Il dittatore coreano Kim Jong-Un è tristemento noto per la sua passione nel lanciare missili nucleari e per la forte tensione con i Paesi occidentali. Secondo l’intelligence sudcoreana però è anche dietro agli ultimi furti di bitcoin avvenuti da febbraio di quest’anno, segno che il dittatore non disdegna la tecnologia informatica per raggiungere i suoi scopi.
Secondo la BBC sono stati rubati ben 7 milioni di dollari in bitcoin, diventati a causa della forte salita della criptovaluta ben 82,7 milioni. Un ingente capitale con cui finanziare la corsa agli armamenti nucleari.
La Corea del Nord infatti è sottoposta a pesanti sanzioni economiche, e gli attacchi informatici potrebbero essere l’escamotage trovato da Kim Jong-Un per bypassare le sanzioni fiscali. Per questo motivo alcune fonti affermano che in giro per il mondo ci sarebbero oltre seimila hacker istruiti direttamente da Pyongyang.
Come ha collezionato Kim Jong-Un un tale tesoro in bitcoin?
A febbraio è stato messo a punto un attacco a Bithumb.com, il quarto sito al mondo per dimensione dedicato al trading di criptovalute. L’attacco hacker ha compromesso i dati personali di oltre 31 mila utenti, il 3% degli iscritti al sito. Per restituire i dati personali sono stati chiesti diversi milioni, ovviamente in bitcoin. Non è stata mai rivendicata la paternità dell’attacco, per cui l’intelligence sudcoreana pensa proprio al governo nordcoreano come autore.