(Al momento in cui scrivo, Ferrari è disponibile su Prime Video).
Dopo la buona performance di Barcellona, ma, soprattutto, la medaglia d’argento di Monaco, la Scuderia Ferrari ha un attimo di respiro, in attesa dei prossimi impegni di metà giugno, con i semafori del Mondiale pronti a spegnersi in vista dell’appuntamento estivo d’oltreoceano.

Una storia, quello del Reparto Corse, al di là del perenne presentismo dell’oggi, la cui origine è da rintracciare nel lontano 1929, che trova poi compimento nel 1947, con la fondazione del marchio automobilistico più iconico al mondo.
Diretto da Michael Mann, invece, il film del 2023 pone il focus sui risvolti del 1957, tra le vicende personali e aziendali di Enzo Ferrari, culminate nella partecipazione delle sue vetture all’ultima edizione della leggendaria Mille Miglia.
Ferrari: dramma introspettivo bocciato, i motori prima di tutto
Non il classico biopic, come mi aspettavo, dunque, ma appena uno scorcio della vita del Drake, dieci anni dopo la costituzione della nuova società, in un momento di crisi e trasformazione.
Scelta interessante, quantomeno sulla carta, che mette a schermo avvenimenti non conosciuti ai più, che, però, non restituisce allo spettatore una immagine identificabile del protagonista.
Ciò non tanto per la prova attoriale di Adam Driver, quanto piuttosto per la scrittura del personaggio, eccessivamente appiattito sulla scomparsa di Dino, con una insistenza sulle difficoltà familiari che non fa emergere l’essere umano che vi è dietro.
Stesso discorso vale per Laura, nonostante l’intensa interpretazione di Penélope Cruz, con un close-up di 34 secondi che, oltre a palesare la varietà espressiva dell’attrice spagnola, rappresenta tutto ciò che c’è di sbagliato nel film. Per non parlare di Lina, una pacata Shailene Woodley, la quale ha mera funzione narrativa accanto al suo Piero.
Una produzione americana, tuttavia, che riesce a trasmettere l’idea di italianità della storia, tra le melodie del Bel Paese che fu e una Modena viva nel quotidiano, con una fotografia ispirata e una regia d’autore, in grado di stupire e annoiare.
Un’opera che non spiega, forse in un eccesso di show, gradevole sul versante visivo ma troppo lenta nello sviluppo della trama, in special modo nella prima ora. Per giunta, va sottolineato, al netto di effetti speciali da Windows 98.
La tensione si concentra nella seconda parte, nel mezzo della corsa, in cui è prevedibile possa accadere qualcosa di eclatante, nelle insidie di una traversata lunga mezza Italia. Ma anche qui, non molto dai personaggi, è la scena a prendere il sopravvento.
Colpisce, dalla prospettiva odierna, la semplicità di un mondo dove si viene e si va in un battito di ciglia, in fondo Enzo Ferrari non ti ha offerto il posto da pilota giusto perché è scattato il verde a Largo Garibaldi, cercalo in pista, di sicuro andrà meglio che in strada.
Di me s’è detto che sono cinico, che manipolo la stampa, che ho reso grande la Ferrari. Maestro del calcolo, primatista di sconsideratezza. Ma alla fine sono soltanto un uomo, e nell’esaltante fremito della vittoria, accada quel che accada, cerco a ogni curva il senso della mia vita…