito da Pipino, raggiunge Faramir sulla sommità della cittadella, nel luogo dove riposano i re di Gondor. Lo stregone riesce a salvare Faramir ma, a seguito di una colluttazione che ne nasce, Denethor si getta in preda alle fiamme dalla rupe che sovrasta la città. Intanto gli Orchi avanzano all’interno di Minas Tirith, ma all’alba giungono sul campo i cavalieri di Rohan che, con una carica travolgente, sbaragliano le fila del nemico. A questo punto, però, scendono in campo gli Olifanti, che creano disordine e scompiglio tra i difensori. L’arrivo di Aragorn, fiancheggiato da Legolas, da Gimli e dall’esercito dei Morti, conclude la battaglia a favore di Gondor e Rohan. Théoden resta però gravemente ferito nello scontro con il Re stregone che Éowyn, poco prima della morte dello zio, riesce a uccidere grazie all’aiuto di Merry. Vinta la battaglia, la guerra non è ancora finita e i comandanti si riuniscono per decidere la strategia. Sauron può contare ancora su decine di migliaia di Orchi ma Aragorn e Gandalf, intanto, convincono gli altri a marciare verso il Nero Cancello, in modo da attirare su di loro l’attenzione di Sauron, distraendolo così dal cammino di Frodo, affinchè quest’ultimo possa giungere all’interno del Monte Fato per distruggere finalmente l’Anello. Aragorn, dunque, a capo dell’esercito di Gondor e di Rohan, si presenta ai cancelli di Mordor per sfidare Sauron. All’apertura del Nero Cancello l’esercito degli Orchi si getta all’attacco intonando la poesia dell’Anello nella Lingua di Mordor.
Frodo, intanto, catturato dagli Orchi, si risveglia e viene salvato da Sam, recupera l’Anello e riprende il viaggio insieme al fedele amico. Arrivati alle pendici del Monte Fato, i due hobbit si scontrano nuovamente con Gollum, e, mentre Sam combatte, Frodo entra nella Voragine del Monte Fato per gettare l’Anello. Arrivato al momento cruciale, cede però alla sua corruzione e lo indossa, rivelando così la sua posizione a Sauron che spedisce immediatamente i Nazgûl contro di lui. Prima di loro arriva però Gollum che, con un morso, strappa il dito con l’Anello a Frodo e nella lotta precipita nella lava trascinando con sé l’Anello che così è finalmente distrutto: grazie a questo avvenimento Barad-dûr crolla mentre lo spirito di Sauron viene spazzato via, sconfitto una volta per tutte. Frodo e Sam, usciti dal vulcano in esplosione, sono salvati dalle Aquile, arrivate in loro soccorso grazie a Gandalf e raggiungono Minas Tirith, dove si celebrano l’incoronazione di Aragorn come re di Gondor e il suo matrimonio con Arwen, figlia di Elrond. Gli hobbit tornano nella Contea e, pochi anni dopo, Frodo, quale Portatore dell’Anello, decide di partire insieme a Bilbo a Gandalf e agli ultimi Elfi rimasti (tra cui Elrond, Celeborn e Galadriel) verso le terre al di là del mare, chiudendo così la Terza Era della Terra di Mezzo.
L’impresa titanica di Peter Jackson
L’idea di portare sullo schermo la trilogia letteraria di J.R.R. Tolkien, dopo l’esperimento del film d’animazione del 1978 (che in realtà raccontava solo una parte delle vicende) ha sempre intrigato il giovane Peter Jackson che, intorno al 1995, convince la Miramax a investire nel progetto. L’ iniziale piano di lavorazione prevede di realizzare due film, ma quando i costi di produzione e i tempi di lavorazione lievitano a dismisura la situazione sembra disperata. Interviene allora la New Line Cinema, che si offre di rilevare i diritti del film. I Weinstein colgono la palla al balzo e firmano, a patto di figurare ancora come produttori esecutivi di quella che è divenuta una trilogia, rispettando in questo modo la scansione della storia prevista da Tolkien stesso nel romanzo.
La Compagnia dell’Anello, Le due Torri e Il Ritorno del Re comporranno una monumentale trilogia cinematografica, girata in Nuova Zelanda. Il lavoro sulla sceneggiatura da solo richiede tre anni, sette anni in totale sono dedicati da Jackson alla sua creatura, con mesi e mesi di post-produzione e montaggio. La pressione è tale che, per ogni film, il regista si avvale di montatori diversi. Il dispendio diviso fra i tre capitoli è di 280 milioni di dollari ma già dall’uscita de La Compagnia dell’Anello le spese vengono ripagate, con un incasso globale di 871 milioni di dollari. Dopo i 926 milioni incassati da Le due Torri nel 2002, Il Signore degli Anelli – Il Ritorno del Re è il secondo film della storia del Cinema a superare il miliardo di dollari al botteghino. Con 6 oscar già vinti per i primi due lungometraggi, stavolta il terzo capitolo della trilogia parte favorito nella notte delle stelle del 29 febbraio 2004, con undici candidature .
Il racconto del redattore
Il Signore degli Anelli – Il Ritorno del Re vince in tutte le categorie nelle quali ha ottenuto la nomination: Ben Hur vinse lo stesso numero di Oscar su dodici nomination e Titanic conquistò undici statuette su quattordici segnalazioni. La pellicola è il primo film fantasy a laurearsi miglior film dell’anno: gli altri riconoscimenti vanno alla regia, alla sceneggiatura non originale (opera di Jackson con Fran Walsh e Philippa Boyens), alla scenografia, ai costumi, al trucco, al montaggio, al suono, agli effetti speciali, alla colonna sonora di Howard Shore e alla canzone (filmato in alto), l’evocativa Into the West scritta da Philippa Boyens, Howard Shore e Annie Lennox, che la esegue sul palco del Kodak Theatre.
Restano al palo Mystic River, opera tra le più mature e terribili del grande Clint Eastwood, che sfrutta l’assenza degli attori del blockbuster di Jackson e vede premiati il miglior attore protagonista Sean Penn e la prova sotto le righe di Tim Robbins, migliore attore non protagonista. L’Oscar alla sceneggiatura consacra la figlia d’arte Sofia Coppola, con lo splendido e trasognato Lost in Translation. Altro film epico e spettacolare Master & Commander – Sfida ai confini del mare dell’australiano Peter Weir conquista i premi per la fotografia e il montaggio sonoro. A sorpresa nella cinquina dei finalisti finisce Seabiscuit: Il film sul leggendario cavallo con Tobey Maguire protagonista ha sette nomination che sfumano. Migliore di poco è la sorte di Ritorno a Cold Mountain di Anthony Minghella, alla ricerca del colpaccio dopo Il paziente inglese; ride solo la migliore attrice non protagonista dell’anno Renée Kathleen Zellweger. La Disney torna a vincere l’Oscar per il film d’animazione con il divertente e incoraggiante Alla ricerca di Nemo. La statuetta alla carriera dell’anno arride al regista Blake Edwards, talentuoso direttore d’orchestra di scatenate commedie ed eccelsi musical come Victor Victoria, interpretato da sua moglie Julie Andrews.