E’ indubbio che Fedor Dostoevskij sia uno di quegli scrittori che abbiano saputo meglio descrivere l’uomo in tutte le sue turbolenze emotive, e non è un caso che psichiatria, filosofia, letteratura, arte e qualsiasi forma artistica o medica legata alla mente o al cuore dell’uomo, sia stata inevitabilmente, direttamente o indirettamente, influenzata dal grande scrittore russo, che con i suoi scritti meglio di molti altri seppe raccontare il tormentato e diviso uomo del Novecento.
I fratelli d’Innocenzo, famosi per film di grande successo di critica e pubblico come La terra dell’abbastanza, America Latina e Favolacce, tornano, questa volta con una serie televisiva targata Sky, chiamata appunto Dostoevskij, al cinema dall’11 al 17 luglio (in autunno invece arriverà su Sky Original in sei episodi).
Il grande scrittore russo tornerà quindi più prepotentemente che mai, ovviamente non in prima persona, ma che attraverso le sembianze di un killer moderno, viene citato a mo’ di lettere con alcune delle sue più celebri massime sulla vita, lasciando dietro di se una scia di sangue che costringerà il solitario poliziotto, Enzo Vitello, a dover non solo decriptare questi messaggi per risolvere l’enigma che si cela dietro l’identità di Dostoevskij, ma che dovrà fare i conti, suo malgrado, con i suoi di fantasmi, che non risolti in passato incominceranno nell’infittirsi della trama sempre di più a tormentarlo ad ogni suo passo.
Dostoevskij, Filippo Timi e il suo inquietante “sosia”
Ad interpretare questo tormentato poliziotto sarà Filippo Timi, il grande attore-regista perugino, famoso al grande pubblico spesso per quel suo piglio ironico presente nella sua recitazione, che lo ha reso celebre nei panni del barista-detective Massimo Viviani nella fortunatissima serie Sky I delitti del BarLume o in ironici film come per esempio Com’è bello far l’amore del 2012, ma che durante tutta la sua carriera artistica ha dimostrato ben più di questo e una grande versatilità in molti campi nell’ambito della recitazione e non solo, essendo anche tra le altre cose uno scrittore affermato.
Celeberrime e di gran livello restano alcune delle sue interpretazioni a livello drammatico, su tutte resta indimenticabile la sua duplice interpretazione del duce e del figlio illegittimo di questo in Vincere del 2009 di Marco Bellocchio.
In Dostoevskij lo troveremo in una sorta di via di mezzo tra la brillante serie cult di Sky e il doppio Timi interpretato nel film di Bellocchio, in termini dostoevskijani insomma un perfetto esempio di sosia: anche perché se da una parte nella serie dei fratelli D’Innocenzo sarà presente ovviamente la parte del detective-poliziotto, che Timi comunque porterà con se con la sua magnetica presenza per tutta la durata della serie a caccia di questo mostro omonimo del grande scrittore russo, dall’altra ovviamente qui il personaggio si rivelerà essere decisamente più cupo ed oscuro.
Qui troveremo il suo doppio, fragile ed irrequieto, fatto di solitudine, di follia, e di forti sensi di colpa, un uomo votato per professione ad indagare sugli orrori del mondo, ma del quale nemmeno lui sfugge, avendo lui stesso un universo interno disastrato da dover ricostruire a partire dai suoi terribili fantasmi irrisolti e che lo perseguiteranno ad ogni suo singolo passo.
In questo caso non si tratterà quindi di risolvere amatorialmente delitti o crimini in maniera gogliardica nello stile della fortunata saga letteraria creata dalla penna di Marco Malvaldi, ma qui ci troviamo in un mondo oscuro, e in una società che ha voltato le spalle ad una persona, e a cui questa appare fortemente intenzionata a vendicarsi attraverso i suoi crimini letterati, con annesse lettere nel nome di Dostoevskij, nel mezzo, lui, il poliziotto Enzo Vitello, che con tutte le sue fisime personali a perseguitarlo, dovrà cercare di scoprirne l’identità in quella sorta di puzzle di un mondo moderno spezzato al suo interno nato sotto l’influenza del grande scrittore di Delitto e Castigo.
Dostoevskij: Romanzi e cinema, tra grandi serie americane ad indimenticabili film
Una serie che sembra voler ricalcare tra le altre, il grande successo americano di True Detective, celeberrima serie creata da Nic Pizzolato, che nelle sue quattro stagioni fino ad ora andate in onda ha indagato alla sua maniera, l’aspetto più cupo e controverso dell’America più o meno a noi contemporanea.
Altra serial a puntate a cui la potremmo accostare per tematiche è certamente The Following, serie cult nel genere thriller, andata in onda dal 2013 e dal 2015, con Kevin Bacon e un grande James Purefoy, in cui anche lì era presente un detective tormentato dall’oscuro e tormentato passato, e dall’altra anche li avevamo un killer-letterato che in una sorta di delirio di onnipotenza, voluta anche dalla posizione di professore universitario di letteratura inglese e che attorno alla sua figura ossessionata dai romanzi di Edgar Allan Poe, creerà una setta di mansoniana memoria, su cui baserà la sua folle serialità omicida.
