Quando un film viene restaurato, c’è sempre la curiosità di coglierne particolari magari poco chiari nell’originale, di scoprire dettagli nascosti e guardarlo con occhi diversi, alla luce di una maturità acquisita.
Questo è quanto accaduto ad una pellicola del 1982, che nel 2017, a trentacinque anni dal debutto nelle sale, ha subito questo processo di rinnovamento che lo ha reso ancora più popolare di quanto già non fosse.
Cult della commedia italiana firmato da Carlo Verdone, Borotalco è una vera e propria istantanea degli anni ’80 e fotogramma per fotogramma è in grado di far rivivere un’intera generazione.
https://youtu.be/NIAEtxOOVZA
È stato il terzo film diretto da Verdone, che ne ha curato anche il soggetto e la sceneggiatura, segnando una vera e propria svolta nella tua carriera, essendo il primo lungometraggio dove Carlo Verdone interpreta un solo personaggio a differenza delle altre pellicole.
È inoltre un film al quale Verdone è particolarmente legato perché, al di là del successo commerciale, Borotalco era il film preferito da Mario Verdone tra quelli diretti dal figlio Carlo e da quel momento si convinse che l’allora poco più che trentenne regista potesse avere un futuro.
La trama
Sergio Benvenuti (Carlo Verdone) è un giovane romano un po’ ingenuo e impacciato che convive con l’amico Marcello (Christian De Sica) in un convitto.
Il ragazzo, pressato da Augusto (Mario Brega), il padre della sua fidanzata Rossella, si trova costretto a trovare al più presto un lavoro per potersi sposare e sistemare definitivamente.
Dopo vari colloqui, Sergio trova un posto come venditore porta a porta, ma per sua sfortuna il lavoro stenta ad ingranare.
Disperato, contatta telefonicamente la spigliata Nadia Vandelli (Eleonora Giorgi), una delle sue migliori colleghe, chiedendole di poterla affiancare per un giorno. I due, che non si sono mai visti di persona, si danno appuntamento per l’indomani davanti la casa di un cliente.
Il giorno dopo Sergio, stanco di aspettare Nadia – che è intrappolata in una fila per comprare i biglietti del concerto di Lucio Dalla – decide di salire da solo: ad aprirgli la porta è l’architetto Manuel Fantoni (Angelo Infanti), un uomo affascinante e pieno di storie straordinarie da raccontare, ricche di viaggi, personaggi famosi e donne seducenti. Purtroppo, quando arriva il maresciallo per arrestarlo, la magia finisce e Sergio si ritrova da solo in quella casa, dove si diverte a ricreare su di sé il personaggio di Manuel.
Quando però arriva Nadia, non smette la farsa, facendole credere di essere lui il cliente. Dopo aver affascinato la ragazza con i suoi nuovi modi da uomo vissuto e misterioso, Sergio non sa più come uscire fuori da quella spirale di bugie.
Interpreti e personaggi
Inutile dire che il film si regge quasi esclusivamente sull’accoppiata Verdone/Giorgi, ma tanto per rompere il ghiaccio, iniziamo col dire che il ruolo dell’affascinante Angelo, in realtà era stato scritto pensando a Vittorio Gassman.
Borotalco è una commedia di maschere ed equivoci, di inganni leggeri, di bugie dette a fin d’amore: la sequenza iniziale di preparazione e vestizione con quella curiosa usanza così in voga a quei tempi di incipriarsi i piedi usciti dalla doccia, è in tal senso una premessa di quello che in realtà la storia rappresenta, cioè la messa in scena di persone che si fingono personaggi e che finiscono per attenersi a un copione, non trovando il coraggio di dire no a un destino già apparecchiato.
Verdone, come sempre, non rinuncia ad alcuni dei suoi personaggi più riusciti come Leo diUn sacco bello e Mimmo di Bianco, rosso e Verdone (entrambi in esclusiva se t abboni ad Amazon Prime cliccando qui) racchiusi nell’unico Sergio, per giunta in aria da matrimonio.
Il bambinone però, non è poi tanto cresciuto, anzi divide una stanza in un convitto con l’amico Marcello (un De Sica che avremmo voluto vedere di più).
Al tempo stesso Verdone trova una strada nuova, una forma di racconto decisamente cinematografica ispirata a Sordi e a quella comicità all’italiana che tanto ci piace e lo stesso nome che sceglie per interpretare quest’imbranato venditore, non affatto casuale.
Dietro Sergio Benvenuti infatti, si nasconde un duplice omaggio a due grandi uomini del cinema italiano: il regista Sergio Leone e lo sceneggiatore Leonardo Benvenuti.
