“Qui è Jack Burton, del Pork-Chop Express, che parla a chiunque sia in ascolto. Come dicevo sempre alla mia ultima moglie, io mi rifiuto di guidare più veloce di quanto possa vedere, e a parte questo è solo una questione di riflessi. I consigli del vecchio Pork-Chop Express sono preziosi, specialmente nelle serate buie e tempestose, quando qualche maniaco alto due metri e mezzo e con l’occhio sanguigno vi artiglia il collo e vi pianta l’unica testa che avete contro la parete di un bar chiedendovi se avete pagato il conto… Voi fissate a vostra volta il primitivo negli occhi e ricordatevi quello che il vecchio Jack dice sempre in casi come questi. Domanda: Jack hai pagato il conto? Sì, ti ho spedito l’assegno per posta. Ragazzi con questo non voglio dire che sono un uomo di mondo e che la vita per me non ha più segreti, anzi, sono convinto che il nostro pianeta ci riservi ancora molte sorprese e che bisogna essere dei deficienti per credere che in questo universo siamo soli.”
Ah, Jack Burton. Canotta bianca, capello lungo e stivali sopra i jeans, tutto squisitamente anni 80. In effetti siamo nel 1986 quando nelle sale esce questo film in cui cattivi dai poteri magici, antiche leggende, esplosioni verdi e gente che sfonda soffitti volando convivono in armonia. Grosso guaio a Chinatown (Big Trouble in Little China) è la piena espressione del cinema hollywoodiano degli eigthies: esagerato, fracassone e divertente da morire. Ma andiamo con ordine.
Jack Burton, il suo camion e un’avventura folle…
Il rozzo camionista Jack Burton accompagna l’amico Wang Chi all’aeroporto ad attendere la fidanzata dell’amico, la bellissima Miao Yin. Siamo a San Francisco, le gang comandano per le strade con la violenza ed i Signori della Morte rapiscono la ragazza. Il mandante è il misterioso e anzianissimo Lo Pan, che necessita di una vergine dagli occhi verdi per realizzare un’antica profezia che gli permetterebbe di riacquisire la forma umana ed abbandonare quella di spirito alla quale una maledizione lo aveva condannato. Vittima del furto del suo prezioso camion, il nostro Jack si unisce all’amico Wang e all’anziano Egg Shen con la speranza di ritrovare ragazza e veicolo: è il momento di aprire la mente ed affrontare pericoli e nemici che il protagonista americano non avrebbe mai immaginato di incontrare.
John Carpenter e la sua idea di action comedy
A metà degli anni 80 il cinema di Hong Kong vive il momento di massimo splendore e il regista, che ha appena messo le mani su Zu Warriors from the Magic Mountain del produttore e regista di Saigon Tsui Hark (se dai un’occhiata al trailer nel link, noterai come questa pellicola è stata fonte di ispirazione per molte produzioni famose), ha l’intuizione di una sintesi audace tra il fantasy di Hong Kong e l’action avventuroso americano (reduce dalla sbornia di Indiana Jones) con l’aggiunta di humor hollywoodiano. Ed ecco il risultato: Grosso guaio a Chinatown è un piccolo film (diventerà grande in seguito) che al botteghino fu un flop colossale, incassando poco più di 10 milioni di dollari a fronte di un budget di più del doppio. Complice anche la 20th Century Fox che in quell’anno si concentrò sulla promozione di Aliens – Scontro Finale di James Cameron, lasciando al progetto di Carpenter pochissima attenzione.
Le difficoltà della produzione, dallo script al cast
Partiamo col dire che il film inizialmente era stato pensato dagli sceneggiatori Goldman (La Storia Fantastica, Tutti gli Uomini del Presidente, Il maratoneta, Misery non deve morire) e Weinstein (insieme al fratello Bob fondatore della Miramax) come una pellicola d’ambientazione western il cui protagonista era un vecchio cowboy dal passato misterioso che arriva in città e libera la ragazza dalle grinfie dello stregone malvagio Lo Pan. La 20th Century fox non accettò, anche perché in quel periodo bisognava puntare sulla sperimentazione e sulla fantascienza; il soggetto venne così riscritto con un’ambientazione più moderna ma lasciando gli elementi più orientali, inediti per il cinema di allora.
