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Donne dietro la telecamera: Agnès Varda, un ricordo della regista

Laura Mecozzi 4 anni fa Commenta! 7
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A inizio anno abbiamo inaugurato una nuova rubrica Donne dietro la telecamera per poter parlare in modo approfondito di quelle artiste e di quei tecnici che tanto danno alla settima arte ma che poco vengono valorizzate dal pubblico e dal settore stesso dove operano. Questa volontà è nata dopo l’analisi dei risultati di una ricerca della BBC Culture, un resoconto a dir poco spiazzante dove la presenza femminile nell’immaginario collettivo del mondo cinematografico risulta invisibile. Da qui la volontà e l’esigenza di dar voce a quelle donne, che a nostro parare, meriterebbero una vetrina più ampia nel panorama internazionale. Se la volta scorsa abbiamo parlato di Greta Gerwig, questa volta tocca ad Agnès Varda.

Agnès varda

Agnès Varda può essere tranquillamente considerata una guerriera; è una delle poche artisti delle sua epoca a entrare a far parte del gruppo che ha dato origine alla Nouvelle Vague francese.

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Agnès nasce a Ixelles (Belgio) il 30 maggio 1928 da una madre francese e da un padre greco. Anche se nata nel paese fiammingo, Agnès si trasferisce dopo poco tempo a Parigi dove fin dalla più giovane età mostra interesse per le arti, in particolare la fotografia, grazie alla quale lavorerà presso il Theatre National Populaire di Jean Vilar.

Agnès è sempre stata una donna determinata e fin da giovane sa bene chi è e cosa vuole diventare: all’età 18 anni cambia legalmente il suo nome da Arlette ad Agnès e nello stesso periodo inizia a portare la pettinatura a caschetto che la caratterizzerà per tutta la sua vita.

Il 1954 è segnato da La pointe courte con Philippe Noiret, il primo film realizzato da Agnès con modestissimi mezzi e montato da niente di meno che Alain Resnais.

Sia Philip Noiret che Alain Resnais erano suo amici intimi. Questa prima prova fu seguita cinque anni dopo, quindi in piena Nouvelle Vague, da Cléo dalle 5 alle 7, lungometraggio con Corinne Marchand, incentrato su una cantante ribelle, in attesa di sapere se ha il cancro dopo aver passato una vita fatta di sregolatezze.

Gli anni ’60 sono quelli più produttivi per Agnès, quelli nei quali realizzò le opere più vicine e rappresentative della Nouvelle Vague, mantenendo uno sguardo di riguardo per le condizioni della società dell’epoca, in particolar modo quella femminile. È proprio in questo periodo che farà Il verde prato dell’amore (1965) grazie al quale ha vinto il primo Orso d’argento.

Nel 1968 Agnès prende la difficile decisione di andare a vivere a Los Angeles, dove rimarrà comunque per pochi anni (per la precisione fino al 1970).

Questo breve soggiorno però sarà l’occasione per realizzare sia un documentario sulle Pantere Nere, intitolato Black Panthers e incentrato per l’appunto sul processo fatto ai membri principali di quest’organizzazione, e per conoscere alcuni degli esponenti di spicco della cultura dell’epoca: diventerà amica, tra l’altro, di Jim Morrison (leader dei Doors), a quanto pare proprio perché anche lui aveva studiato cinema all’UCLA (e motivo per il quale probabilmente quest’ultimo arrivato a Parigi nel 71 e stanco del successo avuto con i Doors decide di girare un corto intitolato Il killer dell’autostrada).

Non a caso la Varda farà parte di quella stretta cerchia di persone presenti alla sua sepoltura nel cimitero parigino del Père Lachaise (1971). Questi però non sono stati gli ultimi anni della regista ad Hollywood, che tornerà lì tra il 1979 e il 1981, girando ben due lavori sul graffittismo. Considerando che personaggi come Basquiat e Keith Haring non avevano ancora realizzato ancora nessuna mostra, parlare di questa nuova forma d’arte era decisamente innovativo.

https://www.youtube.com/watch?v=g0ykB4jGaxo

Non solo gli Stati Uniti ma anche l’Italia per Agnès Varda

Agnès Varda non sarà di casa solo negli Stati Uniti ma anche qui in Italia, per la precisione al Lido di Venezia. Dal 1983 sarà una presenza costante del Festival di Venezia: nel 1983 partecipa come membro della giuria per poi essere premiata l’anno successivo, il 1984, con Ulysse come Miglior cortometraggio.

Il Leone d’oro (il maggior riconoscimento ottenuto in tutta la sua carriera) lo ottiene però due anni dopo, nel 1985, con Senza tetto né legge: la pellicola è con Sandrine Bonnaire e racconta in parte la morte misteriosa di una ragazza vagabonda, ricostruendone poi la storia personale attraverso diversi flash-back.

Grazie a un altro incontro fortuito nasce una suo nuovo lavoro: Jane B. par Agnès Varda, frutto dell’incontro del 1987 tra Agnès Varda e Jane Birkin, che stava vivendo uno dei momenti più bui a livello professionale. Tra fiction e documentario questo non sarà l’ultima volta che le due collaboreranno insieme; infatti, l’anno successivo verrà alla luce Kung-Fu Master.

Jacques Demy, suo marito, muore nel 1990 e per superare questo lutto e per ricordarlo girerà tre film (una fiction e due documentari): Garage Demy, Les demoiselles ont eu 25 ans e L’univers de Jacques Demy. La sua carriera non termina qui ma prosegue dopo cinque anni di pausa, realizzando quello che in realtà ama di più: i documentari.

Nel 2005 ha un altro riconoscimento al suo lavoro: il Premio César onorario. Agnés continuerà a lavorare fino alla fine, l’ultimo suo lavoro è del 2017: Visages villages, realizzato insieme all’artista JR.

Il documentario è stato presentato al Festival di Cannes, vincendo il premio de L’Œil d’or, ricevendo poi nel 2018 agli Oscar la candidatura nella categoria miglior documentario (Agnès Varda è ufficialmente la persona più anziana a ricevere una candidata a questa competizione). Sempre durante gli Oscar del 2018 verrà onorata con il premio alla carriera.

Agnès Varda è morta a causa del cancro il 29 Marzo del 2019 a quasi novant’anni nella sua casa a Parigi. Il suo corpo ora giace al cimitero di Montparnasse affianco a quello di suo marito, Jacques Demy.

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