Grand Army ha debuttato su Netflix il 16 ottobre ed ha riscosso un discreto successo rivelandosi il teen drama che nessuno si sarebbe aspettato di vedere.
https://www.youtube.com/watch?v=Fb30tUGqaCk&ab_channel=Netflix
Composto da nove episodi della durata che varia tra i 45 ed i ben 70 minuti, Grand Army è tratta dalla pièce teatrale Slut di Katie Cappiello e forse avrebbero potuto mantenere il titolo originale per dare meglio l’idea della serietà degli argomenti affrontati in questa serie TV intensa ed emotivamente coinvolgente.
Cappiello ha lavorato per anni al teatro con i giovani, ne ha appreso personalmente le diverse difficoltà, i dolori e le battaglie quotidiane e ha deciso di raccontarli facendo conoscere al mondo le fragilità, le complesse personalità e soprattutto l’unicità di ciascuno.
Ha scelto attentamente i temi da trattare e li ha adattati a cinque protagonisti inseriti in un contesto metropolitano e caotico di una città come New York aggiungendovi le sfide del nostro tempo che rendono l’esistenza angosciante, instabile e ancor più gravosa: il terrorismo e la pandemia.
Odley Jean è Dominique “Dom” Pierre, Maliq Johnson che interpreta Jayson Jackson, Amalia Yoo nei panni di Leila Kwan Zimmer e Amir Bageria è Siddhartha Pakam. I cinque giovani interpreti sono davvero estremamente bravi e rendono giustizia, devo ammettere con tutto il resto del cast, alle storie narrate.
Ciascun episodio inizia con una frase/interrogativo digitato sullo schermo di un PC e con la relativa risposta/considerazione, si conclude. Una puntata di Grand Army tira l’altra e non soltanto per l’intensità con cui si segue la storia, ma anche per la voglia di scoprire l’autore misterioso di quei messaggi che talvolta appaiono condivisibili, ma mano a mano si fanno più brutali e violenti.
Hanno tutti amore nelle loro vite. E’ l’assenza di rispetto ad essere disgustosa.
Gli studenti della Grand Army sono simili a tanti altri, le loro storie sono quelle di moltissimi coetanei: c’è il giovane talentuoso e preparato che spera di entrare ad Harvard, ma non riesce ad ammettere a se stesso e agli altri di essere gay; c’è la ragazza cresciuta troppo in fretta con ambizioni grandi tanto quanto le sue responsabilità; c’è lo studente un po’ turbolento giudicato per il colore della sua pelle e non per le indubbie doti artistiche, c’è una bella cheerleader emancipata e disinibita che suscita invidia e ammirazione e infine una timida ragazza alla disperata ricerca di attenzione.
Potrebbe sembrare che alcuni personaggi siano più approfonditi di altri, ma personalmente non ho avuto questa sensazione, ho “letto” ciascuna storia come un’esperienza a se stante e forse il personaggio in questione (non faccio spoiler) è il più complesso di tutti e, come accade anche nella realtà, non penso che vi sia un lieto fine nel suo caso proprio per tutte le ragioni che sembrano essere “lasciate in sospeso”, non sono tralasciate, sono solo irrisolte.
Le scene di Grand Army sono concepite per essere dirette e realistiche così come lo sono dialoghi ed ambientazioni. Sono reali gli eccessi, lo sono i drammi che vediamo rappresentati e lo sono anche le reazioni che conseguono alle azioni. E’ una scuola di vita questa serie TV, è una sorta di via di mezzo tra quello che avrebbe potuto essere Tredici e quello che sta realizzando Euphoria, senza gli eccessi della seconda e senza le banalizzazioni della prima.
Assolutamente promossa!