La casa di produzione aveva inoltre le idee chiare sul protagonista. I nomi in ballo erano Jack Nicholson e Clint Eastwood, ma il regista non era d’accordo. Carpenter voleva a tutti i costi Kurt Russell con il quale aveva già lavorato in Elvis, Il re del rock del 1979, 1997: Fuga da NewYork del 1981 e La Cosa del 1982, ritenendo che il personaggio di Jack Burton fosse cucito perfettamente per l’attore di Springfield. Nonostante la volontà assoluta del regista, non fu facile convincere Russell dato che il personaggio protagonista del film non gli piaceva molto; l’attore non riusciva ad inquadrare bene il ruolo, non sapeva come calarsi nei panni del camionista. Solamente leggendo più volte la sceneggiatura si convinse che Burton era un eroe casinista, uno sbruffone che si dà un sacco di arie ma che in realtà combinava un pasticcio dopo l’altro. Proprio questo aspetto eleva la pellicola ad un livello superiore; l’umorismo contenuto nei 99 minuti e l’ironia del protagonista rendono la visione estremamente piacevole e spassosa.
Un altro aspetto innovativo introdotto dal film è il fatto che il protagonista può tranquillamente essere considerato una spalla. Non siamo di fronte al tipico eroe tutto d’un pezzo, indistruttibile ed implacabile, bensì ad un “cialtrone” con tanta buona volontà (fare lo spaccone per fare colpo sulla giornalista che accompagna il gruppo nell’avventura è una motivazione importante per le vicende della trama!). La scena in cui Jack entra in azione sparando una raffica di mitra verso l’alto, con il soffitto che gli crolla sulla testa mettendolo fuorigioco è il riassunto di quanto scritto finora. E le frasi… Le parole che escono dalla bocca di Jack, da sole, valgono il prezzo del biglietto. Frasi come quella iniziale, quella finale e le chicche esclamate lungo tutta l’avventura, contribuiscono allo status di cult movie più che meritato da questo film. “Ok, voi tenete il fortino e conservate vivo l’amor di patria. E se non torniamo per l’alba… chiamate il Presidente”: si può considerare poesia?
Il più competente, sicuro ed imperterrito Wang, che dovrebbe essere considerato il sidekick dell’avventura, ecco che invece prende in mano la situazione in più occasioni risolvendo, di fatto, la maggior parte dei problemi.
Jack Burton & Friends
Come già detto, l’eroe (anche se un po’ atipico) è Kurt Russell, attore statunitense protagonista di decine di film famosi. I suoi primi ruoli risalgono ai primi anni 60, quando recita in varie serie tv. Alla fine del decennio firma un contratto con la Walt Disney Company, diventando la top star nel 1970. Conosce il successo nei primi anni 80 proprio grazie a John Carpenter che lo vuole ne La Cosa, gli benda un occhio trasformandolo in Jena Plissken e lo butta nel mondo esoterico di Grosso guaio a Chinatown. E poi Tombstone, Stargate, Miracle, Poseidon e la collaborazione con Tarantino in A prova di morte e, alcuni anni dopo, in The Hateful Eight. Dennis Dun è l’amico Wang Chi, l’attore californiano l’abbiamo visto nel bellissimo L’anno del dragone del 1985 con Mickey Rourke, ne Il Signore del male del 1987 (sempre di Carpenter) e nel film di Bertolucci, L’Ultimo Imperatore del 1987. La giornalista Gracie Law è interpretata da Kim Cattrall; l’attrice di Liverpool ha recitato in Porky’s – Questi pazzi pazzi porcelloni del 1981 (l’American Pie di noi degli anni 80!), in Scuola di Polizia del 1984, nel film Turk 182 del 1985 (anche questo film è una gran bella chicca!), ne Il Falò delle vanità del 1990 e più recentemente in Sex and the City 2 e L’uomo nell’ombra del 2010. Nel cast troviamo anche Suzee Pai nei panni della bellissima Miao Yin, Victor Wong (visto ne Il Bambino d’oro con Eddie Murphy: ricordi la scena del mendicante?) che interpreta il saggio Egg Shen e James Hong, il malvagio David lo Pan.
E il regista? Beh, Carpenter non è l’ultimo arrivato… Tra i suoi successi ricordiamo Halloween – La notte delle streghe del 1978, 1997: Fuga da New York del 1981 ed il seguito Fuga da Los Angeles del 1996 , La Cosa del 1982, Christine – La Macchina infernale del 1983, Essi vivono del 1988 (il regista avrebbe voluto ancora Kurt Russell per questo film) e lo splendido Il seme della follia del 1994.
Se non l’hai visto, fai di tutto per farlo perché questo film è uno dei film cult più rappresentativi degli anni 80. Le musiche, gli effetti speciali, la trama strutturata come i livelli di un videogames fino al boss finale… Tutto trasuda eighties, dall’inizio alla fine. Eroe, cattivi, battute, azione e magia: tutti gli ingredienti per un tuffo di testa nel cinema di tanti anni fa.
E ricorda: se “L’uomo coraggioso ama sentire la natura sulla pelle, L’uomo saggio ama usare l’ombrello quando piove!”