Usciti i dati ISTAT sulle presenze al cinema dal 1993 a oggi. Vediamo come sono cambiate le cose in 25 anni.
Per chi ama il cinema, il modo di essere ricambiati è sapere che ci sono spettatori in sala; un po’ come ricevere un regalo per San Valentino. Per questo ogni tanto ci interessa vedere lo stato di salute del cinema.
È appena uscita l’ultima statistica ISTAT “I cittadini e il cinema”; vediamo quali sono i risultati.
Se nel 1993 il 9,5% dei cittadini andava al cinema con regolarità, oggi sono il 7,7%. In compenso, chi si siede saltuariamente sulle poltroncine è salito dal 20,9% al 30,1%, ovvero un 9% abbondante, non male.
In 25 anni sono aumentate di più del 10% le donne che vanno al cinema almeno una volta l’anno: dal 37,6% al 48,8%; più modesto l’incremento maschile: da 44,0% a 50,5%. Oggi il 49,6% delle persone di oltre 6 anni è andato al cinema almeno una volta, nel 1993 solo il 40,7%. Fra questi, il 30,1% ci va saltuariamente, da 1 a 3 volte in un anno, l’11,7% da 4 a 6 volte l’anno e solo il 7,7% più di 7 volte l’anno.
Rispetto all’età un’altra buona notizia: la maggior parte degli spettatori ha meno di 14 anni e, ancora di più sono quelli fra i 14 e i 24 anni.
Rispetto alle regioni il Centro batte tutti (54,5%), il Nord è al 50,2%, il Sud e Isole con valori sotto la media nazionale (46,1%).
Rispetto alla cultura: il 70,9% sono laureati. Infine, prevedibilmente, il 66,7% di chi ha ottime risorse economiche va al cinema, mentre solo il 36,6% di quanti non dispongono di risorse riesce a vedere un film.
Rispetto ai generi: le commedie battono tutti (54,1%), seguono i film d’azione e d’avventura (48,6%), staccati i film comici (36,9%), più o meno alla pari il resto; ovvero film drammatici al 28,6%, i cartoni animati al 28%, i gialli/thriller al 26,3%, fantascienza/fantasy al 22,1% (credevo di più).
Fra le motivazioni per andare al cinema,
il 32,9% ci va perché è proprio il film che aspettava di vedere. Fra quelli che non ci vanno, 40,2% ha dichiarato che preferisce guardarsi i film in televisione.
Diciamo che non è una situazione catastrofica,
visti anche gli infiniti medium di cui si dispone oggi per vedere un film; forse, tutto sommato, al cinema non ci si va tantissimo, ma film se ne vedono di più e neanche questo è un male. Ma come si potrebbe attirare ancora più spettatori in sala e, soprattutto, come fare per fargli spegnere i cellulari (o almeno evitare di rispondere in sala) e non commentare ogni singola scena del film? È ovvio che non abbiamo soluzioni, soprattutto per quanto attiene la seconda questione. Però, mettendo a frutto il nostro punto di vista, relativo a una piccola città di provincia ma con un gran numero di studenti universitari (quindi quelli che vanno più spesso al cinema secondo l’ISTAT) e con un buon cineclub, ossia L’Arsenale, un paio di suggerimenti ci azzardiamo a darli.
Innanzitutto, come abbiamo già detto altrove (vedi: La crisi del cinema e Il cinema italiano in crisi di creatività? O solo colpa di Netflix?), il costo del biglietto andrebbe ridotto, non solo il mercoledì, ma almeno tutti i giorni feriali. Mica è detto che uno abbia tutti i mercoledì liberi, alla lunga il numero degli spettatori aumenterebbe e l’incasso, proporzionalmente, anche. Poi se il sabato e la domenica il biglietto costa di più, pazienza; è una delle leggi più banali del mercato che a una maggior domanda si alza il prezzo dell’offerta e la nostra è un’economia di mercato, come ormai ben si sa.
Poi gli eventi.
Quando all’Arsenale c’è un incontro col regista oppure con un esperto che spiega qualche particolare interessante relativo al cinema, la sala letteralmente scoppia dalla gente e spesso bisogna tornarsene a casa a orecchie basse perché i posti sono esauriti. Non è certo facile farlo in tutte le sale e/o in tutte le città, ma neanche una cosa impossibile, visto che si riesce a fare in una cittadina di provincia.
E questo non sembrerebbe difficile da realizzare, più difficile entrare nel merito della qualità. Tanto per autocitarci di nuovo, un film di Stanley Kubrik in televisione perde più della metà del suo fascino, un film di Zalone si può vedere anche sullo schermo di un Commodore c-24 a led verdi. I film della Marvel, per esempio, non saranno all’altezza di 2001 odissea nello spazio, ma hanno tutta una serie di immagini, effetti, suoni, che in televisione non rendono per nulla; infatti, normalmente, appena escono, i cinema sono pieni, poi magari si rivedono anche in televisione, ma la prima volta vanno visti sul grande schermo. In molti film è proprio quello che manca. In genere sono anche belle storie che, però, non sono supportate da una fotografia e, soprattutto, da una regia che fa rimpiangere di averle viste solo in TV.
I costi per produrre un film sono diminuiti, il cinema diventa un’arte alla portata di molti. Film ne escono tantissimi ed è un gran bene. Ma, paradossalmente, quelli belli per davvero, anziché aumentare proporzionalmente, sono sempre di meno.
Perché per vedere una regia fatta come cristo comanda bisogna aspettare Nanni Moretti, che fa un film ogni morte di papa, o Sokurov o Greenaway, ovvero, sempre gli stessi? Questa è una domanda destinata a rimanere senza risposta. A meno che i registi bravi abbiano smesso di nascere più di 60 anni fa e poi c’è stata una mutazione genetica, tipo X- men, ma al contrario.