Cos’è successo al cinema italiano? Le sale dei cinema sono sempre più vuote, gli incassi al botteghino scendono vertiginosamente di anno in anno. Sembra proprio che il grande schermo interessi sempre meno. Di chi è la colpa?
I dati diffusi da ANICA per il 2017 mostrano un crollo delle presenze al cinema: -46,35% per presenze, -44,21 per incassi, 89 milioni in meno rispetto all’anno precedente.
Colpa della pirateria informatica? Colpa delle serie TV? Colpa di Netflix?
No, perché i numeri riguardano il solo cinema italiano. Il cinema nordamericano, per esempio, incrementa spettatori e incassi di un 5% che, a dirla così sembra poco, ma significa che ha più che mantenuto una qualità costante.
Possiamo mettere in conto che i biglietti non costano poco: 7-8 euro in media. Non pensiamo al cinefilo che va a vedere un ciclo di Godard con i Cahiers du Cinéma sotto braccio; pensiamo alla classica famigliola formata da padre, madre e due figli, che erano quelle che riempivano i cinema il fine settimana. Per loro, considerando anche il biglietto ridotto per i bambini, andare al cinema tutte le domeniche vuol dire più di cento euro al mese. Se proprio li vuoi spendere vai a vedere un film della Marvel, che è divertente, ha effetti speciali sbalorditivi e, in fondo, non è neanche girato male. Vero è che il mercoledì il cinema costa meno, ma mercoledì c’è da portare i bambini a fare sport e il giorno dopo si lavora. No, grazie, il film lo scarico, lo vedo sul computer, magari mentre mangio, e risparmio 25 euro. Posso interrompere quando voglio e riprendere a mio piacimento. Questo “stato delle cose“, giusto per citare Wim Wenders, ha portato anche lo spettatore a non riuscire più a seguire un film senza interruzioni, senza mandare un sms, senza parlare col vicino.
Ormai al cinema è diventa
Inoltre, la facilità con cui possiamo scaricare e quindi vedere una grande quantità di film, impedisce la rielaborazione
Se un tempo i film potevano essere motivo di riflessione o stimolo, potevano addirittura disturbare e smuovere i luoghi più remoti della nostra psiche, oggi, con un surplus di immagini e informazioni, tutto ciò non è più possibile.
Anche per questo, i film di un certo spessore, sociale e intellettuale, non sono più proponibili a un pubblico simile. Quelle che sono venute a mancare sono le regole implicite che si venivano a creare nel gruppo sociologico di coloro che volevano godersi un film.
Però, nonostante tutto, i film di Hollywood tengono e, anzi, incrementano il loro fatturato. Questo significa che la gente ha voglia di andare al cinema. Quindi bisogna tornare al malessere del cinema nostrano
Si potrebbe obiettare che Hollywood sforna una quantità impressionante di film. Vero, però i film italiani distribuiti nelle sale nel 2017 sono stati 538, quasi un film e mezzo al giorno. La colpa, alla fine, se l’è presa Checco Zalone che, l’anno scorso, non ha fatto film e che, da solo, nel 2016 aveva incassato più di 65 milioni, quasi il totale dell’ammanco.
In Italia, infatti, i film che vengono proposti più spesso sono le commedie. Che ha una sua logica, visto che uno dei generi più noti e più riusciti del nostro cinema è proprio la “Commedia all’italiana“. La differenza sta nel fatto che prima venivano girate da Monicelli e da De Sica, oggi dai Vanzina e da Zalone. Per quanto questi ultimi siano apprezzati, credo che nessuno abbia il coraggio di affermare che Quo Vado abbia lo stesso spessore e sia divertente come L’armata Brancaleone, Amici miei o Pane, amore e fantasia. Oppure che un Antonio Albanese valga un Vittorio Gassman o un Ugo Tognazzi.
Ciò porta ad alcune tristi considerazioni
Zalone è simpatico, ma credo che neppure lui pensi di rappresentare il cinema italiano. Ci sono stati anni nei quali i nostri registi erano conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. Fellini, De Sica, Visconti, Bertolucci, i Taviani, Rossellini, Pasolini, Antonioni, Monicelli, Sergio Leone, ma anche Dario Argento erano conosciuti come lo sono Spielberg, Kubrik, Tarantino, ecc. Molti di loro sono morti e il solo regista di grande levatura internazionale è rimasto Nanni Moretti, che fa un film ogni cinque anni. Possibile che senza di loro sia finito il cinema italiano?
Forse no; è impossibile che, improvvisamente ci sia il vuoto assoluto. Ma è anche vero che in Italia non si fa un film se non ci sono la Rohrwacher, Mastandrea, Servillo, Battiston, Giallini, ultimamente la Ferilli. Bravissimi e versatili ma, alla fine, danno una sensazione di déjà-vu. Possibile che non ci siano attori emergenti, bravi quasi quanto loro? Forse è un effetto collaterale della legge Fornero ma, anche nel cinema, non c’è turn over. E questo perché, oltre all’effetto Fornero, le case di distribuzione non vogliono rischiare. Vogliono il loro cinepanettone che gli fa fare un po’ di soldi e non si azzardano a promuovere un prodotto, magari artisticamente valido, ma che non fa cassa, almeno non quanto vorrebbero.
In Italia i film si fanno e i numeri lo dimostrano, quindi, forse, non è tanto la quantità quanto la qualità che lascia a desiderare. Come mai? Non siamo più un paese di poeti, santi, navigatori e registi?
La cosa che salta agli occhi, guardando un film italiano, è la grande importanza che viene data alla storia, che spesso è davvero bella e la quasi miracolosa assenza di regia. L’esatto contrario di quel che si potrebbe dire di un film di Peter Greenaway o di Aleksandr Sokurov. Proprio questo, probabilmente, fa sì che il primo tipo di film si guardi volentieri anche scaricato da Torrent, magari anche sul telefonino. Il Faust di Sokurov o L’ultima tempesta di Greenaway sicuramente no. Quando uno paga un biglietto per stare in una sala oscura assieme ad altri spettatori si aspetta (oltre che gli altri spengano il telefonino, il che spesso non succede) una grande emozione. Che il film ti faccia crepare dal ridere o dalla paura, ti faccia piangere come se tu guardassi Bambi, indignare, innamorare, o chissà quant’altro, non basta raccontare una storia. Per quello ci sono già i libri.