Il 24 aprile 2020 in Egitto è uscita una nuova serie televisiva estremamente dibattuta intitolata El-Nehaya-“La Fine“ tradotto in lingua italiana, ambientata in un futuro non lontano, precisamente nell’anno 2120, in una realtà liberticida. All’inizio del primo episodio vediamo un professore, interpretato dal noto attore egiziano Youssef el Sharif, che conferisce con i suoi studenti della “guerra per la liberazione di Gerusalemme” che ha avuto luogo poco meno di cent’anni prima che avvenisse la fondazione della città di Israele (avvenuta il 14 maggio 1948). La narrazione si apre in una realtà nella quale Israele è stato annientato e gli Stati Uniti, indicati come “i favoreggiatori dello stato sionista“, hanno recesso da ogni tipo di rapporto socio-politico. La serie si compone di undici episodi dalla durata di 45′ l’uno.
La serie televisiva è stata fortemente criticata dal governo di Israele. Il primo a muovere critiche allo show è stato il ministro degli Esteri Israeliano, Yisrael Katz, il quale ha qualificato la serie tv “inopportuna e inverosimile“, soprattutto perché i due paesi, Egitto e Israele, “hanno costituito un trattato di pace che perdura da 41 anni“.
In uno dei momenti salienti della prima puntata di El Nehaya, il professore dichiara agli studenti che durante la guerra di liberazione di Gerusalemme gli Ebrei che si trovavano in Israele “fuggirono via e fecero ritorno ai loro paesi natali“in Europa, tuttavia non si fa menzione alcuna riguardo al destino che attendette agli ebrei le cui famiglie discendevano da altri paesi del Medio Oriente. Altra causa di critica da parte di Israele si basa sul fatto che la serie sia stata prodotta da Synergy, una delle più note e grandi società di produzione egiziane,la quale ha legami diretti con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi (salito al potere per mezzo di colpo di stato il 3 luglio 2013 e tutt’ora in carica). Lo Show inoltre è trasmesso dall’emittente televisiva On, anch’essa di stampo filo-governativo.
Il 26 marzo 1979 a Washington il Presidente dell’Egitto (Anwar al Sadat) e il Primo Ministro di Israele (Menachem Begin) ricevettero il Premio Nobel per la Pace nel 1978, a seguito degli accordi di Camp David; dopo una sanguinosa guerra durata sei anni e dopo tanti dubbi i due capi di stato firmarono un memorabile trattato di pace, sotto la spinta di due eventi: l’uccisione del presidente Sadat il 6 dicembre 1981 per mano di Khalid Al-Islambuli, jihadista fondamentalista, e l’espulsione dell’Egitto dalla Lega Araba. Da quel giorno tra i due paesi si è instaurata una proficua collaborazione su diversi ambiti, soprattutto sulla sicurezza e sul rafforzare l’embargo sulla Striscia di Gaza. Il popolo egiziano, però, ha sempre provato astio nei confronti del popolo di Israele e si è sempre mostrato solidale alla causa palestinese.
Il Jerusalem Post, nota testata giornalistica conservatrice israeliana, in un articolo ha esortato il proprio governo ad attuare sanzioni e a non limitarsi solamente a ammonire l’Egitto, segnalando una nota del trattato di pace del 1979, che sancisce che ambo le parti debbano “esimersi dal fare proselitismo ostile gli uni contro gli altri”. Tuttavia si apprende che il governo egiziano non ha ancora espresso la sua opinione al riguardo.