(Al momento in cui scrivo, Gli anni belli è disponibile in esclusiva su RaiPlay).
Baggio calciava alto il rigore a Pasadena, e io staccavo la corrente al campeggio. Una 16enne piena di ideali, ingenua, che recitava slogan non calzanti, con la passione, però, di chi il mondo lo vuol cambiare per davvero.
Agli altri pischelli del Bella Italia mi ero dichiarata maggiorenne, una bugia innocente, ricordo, con il registro della reception, chissà perché, che ne segnava 17.

Non era entusiasta mio padre Eugenio della cosa. Rimandata in greco, la materia che insegnava da una vita, con l’aggravante, peraltro, dei pomeriggi passati ai comizi radicali, velleitari anche agli occhi di mamma.
Il villaggio vacanze della nuova gestione era un autentico Bengodi. 1 2 3 4 5 6 7 8, 1, giù i glutei. L’acquagym ti svuota la mente. Ma i programmi senza pensieri non finivano lì, tra serate in discoteca a tema preistorico e improbabili corsi di salsa e merengue.
D’altonde Nicola era fatto così. Dopo le indagini su De Pedis, il vecchio Direttore, le cui voci di corridoio sull’intascarsi mazzette di straforo parevano confermate, la palla era passata a lui, sempre pronto a servire, divertire e soddisfare la folta clientela della struttura.
Caricature, forse, dal leghista del Club padano ai griglia procioni della Calabria Saudita, dalla Theron dei tarocchi al divino Socrate, dalla cicuta bevuta alle domande da porci, dai panini rubati alla rosa della scorpiona.
Per fortuna, tuttavia, che mi son liberata del giogo degli adulti, e ho fatto amicizia con un paio di ragazze di Lesmo, presso Barcellona, in compagnia di due artisti pandamuniti, con cui ho condotto la mia battaglia all’ordine costituito, tra trombe d’aria e superliquidator, ovviamente on the beach.
Che dire di più delle mie memorie da crazy. Ero giovane, ricca di vita, una rivoluzionaria contro il mainstream. E oggi, cronista online, ripeto le stesse parole dei giornali degli Agnelli. In fondo anche sexy Battiato la cantava sempre sotto la doccia: nasci da incendiario, muori da pompiere, dicono. Però adesso basta, hugoinomani, lasciatemi consumare, vi prego, che è giunta l’hour dell’alternativa moderna allo spritz, e io, vergognosamente, sono ancora sobria.
Gli anni belli, io vs RaiPlay
Non so quante volte ho detto a Elena che non deve scolarsi i drink d’un fiato. L’ho lasciata sul materasso di casa barcollante, a 47 anni non può più permettersi certe scorribande.
Sbiascicava sul Capitale, di quando armata di cinepresa imprimeva il mondo su pellicola. Non sai che Asmr mettere per dormire? Vediti il film su di me. Poi mi ha sboccato sulle scarpe. Poesia.
A ogni modo, dopo un paio di crash made in RaiPlay, finalmente son riuscito nell’impresa. Un’ora e 36 minuti non proprio spettacolari, ma comunque godibili, con l’unico esito finale possibile, l’ultima canzone visibilmente emozionati.
Un esperimento particolare la pellicola diretta da Lorenzo d’Amico de Carvalho, che nel 2022 gira un film sul 1994 con gli stilemi registici tipici del periodo, un racconto di formazione che fa volare la memoria indietro di decenni, anche negli aspetti più kitsch della faccenda.
Una Elena, interpretata da Romana Maggiora Vergano, che appare fuori tempo massimo già 30 anni fa, con la pretesa di perenni anni ’70, pur nella comprensibile perplessità verso l’offerta culturale proposta dal Biscione.
Stupisce, comunque, come la sinistra dell’epoca riuscisse a mettere in scena rapporti uomo-donna migliori delle produzioni attuali, dato che Elena il suo Ken non lo rifiuta compatendolo, seppur sia impegnata per l’emancipazione femminile al pari della fashion doll glitterata.
Un filmetto, sia chiaro, dove il macchiettismo abbonda anche nei personaggi con la testa sulle spalle, da Eugenio, il padre interpretato da Ninni Bruschetta, fino a Adele, la madre interpretata da Maria Grazia Cucinotta, classiche figure da scontro generazionale vecchio stile.
Un’opera, dunque, più da piccolo schermo che da cinema 4K o streaming RaiPlay, perché sì, preferisco la pubblicità ad andare in sala con ste sneakers insozzate, ma soprattutto, accidenti, detesto le app con una user experience degne del peggior Fausto Bertinotti.