Il caso Braibanti è un film- documentario che mescola finzione e rigore storico, costruendo intorno agli atti del processo e alle prove degli attori una ricostruzione, ricca di testimonianze: da quella di Piergiorgio Bellocchio a Dacia Maraini, da Lou Castel a Maria Monti nonché quella del nipote di Braibanti, Ferruccio. Il film offre l’occasione di ripercorrere una vicenda processuale per il reato di plagio. Braibanti venne condannato a nove anni di carcere (poi ridotti in appello) per un reato codificato dal Codice Rocco dell’era fascista (poi cancellato dalla Corte Costituzionale nel 1981). Il caso fece scandalo, in quanto si trattò di fatto di un processo all’omosessualità.
Grazie al lavoro di ricostruzione di Massimiliano Palmese e Carmen Giardina (che forse ricorderai come attrice ne Il contagio di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini) lo spettatore scopre non solo la vicenda legata al processo ma la figura di intellettuale di Aldo Braibanti, morto nel 2014. Un uomo schivo ed eccentrico, il cui ricordo si è tentato di cancellare dalla Storia. Il film, vincitore del Nastro d’argento 2021 nella categoria docufiction è stato incluso nella rassegna Taglio Lungo, dedicata al cinema indipendente LGBTQ, dopo essere stato proiettato al Festival di Pesaro dove ha vinto il premio del pubblico. Potremo vederlo da maggio sul canale Sky Arte.
Carmen Giardina, grazie per averci concesso quest’intervista. Come nasce l’idea di portare al cinema Il caso Braibanti?
- “Nasce da uno spettacolo teatrale dell’amico Massimiliano Palmese, che s’intitolava proprio così. L’amicizia con Massimiliano è di lunga data: quando venni a Roma andai a vederlo e ne rimasi sconvolta, perchè della vicenda io non sapevo nulla. Lo chiamai – al tempo lui viveva a Napoli – e dopo avergli fatto i complimenti gli raccontai dello sgomento che avevo provato vedendo lo spettacolo. Mi disse che la storia avrebbe meritato di essere raccontata in un documentario. Così siamo partiti per un viaggio di due anni, che ci ha portato a realizzare il film.”
Uno degli aspetti che più mi ha intrigato è la struttura: intorno a una vera e propria rappresentazione del processo è stato costruito un documentario, come avete avuto quest’idea?
- “Si è trattato di un azzardo. Abbiamo coinvolto nel film gli attori che già lo avevano portato in teatro proprio per restituire al pubblico la realtà del processo. La veemenza e la crudeltà delle domande del pubblico ministero per svelare come l’attacco nei confronti di Braibanti e del suo compagno Giovanni Sanfratello. Quest’ultimo prima del processo venne internato e sottoposto a “cure” che prevedevano l’elettroshock: la sua famiglia, cattolica e conservatrice, per non dire neo-fascista non poteva accettare la sua natura e fu questo il motivo per il quale il padre, un uomo potente, insieme ai suoi avvocati sporse la denuncia per plagio contro Braibanti, un reato che risaliva all’epoca fascista e per il quale non era mai stato processato nè condannato nessuno fino al 1968.”
Mi ha sorpreso molto, documentandomi su Braibanti come intellettuale, scoprire quanto egli sia stato poliedrico nei suoi studi. Era una figura complessa, che avrebbe meritato di essere ricordato, eppure di lui non si sente parlare, sembra sia stato cancellato, come te lo spieghi?
