Hammamet
Regia: Gianni Amelio; sceneggiatura: Gianni Amelio e Alberto Taraglio; fotografia: Luan Amelio Ujkaj; scenografia: Giancarlo Basili; costumi: Maurizio Millenotti; montaggio: Simona Paggi; trucco: Andrea Leanza, Federica Cstelli, Massimiliano Duranti; colonna sonora: Nicola Piovani; interpreti: Pierfrancesco Favino (Il Presidente alias Bettino Craxi), Livia Rossi (Anita alias Stefania Craxi), Alberto Paradossi (Bobo Craxi), Luca Filippi (Fausto), Silvia Cohen (Anna, la moglie), Renato Carpentieri (il politico), Claudia Gerini (l’amante), Federico Bergamaschi (il nipote), Roberto De Francesco (il medico della clinica psichiatrica), Adolfo Margiotta (l’attore), Massimo Olcese (la drag queen), Omero Antonutti (il padre), Giuseppe Cederna (l’amico Vincenzo); produzione: Agostino e Maria Grazia Saccà per Pepito Produzioni, Rai Cinema e Minerva Pictures; origine: Italia – 2020; durata: 126′.
Trama
Maggio 1989. A Milano, Bettino Craxi viene confermato segretario al congresso del PSI con una percentuale di voti del 92%. Primo e fino ad allora unico socialista ad essere stato premier, egli si prepara a tornare al governo. Il suo vecchio amico Vincenzo (Balzamo, l’unico nome vero citato tra i personaggi del film) gli si presenta dopo la vittoria: è preoccupato, perchè sotto inchiesta, sospettato di aver intascato tangenti per il partito, ma il segretario liquida le sue preoccupazioni, come frutto di una paranoia immotivata. Hammamet, fine anni’90. Bettino Craxi è stato costretto all’esilio: vive in Tunisia, lontano dall’Italia per sfuggire alle condanne che lo hanno colpito in seguito all’inchiesta “Mani pulite” che ha svelato il malaffare e le tangenti grazie alle quali i partiti politici si finanziavano. Assistito dalla figlia e indebolito dalla malattia l’ex primo ministro accoglie in casa Fausto, il figlio di quel suo amico che aveva tentato d’avvertirlo e gli confida, in video, i retroscena della sua Caduta. Una a una vengono a trovarlo le figure del suo passato: un vecchio avversario democristiano, il quale sostiene che il peggio sia ormai alle spalle e che i tempi siano maturi per il ritorno in Italia: non in politica, quella è una stagione conclusa, l’ex presidente dovrebbe accontentarsi di rientrare alla chetichella, come un uomo comune.Potrebbe tornare in Italia, malato com’è sfuggirebbe al carcere e potrebbe curarsi, ma rifiuta per non dare soddisfazione a coloro che ne hanno fatto il simbolo di “Tangentopoli”, umiliandolo. Lui che durante la “crisi di Sigonella” si era opposto agli Americani. Si fa operare in Tunisia, supera l’intervento che lo lascia debilitato. Sogna di rivedere il padre, tra le guglie del Duomo di Milano, sogna le monellerie che combinava da bambino, i vetri del collegio frantumati con la fionda. Morirà pochi mesi più tardi. Sua figlia si reca in un istituto d’igiene mentale, dov’è ricoverato Fausto. Il giovane le consegna le registrazioni delle confidenze del padre, che ella custodirà. Si allontana. Dissolvenza.
Il Giudizio del redattore
Doverosa una premessa: io quegli anni non li ho vissuti,ero troppo piccolo per comprendere gli eventi di allora, se non per ricordarli. Mi sono accostato al film con interesse, sperando che potesse offrirmi una panoramica sul Craxi politico, sulle sue contraddizioni e sulla fine della Prima Repubblica, della quale era stato uno dei protagonisti. So che il film parlerà dell’esilio e del declino, ma sono speranzoso. Resto deluso: Amelio non è Bellocchio, non ha la sua forza iconoclasta (Vincere 2003) e non è nemmeno il Paolo Sorrentino de Il Divo, che strizza abilmente l’occhio allo spettatore con riferimenti scoperti, nomi reali e una messinscena briosa. Il regista dà per scontata la conoscenza degli eventi precedenti, cui fa cenno solo nel prologo e concentra lo sguardo sul Craxi-uomo al tempo dell’esilio: sono pochi gli accenni alla sua carriera politica, come quello alla “crisi di Sigonella” (riguardava la sorte dei sequestratori della nave Achille Lauro, rei di aver ucciso anche un cittadino statunitense: giunti alla base NATO di Sigonella, in Sicilia, Craxi rifiuta di consegnare il leader Abu Abbas agli americani, aprendo una crisi diplomatica, ricomposta col presidente Reagan solo mesi più tardi) . I personaggi sono maschere, archetipi spesso anche slegati, quanto a somiglianza fisica, dalle loro controparti reali. Amelio insiste nel non fare nomi e quando questi sono inevitabili li modifica, quasi temendo di distrarre lo spettatore (penso a Ciriaco De Mita, attuale sindaco di Nusco alla veneranda età di 91 anni, definito semplicemente “l’Irpino”); tutti salvo quello di Vincenzo Balzamo, l’amico preoccupato, morto suicida nel novembre 1992. Eccezionale l’interpretazione di Pierfrancesco Favino che, dopo Tommaso Buscetta ne Il Traditore , ritrae un altro personaggio cardine della storia recente del nostro paese,imitandone in tutto e per tutto persino la voce oltre all’aspetto, quest’ultimo perfetto grazie ad un trucco stupefacente, che per ogni giornata di riprese ha richiesto cinque ore e mezza per essere applicato. L’attore racconta: “Ogni giorno l’applicazione del trucco era un’esperienza di trasfigurazione: passavo da essere Aldo del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo a Mastro Lindo Infine,con l’applicazione dei capelli e quando inforcavo gli occhiali sentivo cambiare perfino il mio modo di respirare, oltre ai gesti e alla camminata, che avevo studiato con attenzione. Craxi era più alto di me, quasi 1 metro e 92 e aveva mani con dita molto lunghe, per simulare quell’effetto ho deciso di farmi crescere le unghie”. Ho molto apprezzato anche Livia Rossi nel ruolo di Anita/Stefania, la figlia amorevole che ha accudito l’ex leader socialista negli anni di vita ad Hammamet. Ultima curiosità, il film è stato girato nella vera casa tunisina di Craxi, dove ancora oggi risiede la vedova. La storia è interessante, ma prosegue con un ritmo blando, ravvivato da alcuni colpi d’ala, come il sogno nel quale il Presidente incontra il padre, morto da anni e rivive la propria infanzia trascorsa in collegio, per assistere poi ad una rappresentazione farsesca ed umiliante della sua persona, in quello che sembra un onirico locale di cabaret (così simile al Bagaglino di Pingitore nella sua volgarità) fino al finale tragico e noto a tutti, della morte, di cui oggi ricorre il ventennale.