Full Time: Al cento per cento
Il 18 marzo, alle ore 19:00, mi sono recato presso il cinema centrale di Torino per assistere alla proiezione in anteprima del secondo lungometraggio del regista francese Eric Gravel, Full Time: Al cento per cento. Appena entrato, il regista ha dato il benvenuto al pubblico in sala e ha iniziato ad introdurre il film:
Il tema del lavoro mi sta particolarmente a cuore e ho deciso di dedicarmici. Volevo che la protagonista fosse una donna single, con delle esigenze che gli è difficile soddisfare. L’idea era quella di mostrare una donna isolata e sola, nella quotidianità che lei abita.
Oltre a parlare del film, il regista si è anche soffermato nel raccontare la sua infanzia e che cosa l’abbia spinto a realizzare questo film.
Io provengo da una famiglia modesta, in cui mio padre era un operaio e ha dovuto provvedere alla famiglia da solo. Quando un figlio osserva un padre complicarsi la vita per dare un futuro ai suoi figli, inizi a porti delle domande.
Full Time: Al cento per cento è stato premiato nella sezione orizzonti per la miglior regia alla 78º edizione del festival di Venezia, e vede come interpreti: Laure Calamy, Lucie Gallo, Anne Suarez, Cyril Guei e Agathe Dronne.
La recensione di Full Time: Al cento per cento
Il film ha inizio dal risveglio della protagonista, Julie (Laure Calamy), che si prepara ad affrontare una nuova ed intensa giornata di lavoro. Da quel momento fino alla fine, non avrà un attimo di staticità. Con un ritmo deciso e coinvolgente, il regista ci fa immergere di colpo nella vita di Julie, costretta ogni mattina a dover lasciare i suoi bambini alla anziana vicina, la signora Lusigny, e a dover compiere stressanti corse dalla sua casa nei sobborghi parigini fino alla movimentata capitale, in cui i continui scioperi rendono la vita dei pendolari impossibile.
Lo sciopero sarà l’elemento principale del film che causerà la maggior parte dei problemi a Julie, obbligata a prendere ogni giorno dei percorsi diversi per raggiungere il luogo di lavoro, un Hotel a cinque stelle in cui svolge il ruolo di capo cameriera (il suo compito è quello di ripulire e preparare le camere degli ospiti) compito che si rivelerà essere sempre più arduo. Nel mentre è in cerca di un impiego che la possa aiutare meglio economicamente, e che causerà ulteriori guai. Man mano che il film prosegue, diventiamo testimoni delle continue sfide che Julie ogni giorno deve affrontare, e che la portano a scontrarsi con un mondo ingiusto e che non la comprende.
Il personaggio di Laure Calamy sembra quasi destinato a doversela cavare da solo, perché le uniche persone che possono darle una mano, la madre e l’ex marito, sono distanti da lei e non si palesano nemmeno sullo schermo, la loro presenza è scandita solo attraverso il telefono, e nel momento in cui l’aiuto si presenta rimane solo per poco tempo.
Ma proprio mentre si è indotti a pensare che dall’ultima batosta non potrà più riprendersi, nel finale, Full Time: Al cento per cento regala un immagine potente: Julie in lacrime al telefono che apprende la notizia di aver conquistato l’impiego nell’azienda che desiderava. Grazie a questa scena, Eric Gravel dimostra come i più grandi sforzi possano sempre venire ricompensati.
La scrittura di Full Time: Al cento per cento è a dir poco eccellente, perché vi sono tutti gli elementi che portano lo spettatore a provare compassione verso Julie e rabbia nei confronti delle persone che la calpestano, e si va a creare quel desiderio di voler penetrare all’interno del film per dare una mano alla protagonista. Ciò pero non sarebbe stato possibile senza la commovente e coraggiosa performance di Laure Calamy, che è riuscita a portare sullo schermo un personaggio in grado di rispecchiare una realtà che in pochi nella vita vera sono abituati a vedere.