- “Aldo Braibanti era una persona scomoda, che preferiva rifuggire la ribalta. Era anche un uomo di scienza, un illustre mirmecologo (studioso delle formiche): arrivò a costruire in casa propria dei veri e propri formicai, per studiarne il comportamento. Egli era inoltre un ottimo insegnante e molto spesso erano proprio i genitori a mandargli i ragazzi nei laboratori che curava perchè li istruisse. Nel processo questa realtà venne completamente ribaltata e Braibanti fu dipinto come un manipolatore, il cui obiettivo era traviare le giovani menti. Dagli atti giudiziari emerge come l’accusa abbia puntato il dito sul suo stile di vita eccentrico. Egli era stato membro del partito comunista e partigiano eppure queste sembravano aggravanti della sua colpa più grande: essere omosessuale. Una colpa che la morale bigotta dell’epoca non poteva concepire.”
Vedo in questo un interessante parallelo con quanto accadde a Socrate nell’antica Grecia e anche ad Oscar Wilde nell’Inghilterra dell’800.
- “Verissimo, infatti il parallelo con Socrate viene citato nel documentario. La differenza con quello che accadde a Oscar Wilde è che in Inghilterra l’omosessualità era considerata reato. In Italia così non era, ma dietro il pretesto di un presunto’plagio’, un reato obsoleto che nel 1981 la Corte Costituzionale avrebbe abrogato, finì con emergere la finalità che era quella di condannare l’omosessualità e fare di Braibanti un capro espiatorio. Nel ’68 le cose nella società iniziavano a cambiare e presto si sarebbe iniziato a parlare di aborto e di divorzio, tematiche che per la morale conservatrice e bigotta dell’epoca erano inammissibili. “
Da questo punto di vista, in un’epoca come quella odierna, nella quale sono in molti a tentare di smontare le conquiste in materia di diritti civili la figura di Braibanti emerge nella sua attualità. Credi che il processo contro di lui sia stato soprattutto politico?
- “Hai ragione quando parli dell’oggi e alla tua domanda mi sento di rispondere che fu un processo politico. In Braibanti ritroviamo tante passioni e tante teorie molto moderne che all’epoca erano malviste: mi viene in mente l’importanza che egli dava all’ecologia, ma potrei citarne molte altre che erano molto in anticipo sui tempi. Collaborò con Piergiorgio Bellocchio alla rivista Quaderni Piacentini e ascoltando le testimonianze su di lui che abbiamo raccolto, da attori come Lou Castel e Maria Monti, la quale gli restò accanto fino ai suoi ultimi anni, quest’aspetto della sua personalità emerge in modo limpido.”
Vi aspettavate il grande successo e i premi ottenuti e credete che la pandemìa vi abbia agevolato in questo senso? Un film come Il caso Braibanti non sarebbe stato considerato dalla grande distribuzione e invece avete addirittura vinto il Nastro d’Argento.
- “Sin dalla prima proiezione al Festival di Pesaro siamo rimasti piacevolmente sorpresi dal caloroso responso del pubblico, dal quale siamo anche stati premiati in quella manifestazione. Ottenere il Nastro d’Argento è stato un onore e ci ha fatto anche molto piacere che il nostro film sia stato selezionato nel catalogo dell’iniziativa #iorestoacasa di Mymovies. Ci aspettavamo che il film fosse riservato a un pubblico di nicchia, la sua maggiore diffusione non può che farci piacere.”
Un’ ultima domanda. Come hai ricordato Braibanti era un uomo che rifuggiva la ribalta. Come avrebbe accolto l’idea di realizzare un documentario sul processo per cui fu condannato?
- “Questa è una domanda che io e Massimiliano Palmese ci siamo posti più di una volta. Probabilmente l’idea non gli sarebbe piaciuta perchè giustamente egli preferiva essere ricordato per le sue poesie e per i suoi studi, piuttosto che come ‘l’uomo del processo per plagio’. Ci piace pensare che alla fine lo avrebbe apprezzato. A maggio ‘Il caso Braibanti‘ arriverà su Sky Arte e speriamo di poterlo vedere presto in sala.
L’esperienza della sala manca a tutti, condivido pienamente quest’augurio. Grazie del tempo che ci ha dedicato.
- “Grazie a te e un saluto a tutta la redazione di iCrewPlay-Cinema.”