I Dannati, il nuovo film del regista italiano Roberto Minervini, prodotto da Okta Film e Pulpa Film con Rai Cinema in coproduzione con Michigan Filmsche e distrubuito dalle sale italiane da Lucky Red, farà parte dei film selezionati per il Festival del Cinema di Cannes attualmente in corso e sarà nei cinema dal 16 maggio. Un film che parla della guerra vista da diversi punti vista umani e collettivi, di giovanissimi, di uomini maturi e di anziani, nel mezzo le loro paure, ansie ed aspettative verso la guerra che li vede protagonisti e sul mondo che verrà.
I Dannati : La trama
La guerra ai tempi della secessione tra collettività e solitudine
Roberto Minervini, ci regala uno spaccato molto intimo e a suo modo sentimentale sulla guerra.
Tutto avviene nella natura incontaminata dell’Ovest, in cui una coraggiosa compagnia di soldati che nell’inverno del 1862 si inoltra in esso per capirne le potenzialità di quel territorio, le minacce e gli eventuali sbocchi e tattiche da adottare per il proseguimento di quel conflitto bellico, che per diversi motivi ha portato quei soldati, ognuno con la propria storia e le proprie paure, su quell’ancora ignoto versante di guerra.
In guerra infatti spesso, e in questo film si avverte particolarmente, c’è il timore dell’attesa, perché non c’è un pericolo imminente, ma spesso è più la paura di ciò che può esserci dietro l’angolo, quello che in realtà nasconde, a terrorizzare il singolo individuo in scena.
C’è un sentimento di collettività, ma allo stesso tempo si avverte la solitudine che ognuno dei protagonisti porta dentro di se, perché ciascuno è partito per diversi motivi verso quella guerra e qualora la vita di tutti i giorni li vedesse sopravvivere, ognuno tornerà con le proprie personali ferite e cicatrici più o meno profonde.
Non è un caso infatti che la guerra non lasci vittime solo sul campo, ma anche nella mente per ciò che si è visto e le conseguenze, anche nel corso delle tante guerre che si sono poi succedute nel corso del Novecento con i famosi disturbi post-traumatici che fanno parte di chi è sopravvissuto in qualche modo ad un conflitto, ma che in qualche modo con la mente rivive quei terribili momenti, in questo film sono presenti elementi che ci portano a credere che se questi soldati sopravviveranno, si porteranno dietro fantasmi difficili da dimenticare.
Nel film avvertiamo anche momenti di assoluto straniamento dalla guerra, perché una volta svolti i diversi compiti di ricognizione del territorio, di tempo ne rimane e tutta la guarnigione in quel territorio per cercare di trovare il modo di distrarsi come giocare a carte, a baseball o semplicemente chiacchierando tra di loro in discorsi legati tra le paure del presente e le aspettative del futuro.
Il dolore affrontato sotto diverse prospettive
Le ferite ognuno se le cura come può, perché come detto in precedenza la guerra la si affronta in un collettivo, ma singolarmente ognuno si porta con se il proprio trascorso di vita. Infatti i diversi soldati di cui vediamo alternarsi le vicende, vivono la medesima situazione, nello stesso posto e le stesse tragiche vicende belliche ma, nella loro solitudine, le affrontano allo stesso modo?
Ovviamente no e qui infatti troviamo uno degli aspetti più interessanti del film; nei momenti di combattimento con il nemico e poco dopo quel particolare momento di alta tensione fatto di spari e ansie, ognuno affronta i successivi attimi di quella terribile esperienza alla sua maniera: chi con la fede, chi invece affoga i propri traumi con il bere, chi con la condivisione stretta alle persone amiche con cui si è più legato in quel conflitto, chi invece con uno straziante pianto solitario.
Il fatto di essere infatti in una terra innominata, li fa complici di un unico destino, in cui loro come eterni dannati senza una terra promessa a cui ambire, sembrano destinatari a peregrinare in eterno in cerca di un domani migliore, dove la guerra sia un lontano ricordo.
Una guerra umana vissuta tra cavalli e lupi
Molto interessanti sono inoltre, i parallelismi continui che troviamo all’interno del film tra il mondo animale e quello umano. Esiste infatti una totale simbiosi con la fauna circostante, selvaggia o addomesticata che sia.
In particolare con l’animale che più ha accompagnato il soldato di turno durante la guerra di secessione, prima dell’avvento delle armi più sofisticate nel Novecento, il cavallo. Un animale che in questo film sente e avverte le paure dell’uomo che lo comanda, e come esso stesso ha i suoi momenti di sconforto e di ribellione, verso un luogo in cui lui stesso è spaventato e a cui vorrebbe slegarsi, ma a cui rimane legato per una sorte di destinato unito al proprio cavaliere.
