Ciò che è iniziato come una piccola polemica si è trasformata in una bufera mediatica e culturale che scuote le fondamenta del mondo dell’audiovisivo, sollevando interrogativi spinosi sulla gestione dei fondi al cinema italiano. Al centro della polemica, l’attore pluripremiato Elio Germano, il ministro Alessandro Giuli e un sistema di finanziamento che molti accusano di opacità e conflitti d’interesse.

La miccia viene accesa durante la cerimonia tenutasi al Quirinale poche ore prima dei David di Donatello 2025. Elio Germano aveva lamentato la gestione problematica dei finanziamenti pubblici e lo stato di abbandono del cinema italiano. Qualche giorno più tardi, durante un incontro organizzato dal quotidiano Domani al teatro Franco Parenti di Milano, Germano, fresco vincitore di un David di Donatello come miglior attore protagonista per Berlinguer, ha colto l’opportunità per rispondere alle critiche arrivate da Alessandro Giuli, ministro della Cultura, che lo aveva accusato di fare parte di una “minoranza rumorosa” che si esprime spesso, ma senza avere realmente qualcosa da dire.
La questione: come funzionano i fondi per il cinema
Per comprendere la portata dello scontro, è essenziale entrare nel merito del sistema contestato. Il principale strumento di sostegno è il Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo, gestito dalla Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura (MiC), con un budget annuo significativo (nel 2023 circa 400 milioni di euro, destinati a salire). Questo fondo eroga contributi attraverso due principali meccanismi: il contributo automatico, basato sugli incassi al botteghino delle opere precedenti di un produttore (più un film ha incassato in passato, più contributo ottiene per il successivo) e il contributo selettivo, assegnato da commissioni di esperti nominate dal MiC che valutano progetti sulla base di criteri artistici, culturali, tecnici e industriali.
Secondo l’attore, lo Stato beneficerebbe economicamente del settore cinematografico, sostenendolo però troppo poco e, allo stesso tempo, dando maggiore rilevanza a prodotti facilmente commerciabili, accantonando prodotti di qualità. Germano ha ribaltato le critiche di Giuli, affermando che il vero dramma sta in chi governa senza ascoltare i lavoratori del cinema, molti dei quali sono attualemnte senza lavoro.
Al contempo, però, l’attore è stato criticato anche da Maurizio Belpietro su La Verità, dove ha dichiarato che, nonostante le lamentele dell’attore, soltanto in un caso i film con Germano tra i protagonisti hanno incassato di più nelle sale rispetto a quanto hanno ricevuto dallo Stato.
Fondi al cinema italiano: una nuova riforma per le risorse
Al di là della vicenda tra Giuli e Germano, questo caso solleva interrogativi fondamentali in merito alla distribuzione dei finanziamenti pubblici e questo perché è evidente che il sistema attuale necessiti di una revisione profonda.
Sarà fondamentale una riformulazione del modo di gestire i finanziamenti nel mondo audiovisivo italiano, con maggiore trasparenza nelle commissioni e nelle valutazioni dei prodotti artistici e culturali e attraverso meccanismi dedicati ai giovani e alle opere prime. Gli enti che governano tali dinamiche, per missione istituzionale, dovrebbero sostenere il cinema e le sue opere come espressione culturale e identitaria.
Criticare l’attuale gestione non significa rifiutare il principio del sostegno pubblico. Al contrario, è proprio perché si riconosce il valore strategico del cinema che servono più risorse, accompagnate da criteri chiari e democratici.
La sfida per il futuro
La sfida ora è trasformare questa crisi in un’opportunità. Le richieste di una ridefinizione degli obiettivi del sostegno pubblico sono legittime e urgenti. L’auspicio è che il MiC, il Parlamento e le altre parti coinvolte colgano l’occasione per avviare una riforma coraggiosa che garantisca sia la vitalità industriale che la libertà creativa.
La vera posta in gioco sta nella volontà di riconoscere che il cinema è un bene comune. Le critiche all’opacità del sistema non delegittimano il sostegno pubblico: ne chiedono un uso più nobile, lungimirante e giusto. Solo così i fondi non saranno un salvadanaio per pochi, ma un motore per tutti coloro che hanno storie da raccontare. Aumentare le risorse senza cambiare le regole sarebbe ipocrisia. Cambiare le regole senza aumentare le risorse sarebbe miopia. Il cinema italiano, invece, merita entrambe le cose.