Co-protagonista agli antipodi è Eleonora Giorgi con quella parlata marcatamente romana, che interpreta un ruolo fresco e divertente, una donna indipendente che vorrebbe realizzarsi, sicuramente lontano dal classico modello di donna di casa a cui ci hanno invece abituato a Mia moglie è una strega o a Mani di fata (clicca qui per acquistarlo).
Tutta la storia, alla fine, ruota attorno all’ossessione di Nadia per Lucio Dalla, e quest’omaggio è la cosa più bella.
Quella passione per un artista che è un idolo, la voglia di incontrarlo, le centinaia di lettere scritte nella speranza che almeno una riga venga letta, sono sensazioni di tutti, emozioni vere e reali che magicamente ci risucchiano in quel vortice di turbamenti che si chiama adolescenza.
Nel film fanno la loro parte, anche se molto sotto tono, un giovanissimo Cristian De Sica, che proprio in questi giorni soffia sulle 70 candeline e una fugace e conturbante Moana Pozzi che interpreta l’amica di Manuel Fantoni ed è agli esordi della propria carriera.
Insuperabile nella sua naturale rozzezza, Mario Brega con le sue olive
“Tiè senti ‘sto prosciutto, senti com’è dorce.
Eh, ho mangiato…
Sto prosciutto t’ho detto, è dorce!!! E ‘ste olive? Tiè senti ‘ste olive, queste so’ ggreche sa’ oh, ggreche! E ‘nnamo e ddai, so’ ggreche! So’ bbone? Come so’, dì la verità!
So’ ggreche…”
Secondo alcune dichiarazioni rilasciate da Carlo Verdone, la scena fu ispirata a un fatto realmente accaduto. A quanto pare Brega amico di Sergio Leone, un giorno andò a casa sua con una cassetta di frutta e verdura. In quell’occasione era presente anche Verdone che fu testimone di uno scambio di battute divertenti, culminate con
“Ah Se’ guarda ‘sti limoni! Lo sai da dove vengono sti limoni?”.
Ora provate a leggere la battuta sostituendo i limoni con le olive e il gioco è fatto.
Musica e scene cult
Pur non comparendo in nessuna scena, Lucio Dalla è il vero protagonista di Borotalco, non solo per l’ossessione di Nadia per il suo idolo, ma soprattutto perchè è un film molto musicale, e quella musica è affidata a lui, a Lucio Dalla ma non solo.
Tra i brani presenti nel film vanno ricordati Grande figlio di puttana e Chi te l’ha detto? che grazie a questo film hanno goduto di molta popolarità; sono brani realizzati dai neo-costituiti Stadio, attivi da tanti anni con Lucio Dalla e al debutto come gruppo a sè con la nuova denominazione.
Fabio Liberatori invece, lo storico tastierista del gruppo, ha composto personalmente la colonna originale del film.
E mentre quei brani, composti insieme agli Stadio appunto, ci accompagnano fino ai titoli di coda, a chi si sta ancora chiedendo se Nadia sia riuscita a incontrare Dalla rispondiamo di sì.
Hanno cantato insieme; no, non Un fiore per Hal ma L’ultima luna. Ed è tornata a casa felice con la maglietta autografata
A proposito di Lucio Dalla, esiste un curioso aneddoto che lo riguarda raccontato da Verdone in un’intervista
“Lucio Dalla mi chiamò la sera che precedette la prima, arrabbiatissimo, e disse: “Come hai potuto permettere che il mio nome su quel cartellone pubblicitario fosse più grande del tuo! Sembra che sia stato io a dirigere il film”, io gli risposi che era stata una scelta della distribuzione. Chiuse la conversazione dicendo che il giorno dopo sarebbe andato a vedere la prima. Quando arrivò in sala gli dissero che i posti erano finiti. A lui non interessó nulla, entrò e si stese per terra: vide il film in quel modo”
Una delle scene passate letteralmente alla storia di Borotalco, si può ricordare solo citandone letteralmente il testo
“Un bel giorno senza dire niente a nessuno me ne andai a Genova e mi imbarcai su un cargo battente bandiera liberiana. Feci due volte il giro del mondo e non riuscii mai a capire che cazzo trasportasse quella nave, ma forse un giorno lo capii: droga!”
E chi lo ha mai saputo com’era fatta la bandiera “liberiana”?
https://www.youtube.com/watch?v=D4nFnBkvlDs
Borotalco è un film apprezzato soprattutto per la sua estrema naturalezza.
