“Non ci sono nè cattive erbe, nè uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori”
Victor Hugo, I Miserabili
Così scriveva il poeta nel suo romanzo nel quale descrive i cosiddetti “miserabili” – persone cadute in miseria, ex forzati, prostitute, monelli di strada, studenti in povertà – la cui condizione non era mutata né con la Rivoluzione né con Napoleone, né con Luigi XVIII. Una storia di cadute e di risalite, di peccati e di redenzione.
Oggi, a circa 150 anni di distanza, è una storia che ancora fa riflettere, talmente tanto da ispirare un film.
Lucky Red infatti, alcuni giorni fa, ha diffuso il trailer del lungometraggio esordio del regista Ladj Ly, intitolato, appunto, I Miserabili, nelle sale italiane a partire dal 14 marzo.
https://www.youtube.com/watch?v=-mbsqaZdqRA
Il film è ispirato alle sommosse di Parigi del 2005 ed ha già vinto due premi, quello della Giuria al Festival di Cannes, e quello come Miglior Rivelazione agli European Film Awards. È anche tra i candidati al Premio Oscar per la Francia come Miglior Film Straniero. Il titolo del film si presenta pertanto come una citazione dell’omonimo e famoso romanzo di Victor Hugo, ma punta i riflettori sulla vita delle periferie parigine e dei miserabili del nuovo millennio. Un progetto che dà vita ad un thriller dal ritmo avvincente ed adrenalinico, dove il confine tra bene e male si fa assolutamente labile, mentre tutti i personaggi diventano vittime alla ricerca di un riscatto o, più semplicemente, di sopravvivenza.
Se non c’è coesione non c’è squadra, tutto sta a scegliere la squadra giusta. Un abuso, anche se perpetrato dalla legge, o da chi dovrebbe rappresentarla e tutelarla, è sempre un abuso, ma spesso il confine è molto labile e confuso.
Il rispetto allora, diviene paura, la difesa violenza, la legge abuso. La rabbia esplode da entrambe le parti, e diviene il solo mezzo per comunicare.
Girato esattamente dove Victor Hugo aveva ambientato il suo romanzo, a Montfermeil, nella periferia a un’ora dal cuore di Parigi , segue le vicende di Stéphane (Damien Bonnard), agente di polizia appena trasferito, che si trova ad affiancare due colleghi in una situazione esplosiva, in cui una guerra tra bande si somma a una sommossa popolare e ai disordini provocati da un gruppo religioso. La tensione porterà uno degli agenti a compiere un atto sconsiderato, che porterà le cose fino a un punto di non ritorno.
Ladj Ly, al suo esordio nella fiction ma già attivo in campo documentaristico, si è ispirato ai disordini accaduti nel 2008 a Montfermeil, che videro due agenti della polizia incriminati per violenza nei confronti di un manifestante. Il regista, francese di origini maliane, è da sempre attivo nel racconto di episodi di violenza e marginalità nelle banlieu francesi
Il regista, ci mostra la faccia sporca di Parigi, realizzando un affresco sincero e autentico delle periferie e non si abbandona a facili condanne o giudizi affrettati; tutti i personaggi sono o diventano vittime alla ricerca di un personale riscatto o, più semplicemente, di sopravvivenza.
“in questo film racconto un po’ la mia vita, le mie esperienze, quelle delle persone che mi sono vicine… Tutti gli elementi della storia si basano su cose realmente vissute: i festeggiamenti per la vittoria della Coppa del mondo di calcio, ovviamente, l’arrivo del nuovo poliziotto nel quartiere, la storia del drone… Per cinque anni, ho filmato con la mia videocamera tutto quello che avveniva nel quartiere e soprattutto quello che facevano i poliziotti, non li perdevo d’occhio. Appena arrivavano, prendevo la videocamera e li filmavo, fino al giorno in cui ho immortalato un loro vero e proprio abuso. Anche la storia del furto del leoncino che scatena la collera dei gitani proprietari del circo che c’è nel film è reale… Ho voluto mostrare tutta l’incredibile diversità che costituisce la vita nei quartieri popolari. Abito ancora lì, sono la mia vita e mi piace filmarli. Sono il mio set cinematografico!”
Il film si apre proprio con una grande adunanza di persone, in festa per la vittoria dei Mondiali di calcio, e alla fine, dopo che tutta la storia si scopre e si rivela, questo aspetto fa molto riflettere.
È strano infatti che, al cospetto di un pallone, di un gioco, di uno sport, ogni differenza, ogni pregiudizio, ogni odio, venga messo da parte; non dimenticato, solo momentaneamente accantonato.
Tutto ciò è molto triste, ma allo stesso tempo è a dimostrazione del fatto che, in fondo, si può non odiare e convivere pacificamente, ognuno con le proprie diversità.
I primi 40 minuti del film quindi, ci mostrano una città tranquilla e gioiosa; passata la festa invece, ciascuno si riposiziona al suo posto in funzione del colore della sua pelle, della sua religione, del suo luogo di residenza, della sua classe sociale di appartenenza, e tutto torna alla “normalità”.
Certo, Ladj Ly radicato nella periferia, sa bene che la mancanza di denaro è la prima molla verso compromessi, violenza, traffici, perché la realtà è sempre complessa, e ci sono buoni e cattivi da entrambe le parti.
“ I Miserabili non è né pro-delinquenti né pro-sbirri. Ho cercato di essere più giusto possibile. La prima volta che mi hanno fatto un controllo, avevo 10 anni, per dire quanto conosco bene la polizia: ci ho vissuto fianco a fianco, ho subito un numero incalcolabile di fermi e di provocazioni. Mi sono reso conto che potevo permettermi di calarmi nei panni di uno sbirro e di raccontare un pezzo di film dal loro punto di vista. La maggior parte di questi poliziotti non ha fatto gli studi, vive anch’essa in condizioni difficili, con stipendi da fame e negli stessi nostri quartieri. Stanno più spesso di noi nelle periferie perché noi ci muoviamo, ci spostiamo in città, mentre loro lavorano tutto il giorno nel quartiere, girando in tondo, rompendosi le palle. Per avere un po’ di azione, decidono di fare dei controlli di identità ed è un circolo vizioso. Conoscono a memoria gli abitanti, la vita che fanno, le loro abitudini, eppure li vessano tutti i giorni facendo i controlli. È inevitabile che certi giorni scoppi la scintilla.”
Un esordio con il botto insomma per questo giovane regista, appassionato di video, con un passato non sempre facile e alle volte scomodo; è forse anche per questo ciò che racconta è ancora più reale.
Una possibilità di redenzione però c’è sempre. In fondo, come diceva il poeta,
“Non ci sono nè cattive erbe, nè uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori”