Il mio posto è qui; Regia: Cristiano Bortone e Daniela Porto; Sceneggiatura: Cristiano Bortone e Daniela Porto; Fotografia: Emilio Maria Costa; Montaggio: Claudio Di Mauro; Scenografia: Alessandra Mura; Costumi: Cristiana Ricceri; Cast: Marco Leonardo, Ludovica Martino; Produzione: Orisa Produzioni, con il sostegno della Fondazione Calabria Film Commission, Apulia Film Commission e della Regione Lazio, Fondo Lazio Cinema International; Distribuzione: Adler Entertainment; Durata: 110 minuti.
Ad aggiudicarsi due premi al Bari International Film Festival 2024 è stato Il mio posto è qui di Cristiano Bortone e Daniela Porto; quest’ultima anche autrice del romanzo omonimo da cui è tratto il film, una storia di emancipazione femminile e di amicizia ambientata nella Calabria del dopoguerra.
In tutti i cinema dal 9 maggio 2024.
Cristiano Bortone è un regista e sceneggiatore italiano noto per la sua versatilità e la sua capacità di trasmettere storie coinvolgenti attraverso il cinema. Ha diretto diversi film che hanno ricevuto riconoscimenti internazionali, esplorando una vasta gamma di generi e tematiche.
Daniela Porto, invece, è un’autrice con una profonda comprensione della psicologia umana e delle dinamiche relazionali, qualità che le ha permesso di acquisire una prospettiva unica sulla complessità dell’essere umano e sulle sfide che affrontiamo nel nostro percorso di crescita personale.
La collaborazione tra Cristiano Bortone e Daniela Porto ha portato ad un’opera che combina la potenza narrativa del cinema con una profonda riflessione sui temi dell’identità, dell’appartenenza e della ricerca di sé stessi. Attraverso la loro partnership, sono stati in grado di offrire al pubblico una prospettiva unica e stimolante su queste tematiche universali.
Nel 2021, Ludovica Martino ha già conquistato il prestigioso Nastro d’Argento con la serie Skam Italia e un Ciak d’Oro come protagonista dell’anno in una serie televisiva. In quest’ultimo film sembra essere ormai confermato il suo talento innato e la sua promettente carriera di giovane attrice.
Il mio posto è qui, la sinossi
All’indomani della fine della Seconda Guerra mondiale, in un piccolo paese calabrese, l’incontro tra Marta, ragazza madre promessa in sposa ad un uomo che non ama, e Lorenzo, l’omosessuale locale conosciuto come “l’organizzatore dei matrimoni”, fa nascere una profonda amicizia che la porta a sfidare i pregiudizi della comunità che li circonda e a lottare per trovare il proprio posto nel mondo come donna.
In un’opprimente provincia del sud nel periodo postbellico, le cui influenze si riverberano ancora nel presente, si svolge la storia di formazione. Marta è stata emarginata dalla società a causa della sua maternità precoce, trovandosi così condannata a una vita di limitazioni. La sua unica via di fuga sembra essere un matrimonio combinato con un vedovo padre-padrone, desideroso di una compagna che si occupi dei suoi figli e della casa.
Tuttavia, l’incontro con Lorenzo, deriso dal paese a causa della sua omosessualità, cambierà radicalmente la prospettiva di vita di Marta; decide di intraprendere lo studio per battere a macchina, nella speranza di ottenere presto un lavoro autonomo.
Il contesto storico in cui si svolge la storia è un’Italia in rapida evoluzione, con le prime elezioni dopo il periodo fascista in arrivo e l’importante ampliamento del diritto di voto anche alle donne. Questo scenario di cambiamento sociale offre uno sfondo dinamico e coinvolgente per le vicende personali dei protagonisti, evidenziando la lotta per l’emancipazione e la ricerca di una propria identità in un contesto tradizionale e rigido.
La recensione
Il mio posto è qui ricorda, da un lato, C’è ancora domani, per queste ultime tematiche legate all’emancipazione e all’indipendenza della donna, e un patriarcato sempre più soffocante; dall’altro lato mi ha fatto pensare a Stranizza d’amuri, per i paesaggi rurali e di campagna che sembrano davvero respirare, per questa meridionalità scandita dal dialetto, dai costumi e dalle espressioni, e ovviamente dal modo in cui si mostra come era vissuta e percepita l’omosessualità a quei tempi.
Parlando di meridionalità, Ludovica Martino, da romana, è stata molto convincente nei panni di giovane calabrese, così come l’intero sottofondo creato in modo impeccabile dalla scenografia e dai costumi. L’attrice pare essere ormai una promessa del cinema italiano.
La tematiche trattate, a parer mio, non sono mai ridondanti in questo periodo storico così affetto da femminicidio, violenza fisica, verbale e sessuale, e se avessimo già superato tale mentalità antiquata e ingiusta, i personaggi secondari del film non apparirebbero così malvagi. Il contesto in cui si sviluppa la storia rappresenta il patriarcato nella sua forma più estrema e forse un po’ teatrale, evidenziando l’ottusità e l’ignoranza che si trasformano in comportamenti odiosi e intollerabili. “Il sudore del capofamiglia è acqua santa” mentre la donna se chiede di lavorare o di votare deve essere messa al proprio posto.
Un po’ cliché? Se sì, non dà alcun fastidio.
Il legame che si viene a creare tra Marta e Lorenzo, oltre ad essere il filo conduttore del film, è estremamente piacevole e reale; invoglia lo spettatore a immedesimarsi nel sentimento di amicizia e nella forza che l’unione giusta riesce a trasmettere.
Ho trovato molto interessante vedere raccontata la vita nascosta degli omosessuali: in una delle scene più suggestive del film, Marta si trova ad osservare questi giovani, che ascoltano canzoni e ballano teneramente abbracciati. La sequenza è permeata da una luce morbida e avvolgente, che sembra suggerire un’atmosfera priva di giudizio, offrendo così la possibilità di essere felici, anche se in segreto.
L’evidente camera a mano carica il racconto di emotività e realtà, catapultandoci all’interno della psicologia dei personaggi e cogliendo ogni piccola sfumatura dell’ambiente.
Le musiche presenti nel film sono strazianti e leggere allo stesso tempo, un connubio meraviglioso che va a ritmo con le immagini e con gli stati d’animo dei personaggi. “Un’ora sola ti vorrei“, speciale.
Non ci strugge il cuore né ci emoziona a tal punto, Il mio posto è qui, però, arriva dritto dove vuole arrivare senza mezzi termini, lodando la libertà e l’appartenenza ad un posto nel mondo. Marta non si innamora di qualcuno, se non negli anni passati del padre di suo figlio, ma si innamora del lavoro inteso come indipendenza e identità.