Tim Burton porta sullo schermo la versione live-action di Dumbo, dopo quasi ottant’anni dall’uscita del cartoon Disney, omaggiando la storia originale e ampliandola ulteriormente
Nel 1941 usciva nelle sale Dumbo – L’elefante volante portato sullo schermo da diversi registi e animatori. Il soggetto nasce da un racconto di Helen Aberson e le illustrazioni di Harold Pearl che avevano lavorato assieme per il prototipo di un giocattolo chiamato “Roll-A-Book” una sorta di libro interattivo le cui pagine anziché essere sfogliate, venivano avvolte su una sorta di doppia bobina e si facevano scorrere con una manovella.
La Disney avviò il progetto relativo al lungometraggio di Dumbo principalmente per risollevarsi dalle perdite causate dal lungometraggio precedente, Fantasia, che aveva richiesto un impegno finanziario non da poco, ma all’epoca, nonostante le critiche molto positive, non aveva attratto il pubblico. Dumbo, con i suoi 64 minuti di durata, è uno dei lungometraggi Disney più brevi esistenti e fu considerato uno dei maggiori successi della casa produttrice negli anni ’40, il tutto con un costo di produzione pari alla metà di quanto speso per Biancaneve. Alcune delle sue sequenze, sono entrate nella storia del cinema d’animazione, una fra tutti, la scena dai tratti allucinogeni, degli elefanti rosa, visti da Dumbo e dal topino amico Timoteo a causa di una sbronza involontaria.
E oggi, nell’epoca dei reboot, degli spin-off e delle trasposizioni live-action, Tim Burton ha deciso di farci rivivere l’avventura dell’elefantino dalle orecchie spropositate, proseguendo così la sua filmografia che racconta di personaggi considerati diversi e spesso emarginati dalla società e raccontando il loro riscatto, proprio grazie ai motivi per cui vengono derisi da tutti. Dumbo ha i numeri per diventare uno dei maggiori successi dell’anno. Uscito nelle sale da appena due giorni, è già al top delle classifiche in tutto il mondo, complice anche una campagna mediatica martellante in puro stile Disney.
Burton ha deciso di omaggiare il film d’animazione, puntando però molto di più sulla parte umana, che nel film del ’41 faceva semplicemente da contorno alla storia vissuta dagli animali parlanti (tutti, tranne il piccolo Dumbo). Vedrai quindi il treno Casimiro percorrere gli Stati Uniti per trasportare lo spettacolo itinerante attraverso vari paesi, le cicogne che attraversano il cielo giusto la sera prima dell’arrivo del cucciolo di elefante dai grandi ed espressivi occhioni azzurri, la piuma magica che farà scoprire a Dumbo la capacità di usare le sue orecchie come ali per volare e lo straziante canto di mamma Jumbo, rinchiusa in una gabbia, al suo piccolo, per rassicurarlo. Tutto questo però sarà accompagnato da una storia i cui protagonisti sono gli stessi circensi e, soprattutto Holt Farrier, al ritorno dalla guerra, che in precedenza si esibiva in un numero a cavallo assieme alla moglie e che si ritroverà, a causa di difficoltà economiche, a dover badare al nuovo arrivato che verrà addestrato a lavorare con i clown e farà vedere a tutti di cosa è capace.
Venuto a conoscenza delle capacità del cucciolo di elefante, il freddo imprenditore Vandevere, visita il circo dei Fratelli Medici proponendo di trasferirsi tutti nel suo Dream Land, un gigantesco parco divertimenti in cui, assieme alla splendida acrobata francese Colette Marchant, Dumbo diventerebbe la star principale dello show e promettendo agli artisti del circo una vita confortevole all’interno di un’immensa magione pensata solo per loro. Naturalmente nulla è come sembra e i piani di Vandevere si riveleranno più maligni di quanto ci si aspetti, ma Holt e i suoi bambini, che si prendono cura di Dumbo, faranno di tutto per proteggerlo dalle insidie del malvagio imprenditore e per farlo ricongiungere con la sua mamma.
