Il bacio della cavalletta (Der Kuss des Grashupfers) di Elmar Imanov, sarà nelle sale italiane dal 1 maggio grazie a Trent Film. Presentato in anteprima mondiale alla Berlinale 2025 nella sezione Forum, il film è un’opera poetica e visionaria, che si svolge in un mondo tinto di realismo magico.
Elmar Imanov scrive e dirige una riflessione intima e surreale sulla perdita, scandagliando il rapporto padre – figlio attraverso una narrazione che unisce leggerezza e malinconia.
Il bacio della cavalletta di Elmar Imanov. La trama
Al centro della vicenda de Il bacio della cavalletta ci sarà Bernard, uno scrittore di mezza età ossessionato dall’ordine, che conserva con cura i suoi libri avvolgendoli nella carta e trova conforto nella costruzione di veicoli. L’uomo condivide l’appartamento con un insolito animale domestico: una pecora, che lo scalda, lo conforta e concilia il suo sonno. Nonostante una relazione disfunzionale segnata da frequenti rotture, prova un amore profondo per Agata, la sua compagna.

Ma il suo legame più forte è quello con suo padre Carlos. La tragedia irrompe nella vita di Bernard quando il padre viene aggredito mentre cammina per strada, riportando una grave commozione cerebrale. Successivi esami medici rivelano una diagnosi terribile: la presenza di un tumore al cervello. Carlos si trova ad affrontare una scelta difficile: sottoporsi a un intervento chirurgico, che offre il 50% di possibilità di sopravvivenza, oppure rinunciare.
Senza l’intervento, la morte è pressoché certa. Il padre prende la sua decisione, lasciando Bernard in uno stato di shock e in balia del suo mondo, un rifugio in cui tutto diventa ancora più incerto e in cui inizia un personale percorso alla ricerca dell’equilibrio perduto.
Il bacio della cavalletta di Elmar Imanov. L’esperienza diretta di un dolore come forma di terapia collettiva
Così ha raccontato il regista e sceneggiatore Elmar Imanov la dolorosa vicenda personale che si cela dietro Il bacio della cavalletta, in cui riaffronta, cinematograficamente e umanamente parlando, quell’ultimo anno di vita vissuto, tra dolore e consapevolezza, insieme all’amato padre:
Nell’inverno del 2014 a mio padre venne diagnosticato un cancro al polmone al quarto stadio. La prognosi è stata devastante: 12 mesi di vita. Una sensazione molto ingiusta e schiacciante. Sapevo che nessuno poteva capire mio padre ora e da quel momento in poi sarebbe rimasto solo fino alla sua morte.
Mi è crollato il mondo addosso. Questo sentimento si è manifestato in modi diversi: a volte con le lacrime, altre con improvvisa iperattività durante una festa. Sono caduto nell’abisso e mi sono sentito un fantasma. Quando mio padre è morto dopo soli 10 mesi, ho iniziato il mio lento viaggio di ritorno alla vita. Un anno dopo la sua morte, quando mi sono svegliato dal torpore, ho scritto la sceneggiatura. Oggi, quando mi guardo indietro, mi sento una persona diversa.”
Un film che, tra i vari motivi d’interesse, tra cui surreali dettagli richiamanti il Kafka de “Le Metamorfosi“, porterà a riflettere, anche a livello personale, lo stesso spettatore, porgendo alla sua attenzione il rapporto, spesso dato per scontato, con il proprio genitore, destinato nella vita di gran parte degli esseri umani, a un certo punto della propria esistenza, prima o poi, a dover lasciare i propri figli in un mondo che fin dal principio li ha visti insieme e inseparabili e che, invece, a un certo punto e all’improvviso, li vedrà drammaticamente e irreparabilmente separarsi.
Arrivati a questo punto, allora che cosa rimane? Cosa fare? Come gestire questa perdita dall’aspetto tanto fiero e crudele? Ci si lascia affogare nel dolore insieme alle proprie sofferenze irrisolte, o a un certo punto si trova, in una qualche maniera, la forza di reagire, magari costruendo sulla base di questo dolore così apparentemente insopportabile, scoprendo e sostituendolo al suo posto con qualcos’altro di nuovo che dia una ragione, alla fine a tutto, anche alla spietata e crudele sofferenza?
Dal 1 maggio al cinema, Il bacio della cavalletta di Elmar Imanov ci offrirà una modalità di sopravvivere a un dolore simile, anche grazie all’intensa e dolorosissima esperienza riguardante il vissuto del regista, non offrendoci una soluzione univoca, ma un metodo si, per far sì che anche dietro una perdita, scavando nel profondo, si trovi una qualche via d’uscita da cui ripartire…