“Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore. Non è il mio mestiere. Non voglio governare né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti se è possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi, esseri umani, dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti: la natura è ricca, è sufficiente per tutti noi; la vita può essere felice e magnifica. Ma noi lo abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotti a passo d’oca a far le cose più abiette. Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi; la macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà; la scienza ci ha trasformato in cinici; l’abilità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità. Più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità, la vita è violenza, e tutto è perduto”.
Il Grande Dittatore, un film girato proprio all’inizio della Seconda Guerra Mondiale; primo ciack il 9 settembre 1939, una settimana dopo lo scoppio della guerra, in un momento nel quale Hitler faceva paura a tutti e nessuno avrebbe voluto inimicarselo. Chaplin investì due milioni di dollari suoi, cosciente che il suo film, probabilmente, non sarebbe stato distribuito né in Europa, né in Sud America, cosa che in effetti accadde, e lo distribuì autonomamente, fuori da ogni circuito commerciale, dato che il progetto venne osteggiato anche dalle major statunitensi.
In Italia si vide per la prima volta nel 1960, con pesanti tagli, soprattutto nelle scene nelle quali veniva ridicolizzato Bonito Napoloni, caricatura di Mussolini, che fu addirittura ribattezzato “Benzino”, per evitare di urtare la suscettibilità, di chi? ci si chiede, visto che la Repubblica Italiana dovrebbe avere come pietra angolare l’antifascismo?
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Il Grande Dittatore è anche di uno dei pochissimi film di Chaplin nei quali l’improvvisazione ha un posto marginale tant’è vero che furono soltanto due le scene improvvisate: la rasatura del piccolo barbiere ebreo sul motivo della quinta danza ungherese di Brahms e la celeberrima scena del mappamondo.
Si sa che Chaplin e Hitler nacquero a quattro giorni di distanza, nell’aprile 1889, e che Chaplin ha sempre sostenuto che Hitler gli aveva “rubato i baffetti”. Proprio per via di quei baffetti, in Germania avevano proibito la visione di Tempi moderni quattro anni prima e Chaplin veniva preso in giro per la sua somiglianza col dittatore nazista, che riuscì a sfruttare a suo favore.
Chaplin depositò il titolo il 12 novembre 1938, ossia tre giorni dopo la Kristallnacht, segno che aveva le idee chiare su cosa stava succedendo in Europa, anche se non sarebbe mai riuscito ad immaginare l’orrore che ne seguì; infatti in seguito dichiarò che se avesse saputo cosa sarebbe successo nei campi di sterminio avrebbe rinunciato al film. Col senno di poi, siamo contenti che non lo abbia fatto.
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