Il cavallo, lo si potrebbe definire come l’animale di conforto di questi soldati, i quali trovano in lui un’anima in grado di comprenderne la sofferenza da non mostrare agli altri, perché in un contesto di guerra la forza è il sentimento di cui far vanto con i propri commilitoni, le lacrime ed i dolori invece rimangono sotterranei, li si lascia alla solitudine o al massimo in un abbraccio con il proprio compagno di sventura a quattro zampe.
Altro animale certamente importante del film è il lupo, dominatore di quel territorio vasto ed incontaminato, il quale se da una parte viene visto come una potenziale minaccia e un mortale nemico, dall’altra il regista ci offre interessanti parallelismi che legano questo affascinante ma pericoloso carnivoro all’uomo: la condivisione e la spartizione del cibo dal più grande al più piccolo, oppure il momento del gioco con i quali i lupi si mettono alla prova e migliorano le proprie capacità, come fa esattamente l’uomo, ma che nel gioco trova anche una valvola di sfogo della propria noia e dalla propria frustazione.
I Dannati: La regia
Uno degli aspetti più interessanti della regia di Minervini è certamente la scelta di escludere totalmente da questo film, elementi esterni alla guerra.
Non ci sono donne, non ci sono bambini, al massimo ragazzi troppo giovani ma costretti a combattere, ma non sono presenti infanti o figure terze in quella battaglia in cui sembra essere soltanto una questione tra uomini, non però da un punto di vista di esclusione negativa, ma perché donne e bambini probabilmente vengono visti come creature estranee a quel conflitto e a quel mondo, come se appartenessero ad una sfera amorosa e di sentimenti a cui dei dannati in quelle terre non sembrano destinati ad avere, ma siano entità da ricordare o a cui romanticamente aspirare.
Nemmeno il passato è presente. Noi vediamo dei soldati che sommariamente si raccontano tra di loro qualcosa del loro trascorso, ma ognuno resta discreto nel proprio mondo, sono più le preoccupazioni del presente e le speranze del futuro a muovere ogni passo di questi militari.
Altro dettaglio interessante è che più che il nemico, di cui vediamo a malapena i contorni, è l’attesa di esso a comparire più marcato nel film del regista marchigiano.
Molto efficace oltre la fotografia meravigliosa di spazi immensi, tra campi lunghi e medi che ci permettono di ammirarne le sterminate distese ed efficaci ed emozionanti long-take, è il sonoro molto potente dall’uso dei fucili, ai nitriti dei cavalli, fino ad arrivare ai rumori della natura a cui fanno da contraltare i silenzi assordanti che spesso accompagnano lunghe inquadrature dei paesaggi circostanti.
Interessante è anche la scelta di non dare nomi ai soldati, essendo creature dannate in un mondo come quello della guerra in cui si perde la propria identità a favore di una causa colletiva, tutti in questo film vengono riconosciuti attraverso il rango a cui appartengono.
Ultimo, ma non ultimo è l‘attenzione ai dettagli, non soltanto dal punto di vista registico, ma anche dal punto di vista strategico ed interno al film. Essendo la guerra comunque una questione anche di dettagli, ognuno dei soldati cerca di aiutare l’altro, indicandogli come precetto fondamentale quello di non perdere mai di vista lo spazio circostante e gli eventuali cambiamenti.
Perché il territorio non è un qualcosa di immobile, gli uomini lo calpestano e se ci poni la giusta attenzione, può diventare un tuo alleato e quindi può aiutarti a sopravvivere.
Conclusioni
I Dannati, è certamente un film di guerra molto particolare e per diversi aspetti molto interessante, con scelte registiche davvero originali e che ben stanno in un contesto bellico lontano dagli scontri caotici e di estrema violenza solitamente facente parte del film bellico, il tutto è ridotto al minimo e si lavora soprattutto su riflessioni filosofiche sulla terribile drammaticità della guerra.
Il film fa suo il concetto di eterna attesa di questi dannati verso un conflitto, di cui si vedono solamente i bordi della fine e di cui si intravedono sprazzi di paradiso e speranza, per chissà un futuro migliore.
La trama come l’interpretazione degli attori a tratti appare però un poco piatta e scarna di dettagli, con un approfondimento più sostenuto di certe dinamiche, il film avrebbe preso certamente uno slancio diverso, invece non sembra mai voler prendere una svolta decisiva. Questo lo si può considerare un peccato, anche perché i pochi dialoghi regalatici dalla sceneggiatura del film sono semplici, ma di assoluto livello, ma non sono accompagnati forse dal giusto pathos emotivo.
Un film certamente da vedere per gli amanti dei film di guerra, visto da un punto di vista filosofico-realista, e per gli amanti del periodo delle guerre secessionistiche americane, e per chi voglia vedere in questa eterna dannazione in cui siamo costretti da sempre a convivere, con guerre su guerre che vediamo succedersi una dietro l’altra anche oggi, ritrovare attraverso il cinema e film come questo, incoraggianti messaggi di pace e di luce verso un domani migliore.