Ogni singola battuta è così alla portata, da sembrare frutto dell’improvvisazione e Brega ne è un esempio vivente:
“Me devi da dire, se non so’ troppo indiscreto, ma che voi da mi fija? … mo te vojo raccontà n’fatto che m’è sucesso ieri. Lei m’ha detto: Papà, che me porti a comprà ‘n pajo de scarpe a via Veneto…” mentre se stava a guardà la vetrina de scarpe, passano du giovanotti e dicono ‘na frase che a me nu m’è piaciuta… venuto uno tutto spavardo m’ha dato un cazzotto in bocca, me lo so’ guardato, ho sputato… e j’ho detto: “Manco er sangue m’hai fatto usci’, in guardia”. J’ho dato un destro ‘n bocca m’è cascato per tera come Gesu’ Cristo, J’ho rotto er naso, j’ho frantumato le mucose… pieno de sangue per tera, a ettolitri… “.
Certo è anche che, alle nuove generazioni targate 2000, potrebbero sembrare incredibilmente pacchiane e “da sfigati” frasi del tipo
“Per me la morte di John Lennon è stata una vera tragedia, cioè veramente un lutto troppo grave. Non so era come un pezzettino della mia vita che se ne andava. Veda, al limite, mediamente, se moriva mia nonna, la cosa non mi intaccava, però con John c’era questo cordone ombelicale che ci univa. Ho anche mandato un telegramma di condoglianze a Yoko Ono. Questo però forse non le interessa.
Ma per chi lo sa davvero “chi erano i Beatles”, è tutta un’altra musica.
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Qualche curiosità
La pellicola fa sorridere fin dal titolo… perché proprio Borotalco?
Perché leggero come una nuvola, come il borotalco, almeno questo era il senso che volle dargli Verdone, il quale dopo che il film fu uscito, andò produttore, e gli disse
“Ora che il film si è dimostrato un successo puoi ammettere che Borotalco è un gran titolo”
lui non disse niente, e tirò fuori una lettera di Manetti&Roberts (proprietari della società che produce il Borotalco) in cui avvertivano la produzione che gli avrebbero fatto causa per aver usato il nome del loro prodotto.
E si che il pensiero di Verdone era che il Borotalco fosse il nome di un agente chimico o qualcosa del genere, ma regista e produttore, dovettero sedersi a tavolino con il colosso dell’igiene, e parlarne.
Gli mostrarono gli incassi del film e si quietarono: viste le cifre, probabilmente avrebbero loro dovuto pagarli, per l’immensa pubblicità che gli stavamo facendo.
E il successo fu davvero strepitoso, talmente strepitoso, da attraversare l’oceano, tant’è che un giorno, mentre la Giorgi stava pranzando a Los Angeles con un gruppo di attori molto famosi, sente dei ragazzi romani dietro di lei.
Quando la videro, si precipitarono al tavolo, e con quell’ingenuità che la contraddistingue disse:
“Ragazzi guardate che c’è anche Jack Nicholson”
La Giorgi rimase spiazzata dalla loro risposta
“Ma che ce frega di Nicholson, c’è la Giorgi, Verdone, Borotalco!”
La pellicola ricevette molti riconoscimenti, tra cui cinque David di Donatello (di cui uno per il miglior film) e due Nastri d’Argento (di cui uno per la migliore colonna sonora a Lucio Dalla e Fabio Liberatori).
Nonostante questo però, la Giorgi non ebbe mai la soddisfazione di vedere il film in sala, almeno fino al restauro del 2017.
“Due settimane dopo la fine delle riprese sono partita per il Marocco, per girare un film con Mastroianni, e avevo una rabbia enorme in corpo perché mi arrivarono decine di telefonate e messaggi in cui tutti mi facevano i complimenti per il film, e io non ero in Italia.”
Il pubblico dell’epoca e successivamente le nuove generazioni che amano Verdone, hanno sempre mostrato commenti favorevoli a questo film, che rappresenta uno dei fiori all’occhiello tra i lungometraggi diretti dal regista romano.
L’amabilità e il candore dei personaggi, le fragilità, le mitomanie, che in quel periodo appartenevano un po’ a tutti, le battute, vere, sincere, costruite sui tempi recitativi.
Un tipo di cinematografia difficile da replicare, ma che speriamo continui a farci ridere e sognare.
Sono quei film che,quando sei un po’ giù ti tirano su il morale. Grandioso Pozzetto come del resto quasi tutti i suoi film, un tocco di vintage che nn delude mai in questo mondo pieno di modernità che stanca alla velocità della luce…almeno me