La centenaria e famosa rivista americana, nata nel 1905 e dal 1998 su internet con il sito Variety.com, ha pubblicato la lista dei 10 peggiori film del 2020. A stilarla Owen Gleiberman e Peter Debruge, entrambi nel ruolo di critico cinematografico capo per la rivista, motivando anche le ragioni delle loro scelte e come queste vengono fatte:
“Come scegli i film più brutti dell’anno? In un certo senso è facile. Un film che è abbastanza brutto da guadagnarsi un posto in questa lista è, come un grande film, non uno che scegli veramente. E’ lui che ti sceglie. Sembra un giudizio, e anche duro, ma è davvero una sensazione, che il film in questione sia così mal concepito, così poco drammatico o poco divertente o contorto o semplicemente noioso, che guardarlo è sufficiente per causare dolore.”
Seppur abbiano avuto difficoltà nel fare la selezione, dato i pochi film che a causa della pandemia hanno fatto il loro debutto nelle sale, i due critici sono riusciti nell’impresa; andiamo a vedere quali sono i 10 film peggiori per Variety!
I 5 peggiori film per Owen Gleiberman
1- Dolittle, regia di Stephen Gaghan
(Disponibile su Amazon Prime Video). Se per il critico il reboot con Eddie Murphy del 1998 era mediocre, questo remake interpretato da Robert Downey Jr. è la peggiore tra tutte le trasposizioni fatte dal romanzo di Hugh Lofting. La recitazione del nostro Iron Man è definita meccanica e il personaggio ha poche interazioni con gli animali, ritenuti anch’essi poco affascinanti, ma piuttosto si perde in conversazioni con se stesso e la trama è traballante e pasticciata.
2- L’ultima cosa che voleva (The last thing he wanted), regia di Dee Rees
Due errori sono contestati al film dal critico. Il primo, quello di aver voluto fare la trasposizione cinematografica di uno dei libri peggiori di Joan Didion, un racconto in cui si narrano le vicende di una giornalista del Washington Post la quale diventa una trafficante di armi per il governo americano. Il secondo errore, il cast, composto da Anne Hathaway, Ben Affleck e Willem Dafoe, i quali sembrano incapaci di gestire un linguaggio spionistico e recitando come se si trovassero in una pellicola noir.
3- Sto pensando di finirla qui (I’m thinking of ending things), regia di Charlie Kaufman
Definita dal critico “una Twilight Zone depressa e mezza cotta”, Gleiberman dice che se il regista ci aveva abituato a trame che stuzzicavano il cervello e il cuore, questa volta Kaufman invece crea enigmi strani e scollegati che non si dipanano in una risoluzione, con la storia incentrata su un gruppo di personaggi poco empatici o con lo stile da soap opera. Nel cast Toni Collette, David Thewlis, Jesse Plemons e Jessie Buckley.
4- Eurovision Song Contest. La vera storia dei Fire Saga (Eurovision Song Contest- The story of Fire Saga), regia di David Dobkin.
Seppur il critico dica che Will Ferrell abbia un discreto numero di fan che lo seguono e che considerano questo lavoro “espressione ironica di sincerità pop”, per Gleiberman il film non è divertente. Battute fredde e piatte, privo di satira sull’Eurovision Song Contest come invece ci si sarebbe aspettati e un duo di attori (partecipa al film anche Rachel McAdams) che non convince.
5- L’ospite d’onore (Guest of honour), regia di Atom Egoyan
In concorso al 76° Festival di Venezia, per il critico il regista continua ad usare i suoi vecchi strumenti: ispettori pignoli, conducenti di autobus poco raccomandabili, indiscrezioni sessuali con minori e segreti nei misteri all’interno di flashback, uniti in un melodramma familiare che si svolge in un ristorante dove vengono servite orecchie di coniglio fritte. Un film definito, come il piatto servito nel locale, “poco appetitoso”.
I 5 film peggiori per Peter Debruge
1- L’uccello dipinto (The painted bird), regia di Vaclav Marhoul.
Tratto dal romanzo di Jerzy Kosinski del 1965, un racconto pubblicato come autobiografico ma poi rivelatosi finzione, in cui si raccontano gli orrori a cui dovette assistere un bambino durante la seconda guerra mondiale. Secondo il critico, il regista ha visto del buon materiale nel libro con cui creare un film d’arte, ha avuto un cast eccellente (Harvey Keitel, Stellan Skarsgard e Udo Kier), ma è stato esageratamente crudo nell’esporre gli eventi, tanto che, come confessa Debruge, ha dovuto interrompere la visione dopo una scena particolarmente toccante e crudele del film ed uscire dalla sala; il critico conclude le sue motivazioni affermando “funziona per alcuni, ma non sforzarti”.
2- 365 giorni (365 DNI), regia di Barbara Bialowas e Tomasz Mandes
Definito dal critico “un flaccido sequel” di After e “l’equivalente sul grande schermo di una produzione teatrale amatoriale di una scuola superiore, solo più stravagante”, un thriller ridicolo softcore con Sindrome di Stoccolma annessa e una storia che, se i film americani sono fin troppo pudici, quella raccontata in 365 giorni ci riporta a fantasie vecchie e costruite intorno ad un “tragico” senza fine.
3- Artemis Fowl, regia di Kenneth Branagh
Questo titolo Disney doveva eguagliare il successo di Harry Potter, ma l’adattamento dei libri di Eoin Colfer non ha davvero convinto il critico. Debruge dice “Una mostruosità troppo progettata ma poco pensata e incentrata su una mente criminale che non è ancora abbastanza grande per radersi” e che è stato spostato su Disney+ per mascherare il flop che avrebbe sicuramente avuto al botteghino.
4- Le strade non prese (The roads no taken), regia di Sally Potter
Il critico spiega che, nel caso del drammaturgo francese Florian Zeller, il quale in The father ha saputo raccontare la storia della perdita del padre a causa della demenza senile con “astuta empatia” spingendo lo spettatore a mettersi nei panni del protagonista, Sally Porter non riesce a fare lo stesso con il suo film. Se il protagonista Javier Bardem è definito “completamente impegnato dà la sua interpretazione più spiacevole dai tempi di Biutiful”, la cruda reazione di Elle Fanning “rende ancora più difficile da sopportare in un film che Potter doveva chiaramente fare, ma che nessuno ha bisogno di vedere.”
5- Capone, regia di Josh Trank
Non è stato gentile il critico con questa pellicola interpretata da Tom Hardy, definito “un attore infernale, ma qui si sta superando troppo, rendendo difficile superare la performance e connettersi con un mostro che sta marcendo dentro e fuori”, e che il regista ci ha raccontanto il momento meno avvincente della vita di un ganster anziano “doppiamente spiacevole quando vediamo questo antieroe incontinente che si arrabbia e si infuria e sporca le sue lenzuola”.
(Fonte: Variety.com)