(Se Argo si chiude con le parole di Carter, l’articolo non può che iniziare con la fine di Carter…).
La volontà di Jimmy Carter, a cent’anni compiuti, era la naturale conclusione di una parabola politica. Malato terminale, infatti, l’ex presidente statunitense aveva confessato alla stampa il suo ultimo desiderio da cittadino: riuscire a votare per Kamala Harris alle elezioni del 2024, con la speranza di contribuire alla vittoria della democratica sul rivale repubblicano Donald Trump.
Le cose, com’è noto, all’Election Day del 5 novembre andarono diversamente, con il trionfo del tycoon più controverso d’oltreoceano, tuttavia il personale sfizio con il destino Jimmy se lo tolse ugualmente, grazie a un voto anticipato per posta datato 15 ottobre. Il punto di non ritorno, inesorabile, sarebbe poi giunto il 29 dicembre.
Ma riavvolgiamo il nastro della storia ai primi di novembre, questa volta però del 1979.
L’Iran è in fermento. Una massa inferocita è riunita nei pressi dell’ambasciata USA a Teheran. La Rivoluzione che ha portato al potere l’ayatollah Khomeini è scattata l’anno precedente. Il deposto e dittatoriale scià Reza Pahlavi ha trovato asilo politico negli Stati Uniti, il Grande Satana che ha organizzato il colpo di stato del 1953. Un altro malato terminale, il quale calerà il sipario dell’esistenza il luglio seguente, ospite dell’Egitto di Sadat.
L’assalto è partito, il calendario è al 4 del mese. 52 diplomatici americani sono presi in ostaggio. Centinaia di studenti da guerriglia hanno fatto irruzione nell’edificio. Le immagini delle bende agli occhi dei funzionari fanno il giro del mondo. La crisi si risolverà 444 giorni dopo, il 20 gennaio 1981. Da lì a qualche ora Ronald Reagan avrebbe giurato sulla Bibbia.
Quei 6 di Argo: l’operazione Canadian Caper
Una vittoria netta quella del candidato repubblicano. Lo stallo di oltre un anno, tra le altre cose, ha minato la fiducia degli statunitensi in Carter. Ma ecco, anche qui uno sfizio, quasi beffardo, di sicuro postumo. D’altronde la missione CIA denominata Canadian Caper sarebbe stata declassificata soltanto con Bill Clinton nel 1997. Un sereno rammarico, la divulgazione dell’operazione avrebbe dato manforte alla campagna elettorale di Jimmy. Ma tant’è, se si chiamano servizi segreti ci sarà pur un motivo.
6 diplomatici sono fuggiti in tempo da un’uscita secondaria. Non li hanno catturati. Ken Taylor li ospita nella residenza privata. È l’ambasciatore canadese a Teheran. La botola è sempre pronta in caso di ispezione della polizia iraniana.
L’idea mi venne al telefono con mio figlio Ian. Gli avevo chiesto dei compiti. Sapevo che guardava la TV a quell’ora. Su Canale 5 davano Battaglia per il pianeta delle scimmie, altresì conosciuto nei sottotitoli di Netflix come Anno 2670 – Ultimo atto. Dicono sia il peggiore della pentalogia tra il 1967 e 1973. Lapalissiano che l’Ultimo atto sia il film del ’73.
Camminavo con Cesare e MacDonald già da parecchio in quel deserto, e mi domandavo cosa me ne facessi dell’intelligenza e della sapienza dal momento che avevo una discreta arsura. Non lo dissi certo a schermo, la situazione era tesa e armati di contatori Geiger procedevamo imperterriti verso la Città Proibita, alla ricerca delle registrazioni di Cornelius e Zita riguardo al futuro.
Eravamo a circa un terzo della pellicola, ma da buon Virgilio avevo letto il copione e sapevo che quell’invasato dell’ispettore Kolp ci avrebbe attaccati da lì a qualche scena. Ah, maledetta guerra atomica, e maledetti pure i gorilla.
L’Iran è la location è perfetta per la fantascienza, pensaci, caro lettore o cara lettrice di iCIAplay.com. Possiamo esfiltrare i 6 malcapitati mettendo su un baraccone di Hollywood alla Pianeta delle scimmie o Star Wars o Star Trek, con quelle scene di pianeti inospitali che strizzano l’occhio al western.
Abbiamo pure la complicità del truccatore John Goodman Chambers, ma sì, il tizio che ha vinto un Oscar onorario nel 1968 per il make-up di scimpanzè e oranghi nel film diretto da Franklin J. Schaffner. E, quasi dimenticavo, hai presente le orecchie a punta di quell’animaletto pericoloso e vulcaniano di Spock? Bene, le ha fatte lui. Tanto è uno dei nostri, ha già collaborato con la CIA per mimetizzazioni e travestimenti.
La logica, Capitano, imporrebbe di contattare financo un produttore cinematografico. Lei ha ragione, Mr. Spack, occorrerebbe giusto uno alla Lester Siegel, più facile da inventare che da reperire. Ci penso io, dal test della Kobayashi Maru in poi sono Maestro in situazioni del genere.
Scotty, energia.
Insomma, grazie alla cooperazione tra il governo americano e quello canadese (che si prese tutto il merito inizialmente) Ben Affleck, insignito della Intelligence Star per l’eroica beffa, riuscì a salvare la vita a 6 persone, le quali elusero i controlli all’aeroporto della capitale persiana nella mattinata del 27 gennaio 1980.
Nel 1999, poi, racconterà tutta la vicenda nel memoriale Master of Disguise: My Secret Life in CIA, opera a cui nel 2012 Tony Mendez s’ispirerà per realizzare Argo, del quale è sia regista che attore protagonista. La pellicola l’anno seguente si aggiudicherà 3 Academy Award su 7 candidature complessive, con le statuette ottenute per il miglior film, la miglior sceneggiatura non originale e il miglior montaggio.
(#argovaffanculo è tratto dal romanzo di #fantascienza #signoredellaluce del sei volte #premiohugo #rogerzelazny…).