I Colori del Male: Rosso, l’ultimo film del regista polacco Adrian Panek basato sul romanzo omonimo di Malgorzata Oliwia Sobczak, è il primo di una trilogia che include anche I Colori del Male: Nero e I Colori del Male: Bianco. Il film, uscito su Netflix verso la fine di maggio, ha già ottenuto un notevole successo commerciale che però, purtroppo, non rispecchia il livello qualitativo del prodotto. Panek ci propone una classica storia poliziesca in cui un giovane procuratore è determinato a risolvere un misterioso delitto apparentemente collegato a un altro caso precedente e analogo.
Le premesse della trama
Il film si apre con la scoperta del cadavere di Monika Bogucka, una giovane donna il cui corpo viene ritrovato in mare, sfigurato dalla mancanza delle labbra, apparentemente rimosse con un taglierino. Da subito, l’omicidio sembra essere legato a un crimine simile per cui un uomo ha appena finito di scontare la pena. Una maglietta insanguinata rinvenuta durante la perquisizione nell’abitazione dell’uomo sembra essere la prova definitiva della sua colpevolezza. Caso chiuso, o almeno così pare.
Ma Leopold Bilski, il giovane poliziotto protagonista, intuisce che qualcosa non torna. Bilski è convinto che l’omicidio di Monika sia collegato al locale dove lavorava, gestito da Lukasz Kazarski, detto Kazar, un boss della malavita locale.
La recensione
La prima parte del film, quindi, ci presenta la condizione iniziale della storia: la tipologia di caso e la dinamica che porterà avanti la trama, secondo il principio del “non è tutto ovvio come sembra”.
Tuttavia, questa impostazione non va oltre l’ovvio, limitandosi a seguire i cliché del genere poliziesco. Il film sembra voler a tutti i costi fuorviare lo spettatore con indizi forzati e situazioni artificiali.
Il problema principale emerge nella seconda parte, dove il regista utilizza i flashback come espediente narrativo per svelare gradualmente i dettagli sull’omicidio. Tuttavia, invece di arricchire la narrazione, questi flashback sembrano più che altro riempire il vuoto, cercando di mantenere l’attenzione dello spettatore attraverso cambi repentini. Inoltre, il modo in cui si muovono i personaggi principali ricade spesso e volentieri nello stereotipo e lo sviluppo della trama non aggiunge nulla che non sia già stato visto.
L’ultima parte del film è probabilmente quella più dinamica e godibile per chi, comunque, trova intrattenente il genere. È infatti la parte della trama più ricca e scorrevole. Qui cominciamo a mettere in ordine i tasselli del puzzle senza farci mancare il colpo di scena finalissimo, quello che ha bisogno di lasciare lo spettatore con quella sensazione di non averci capito niente.
Il risultato, però, è un climax prevedibile, incapace di sorprendere lo spettatore abituato ai trucchi di questo genere di film. La rivelazione finale, che dovrebbe essere un colpo di scena scioccante, appare in realtà come un espediente logoro. Lo spettatore aveva capito già benissimo che la soluzione a cui il film lo vuole portare (trascinandolo con forza per tutto il corso della trama) non è quella definitiva. Questo uccide un po’ il senso di esistere del film, il cui unico obiettivo risiede proprio nel portarti a credere di essere arrivato alla soluzione che ti aspettavi, ma che alla fine non corrisponde a realtà. E se non riesce in questo gioco, allora la narrazione del film ha fallito.
Il problema fondamentale di I Colori del Male: Rosso è che si presenta come un film costruito su una struttura narrativa ingannevole, ma la sua intenzione di depistare lo spettatore non riesce mai realmente a concretizzarsi. Panek sembra incapace di giocare con le aspettative del pubblico e questo fallimento nella costruzione del mistero finisce per rendere il film banale e prevedibile.
Analisi tecnica e narrativa
Se la narrazione lascia a desiderare, la regia non riesce a salvarla. Panek adotta un approccio visivo che, al meglio, può essere definito funzionale. Le inquadrature sono spesso statiche e prive di inventiva e la fotografia non riesce mai a esprimere pienamente il pathos delle scene più intense. Il colore rosso, simbolo evidente di violenza e passione, è presente ma non abbastanza sfruttato: si pensi alla scena in cui la madre di Monika, in un gesto di ribellione inconscia, si mette il rossetto rosso per poi toglierlo frettolosamente subito dopo aver saputo della morte della figlia, quasi fosse un segno di colpa. Un potenziale simbolismo che viene appena sfiorato, ma mai esplorato a fondo.
I dialoghi, in particolare quelli tra i genitori di Monika, risultano spesso forzati e poco realistici. C’è una mancanza di autenticità nelle loro interazioni che risulta particolarmente evidente nelle scene più emotive. Inoltre, il tentativo di Panek di introdurre elementi di critica sociale attraverso le conversazioni dei personaggi è maldestro e mal gestito, riducendosi a una serie di luoghi comuni e banalità.
L’intreccio narrativo che coinvolge il personaggio di Spider è un altro punto debole del film in quanto risulta essere approssimativo e mal realizzato.
La scena in cui uno dei criminali, prima di essere ucciso, lo chiama per nome dovrebbe essere un momento rivelatore, ma nessuno degli altri personaggi presenti sulla scena sembra accorgersi dell’anomalia. La mancanza di reazioni da parte degli altri poliziotti e l’assenza di qualsiasi confronto o discussione al riguardo, lascia il pubblico perplesso. Ancor più confuso risulta il modo in cui il procuratore scopre il coinvolgimento di Spider, che sembra più un’intuizione improvvisa che una vera deduzione logica. L’accelerazione finale, in cui la polizia arresta Spider e il protagonista svela la sua implicazione nel caso, avviene senza alcun vero approfondimento o spiegazione, lasciando lo spettatore insoddisfatto.
I Colori del Male: Rosso, un thriller che non osa
I Colori del Male: Rosso aveva il potenziale per essere un thriller disturbante, ma la sua esecuzione lascia molto a desiderare. La regia piatta, la sceneggiatura carente e la mancanza di audacia nel trattare i temi principali lo relegano a un esercizio di genere che non riesce mai a decollare veramente. È un film che sembra voler puntare tutto sul gioco delle aspettative per poi ritrovarsi a corto di idee. Il risultato finale è un’opera che fatica a trovare una propria identità, perdendosi in una trama mal sviluppata e incapace di lasciare un’impressione duratura.
Anno: 2024
Durata: 1h 51min
Genere: Crime, Drama, Mystery, Thriller
Regia: Adrian Panek
Sceneggiatura: Lukasz M. Maciejewski, Adrian Panek, Malgorzata Oliwia Sobczak
Attori: Jakub Gierszal, Maja Ostaszewska, Zofia Jastrzebska