Honey Boy uscirà al cinema il prossimo 5 marzo e racconterà la difficile storia di Shia LaBeouf, una storia di violenza, eccessi, pressioni e sofferenze, una storia di arte, passione e impegno, una storia di alte vette e profondi baratri. Una storia di errori e rivincite.
Shia Labeouf ha sceneggiato quest’autobiografia in cui da volto a suo padre, affiancato da Lucas Hedges (Ben is back, Manchester by the sea), Noah Jupe, Byron Bowers, Laura San Giacomo, Natasha Lyonne, Maika Monroe, FKA Twigs, Clifton Collins Jr., Martin Starr, Mario Ponce.
Diretto da Alma Har’el, Honey Boy racconta la storia di Otis Lort, (Noah Jupe) un giovane attore che tenta di placare l’agitazione della sua mente attraverso il cinema ed un mondo fatto di sogni e speranze, in cui si rifugia per sfuggire alla realtà. Il suo successo è l’unica cosa in grado di creare un legame tra lui e il suo violento ed assente padre (Shia LaBeouf), più votato all’alcoolismo che alla paternità. Otis (che da adulto viene interpretato da Lucas Hedges), vive dunque sulla propria pelle i disturbi, le ossessioni e le manie del padre sino a farli propri e a lasciare che gli condizionino l’intera esistenza.
A quanto pare, non è stato affatto facile per Shia aprirsi in questo modo al mondo e raccontare la parte più intima, delicata e “scomoda” della sua vita e della sua carriera. Honey Boy è un lavoro al quale LaBeouf è giunto dopo un lungo e sofferto percorso di disintossicazione e potrebbe anche essere considerato come una parte consistente della terapia che l’ha condotto alla consapevolezza di sé e alla completa ripresa.
Una sottile dedica alle fragilità e alle debolezze umane, al difficile mestiere del genitore e al segno che si lascia nelle vite dei propri figli, un omaggio a tutti quelli che cadono e seppur con difficoltà, si rialzano. La rivelazione della sofferenza che si cela dietro ai personaggi che siamo abituati a vedere sempre in tiro o sempre sorridenti e che, sbagliando, mitizziamo e riteniamo “immuni al dolore“.
La critica non è impazzita per il film e qualcuno lo ha definito troppo confusionario e poco definito, ma personalmente credo che un lavoro che segua il reale flusso di coscienza vissuto da una persona sarebbe fin troppo artificioso se risultasse schematizzato, chiaro ed organizzato. La vita è tutto il contrario, perdonate il francesismo, ma la vita è un gran casino!
Il film è stato girato in soli dieci giorni e per convincere suo padre ad accettare che Shia ne raccontasse la vita, l’attore gli ha promesso che nel film il suo personaggio sarebbe stato interpretato da Mel Gibson. Una bugia bianca!