Annunciato ormai nel 2014, il periodo di gestazione di Dumbo è stato particolarmente lungo e l’idea di vedere la storia dell’elefante volante trasposta in un mondo reale, all’inizio ha fatto storcere il naso a molti. Addirittura sono comparsi alcuni meme che ritraevano Johnny Depp, collaboratore storico di Tim Burton, con proboscide e orecchie giganti.
Burton ha in realtà portato al cinema una trasposizione frizzante e relativamente fedele al film originale, la quale in realtà occupa solo una prima parte del film. Il regista ha infatti dichiarato di aver lavorato a Dumbo come fosse una sorta di sequel e la storia si tiene in piedi piuttosto bene ed è continuamente accompagnata da omaggi legati al film d’animazione, compresa la scena degli elefanti rosa, qui visibili da tutto il pubblico del circo (nel film d’animazione li vedevano solo Dumbo e Timoteo) perché generati con delle bolle di sapone.
C’è da dire però che lo stile di Burton, un tempo inconfondibile e difficilmente imitabile, si è un po’ perso e, soprattutto in Dumbo, sembra particolarmente legato alle convenzioni Disney che gli impongono probabilmente un certo limite di sceneggiatura facendogli però perdere quella verve tipica che ci ha insegnato ad amare negli anni. Il suo stile però si riconosce, sopratutto nella fotografia. Netta la differenza tra le scene del “circo di paese” e quelle girate in Dream Land. Le prime sature, brillanti e ricche di colori, le seconde decisamente più dark, dominate da toni scuri e contrastati da colori giallo-oro tipici dello stile steam-punk con il quale sembra sia stato ideato l’intero parco divertimenti.
Inoltre, la musica di Danny Elfman, da sempre colonna portante dei film di Burton, sicuramente contribuisce ad attribuire al film un’atmosfera più riconoscibile. Il compositore è stato bravissimo a comporre dei temi musicali originali, richiamando e accennando però quelli tratti dal cartone animato, in particolar modo il tema dedicato al treno Casimiro, e quello che sottolineava la sequenza degli elefanti rosa. Presente inoltre la canzone “Bimbo mio”, interpretata da Elisa nella sua versione italiana, che sottolineava le scene del primo teaser trailer del film. Grandiosa, come sempre, la parte corale, punto di forza delle opere di Elfman, che esplode soprattutto nei momenti in cui il piccolo protagonista vola sopra agli spettatori stupiti, e contribuisce a rendere ancora più commoventi le scene più toccanti del film.
Nel cast, ritroviamo alcune vecchie conoscenze del regista, in particolar modo Danny DeVito e Michael Keaton, che già avevano lavorato assieme proprio in Batman – Il Ritorno dove uno interpretava Pinguino e l’altro il protagonista mascherato. Ritorna anche Eva Green, che con Burton ha ben tre collaborazioni all’attivo. Compresa quest’ultima, infatti, l’abbiamo vista anche in Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali e in Dark Shadows. New entry invece per Colin Farrell nel ruolo di Holt Farrier e per i piccoli Nico Parker e Finley Hobbins nel ruolo dei figli.
Per quanto riguarda Dumbo e gli animali del circo si è deciso di optare per la computer grafica, naturalmente, un po’ come accadrà anche nel live-action di Jon Favreau Il Re Leone. Per Dumbo, in particolar modo, sono state studiate le espressioni, che si leggono chiaramente sui suoi enormi occhi azzurri che farebbero intenerire chiunque al solo sguardo e ricordano molto i grandi occhi protagonisti dei bambini dipinti da Margaret Keane in Big Eyes. Il problema è che il piccolo elefante del film, forse si vede un po’ troppo poco. La storia infatti si dipana principalmente tra i protagonisti umani, e chi conosce a menadito il cartoon potrebbe rimanere deluso dalla quantità limitata di scene che lo vedono protagonista. Dumbo lo si vede, ma forse gli avrei dedicato qualche momento in più…
L’elefantino di Tim Burton quindi vola alto, anche al botteghino, dove sta facendo grandi numeri, ma lo stesso regista sembra rimanere ben piantato con i piedi per terra e per gli amanti dello stile da lui imposto negli anni è una mezza delusione. E’ anche vero che per raccontare la storia di Dumbo, forse non c’erano molti altri mezzi possibili, però forse ci si sarebbe potuti aspettare qualcosa di un po’ meno “commerciale”.