Sfruttando la moda del momento, Adam Robitel ci porta un gigantesco complesso di Escape Room, dove il prezzo per chi ci mette troppo tempo ad uscire, è la propria vita…
Le escape room sono attualmente considerate tra le attività più divertenti, stimolanti e, talvolta, terrificanti da svolgere con amici, parenti o colleghi. Disseminate praticamente in qualsiasi angolo di centinaia di città del pianeta, stanno letteralmente prendendo possesso di palazzi abbandonati, vecchi uffici e cantine in disuso, tutte location trasformate a piacimento dai gestori dell’escape room o in alcuni casi addirittura allestite da architetti, grafici e scultori che hanno lavorato a volte anche per costruire le scenografie dei più famosi parchi divertimento. Per chi non lo conoscesse, il gioco consiste nell’uscire da una stanza, o da un complesso di stanza, entro un certo tempo limite, nella maggior parte dei casi fissato in 60 minuti scaduti i quali si viene liberati dal cosiddetto Game Master che dichiara persa la sfida o in alcuni casi, la cosidera completata solo per una certa percentuale. Per poter raggiungere una via d’uscita è necessario sfruttare tutti gli elementi della stanza che possano ricondurre ad indizi necessari ad aprire cassetti, sportelli, bauli che spesso a loro volta celano combinazioni oggetti o chiavi necessarie per proseguire nel gioco o sbloccare ulteriori indizi, in una sorta di enorme effetto matrioska. In alcune stanze, poi, a rendere più complicato il tutto, viene aggiunta la componente horror: suoni sinistri o presenze inquietanti pervadono la stanza mentre i concorrenti cercano di rimanere concentrati mentre risolvono gli enigmi.
Proprio la componente horror delle escape room, ha evidentemente ispirato Adam Robitel, già regista dell’ultimo episodio della saga di Insidious, e lo sceneggiatore Bragi F. Schut, che nel 2011 ha scritto la sceneggiatura de L’ultimo dei templari con Nicholas Cage, a sviluppare un film che ruota proprio attorno ad un complesso di escape room.
Zoey, Ben, Jason, Mike, Amanda e Danny sono persone dalle caratteristiche molto diverse, ognuno con i propri pregi e difetti. Con la promessa di un premio di 10.000 dollari in caso di vincita (il trailer dice erroneamente che il premio è di un milione di dollari), sono tutti invitati a testare un nuovo complesso di escape room, definito uno dei più immersivi mai visti, la cui uscita dalle stanze non è mai stata raggiunta da nessuno. Dopo essersi conosciuti, in quella che sembra essere una sala d’attesa, si rendono conto che in realtà il gioco è già iniziato, e sembra essere più immersivo di quanto loro non desiderino, al punto che la prima stanza comincia lentamente e letteralmente a cuocerli a fuoco lento. Si rendono conto che, data l’assenza di personale e di suggerimenti, dovranno cavarsela con le loro forze, il loro intuito e il loro ingegno per passare indenni alla stanza successiva ed arrivare così sempre più vicino all’uscita e alla salvezzai. Scopriranno che durante la loro avventura sono costantemente osservati e che le stanze sono state appositamente costruite per mettere alla prova proprio loro. Scappare non sarà più solo una questione di vita o di morte, ma servirà a condurli da chi ha tramato il piano pensato per ucciderli tutti.
Il nuovo film di Adam Robitel, non può certamente considerarsi il capolavoro dell’anno, ma ha avuto un discreto successo, vuoi per il voluto richiamo a una delle mode più attuali, vuoi per la costante paura del rimanere intrappolati in una stanza, che ha ispirato tantissimi film, tra i quali anche 1408 con John Cusack, o Cube del 1997 che sfrutta un concetto molto simile in cui alcune persone si risvegliano, senza ricordarsi come ci sono finite, all’interno di una stanza cubica, all’apparenza vuota, ma che conduce verso altre stanze altrettanto simili ognuna cosparsa di tranelli pericolosi e apparentemente senza una via d’uscita, o ancora Shining il capolavoro di Stanley Kubrick del 1980 tratto da uno dei romanzi più celebri di Stephen King (il quale non ha apprezzato per niente il film che sarebbe poi diventato un cult) che estende il concetto ad un intero albergo dove ogni stanza cela un segreto o un pericolo. Il film, a fronte di una spesa di “soli” 9 milioni di dollari, ne ha guadagnati, come incasso totale, più di 100 diventando uno dei migliori lavori in quanto a rapporto tra spesa di produzione e incasso totale. La storia è semplice, i personaggi sono ben delineati e volutamente “distaccati” fra di loro. Le loro personalità infatti sono estremamente diverse le une dalle altre, ma ognuno contribuirà ad aiutare gli altri nel proseguire nel gioco mortale in cui sono coinvolti.
Il cast comprende Taylor Russell (Judy Robinson nella serie Netflix Lost In Space), Logan Miller (The Bling Ring, The Walking Dead), Jay Ellis che sarà presente nel cast del sequel di Top Gun in uscita nel 2020, Tyler Labine (Dirk Gently – Agenzia di investigazione olistica), Deborah Ann Woll (True Blood, Daredevil) e Nik Dodani, conosciuto per il ruolo di Zahid, l’amico smaliziato del protagonista nella serie Atypical.
Il film presentato come un thriller-horror, manca completamente della componente horror, diventando di fatto un thriller ad altissima tensione. Per tutta la vicenda infatti, lo spettatore rimarrà con il fiato sospeso, fino all’ultimo minuto. La curiosità la farà da padrona e ci si chiederà spesso come i protagonisti troveranno il modo di uscire da una o dall’altra situazione o dove si celeranno gli indizi necessari a trovare la prossima via d’uscita. Le stanze diventeranno via via sempre più particolari e pericolose e metteranno a dura prova le forze fisiche e mentali dei “concorrenti”.
Nonostante manchi una componente horror, che per come è stato presentato il film, ci saremmo aspettati di vedere, il film è tecnicamente ben strutturato, la storia si dipana senza difficoltà e lascia spazio a colpi di scena davvero inaspettati, compreso il finale che lascia presagire la presenza di un sequel, già confermato dalla produzione e dallo stesso regista e la cui uscita è prevista per il prossimo anno.