Lo stesso scrittore sarà anche, questa volta come protagonista direttamente implicato nella trama nel film Netflix del 2022 The Pale Blue Eye con Christian Bale, in cui Poe si improvvisava addirittura detective di alcuni misteriosi omicidi, tutto questo prima di diventare lo scrittore famoso riconosciuto ancor oggi, e che tante generazioni amanti del gotico, del thriller e dell’horror tanto amano e a cui continuano ad ispirarsi.
Tornando a Dostoevskij nel particolare, spesso la sua ombra si è palesata ben oltre le pur tante riproposizioni cinematografiche dei suoi romanzi; a partire da Travis Bikle, protagonista solitario e tormentato di Taxi Driver di Martin Scorsese, personaggio che sembra uscito secondo l’opinione del critico Geoffrey Macnab, che brillantemente fece notare come la voce narrante nell’incipit di Memorie del sottosuolo somigli molto a quella del personaggio interpretato magistralmente da De Niro.
Altri due grandi autori del cinema del Novecento nei loro film costantemente si sono riferiti spesso a Dostoevskij: Woody Allen e Luchino Visconti.
Woody Allen lo fece in maniera evidente in due dei suo film dei più importanti: Crimini e Misfatti nel 1989 e Match Point del 2005, in cui reinterpreterà a suo modo il grande scrittore russo e il suo capolavoro, Delitto e Castigo, ma con opposti finali, in cui nel primo si conoscerà dietro un delitto una profonda contrizione e volontà di redimersi in cui si lascia intendere però che potrà esserci un futuro meno tormentato per il protagonista.
Nel suo lavoro più recente, con Scarlett Johansson e Jonathan Rhys Meyers, questa possibilità del castigo verrà negata dal caso che non ha voluto smascherare l’omicida e che seppur con i propri spettri, vedrà il protagonista amaro vincitore rispetto alla giustizia terrena che in questo caso non rispetterà il suo normale e giusto corso.
Luchino Visconti, sarà influenzato anch’esso non poco dal leggendario scrittore dei Fratelli Karamazov; non solo per la sua romantica versione cinematografica de Le Notti Bianche con Marcello Mastroianni del 1957, ma per Rocco e i suoi fratelli, film del 1960 con Alain Delon, nella parte di Rocco, che nella sua ingenuità si scorge l’ombra dell’ingenuo principe Lev Myškin de L’Idiota, altro famosissimo protagonista del romanzo scritto da Dostoevskij nel suo soggiorno italiano nel 1869.
Dostoevskij: Il resto del cast e una massima
Nella serie Sky dei fratelli D’Innocenzo ad accompagnare il protagonista Filippo Timi, ci saranno due altri attori fedeli ai registi de La terra dell’abbastanza; Gabriel Montesi (Favolacce, Siccità, Romulus, Christian), Carlotta Gamba (America Latina, Dante) e accanto a questi Federico Vanni (Chiara Lubich – L’Amore vince su tutto, Io sono l’abisso).
Non ci resta che aspettare luglio per vedere al cinema il nuovo interessantissimo lavoro dei fratelli D’Innocenzo, nel frattempo per avvicinarci al clima dostoevskijano che ci apprestiamo a vivere da luglio nei cinema, ci lasciamo con una massima presente in un altro grande classico della letteratura russa, Il Maestro e Margherita di Bulgakov, in cui si esprime, in un contesto di regime sovietico staliniano, il concetto di come Dostoevskij non sia mai morto in realtà, ma che sia immortale, perché di fatto è ancora e sempre ben presente in ognuno di noi, e da luglio anche nei nostri cinema più che mai.
— Siete scrittori? – chiese a sua volta la donna.
— Indubbiamente – rispose Korov’ev con dignità.
— Le vostre tessere? – ripeté la donna.
— Bellezza mia… – cominciò tenero Korov’ev.
— Non sono una bellezza. – lo interruppe la donna.— Oh, che peccato, – disse deluso Korov`ev, e continuò: – Va bene, se lei non desidera essere una bellezza, il che sarebbe stato molto piacevole, può fare a meno di esserla. Dunque, per convincersi che Dostoevskij è uno scrittore, possibile che sia necessario chiedergli la tessera? Ma prenda cinque pagine qualsiasi di qualsiasi suo romanzo, e senza alcuna tessera si convincerà di avere a che fare con uno scrittore. Del resto, immagino che di tessere, non ne avesse neppure una! Che ne pensi? – chiese a Behemoth.
— Scommetto che non ne aveva. – rispose quello, posando il fornello sul tavolo vicino al registro e asciugandosi con una mano il sudore dalla fronte sporca di fuliggine.
— Lei non è Dostoevskij. – disse la donna a cui Korov`ev faceva perdere il filo.
— Be’, chi lo sa, chi lo sa. – rispose lui.
— Dostoevskij è morto. – disse la donna, ma con poca convinzione.
— Protesto! – esclamò indignato Behemoth. – Dostoevskij è immortale.”