Il film su Diabolik compie cinquant’anni. Che finalmente sia arrivato il momento di fare un sequel?
Diabolik è uno dei fumetti più longevi del mondo dei giornalini a strisce. Non può vantare 70 anni di avventure come Tex, ma è dal 1 novembre del 1962 che esce in edicola ed è sopravvissuto alle sue creatrici.
Ma se ora è un albo abbastanza venduto da non essere messo da parte, negli anni ’60 era una vera mania, tanto che seguirono una schiera innumerevole di imitatori, alcuni dei quali di ottima qualità. Kriminal e Satanik, per esempio, disegnati dal Maestro Roberto Raviola, in arte Magnus, gli stanno per un’incollatura. Per alcuni, un’infima minoranza alla quale appartengo, il Cattivik di Bonvi gli è addirittura superiore, ma Diabolik è stato il primo eroe negativo mascherato.
La saga del criminale in calzamaglia nera, della sua affascinante compagna Eva Kant e del loro ostinato nemico Ginko, stregò i lettori, che aspettavano con impazienza il nuovo numero. “È uscito Diabolik?“, era la domanda che qualsiasi edicolante riceveva più di frequente. Tanto che all’epoca era di moda una barzelletta: l’ispettore Ginko va all’edicola e chiede: “È uscito Diabolik?” L’edicolante risponde di no e Ginko: “Presto poliziotti, circondate l’edicola!”. Stupida, ma dà l’idea del fenomeno.
Diabolik arrivò per vie traverse anche in televisione
Quando Johnny Dorelli gli faceva il verso col suo Dorellik che sta a Diabolik come Rat Man sta a Bat Man. Eppure Dorellik iniziò nella trasmissione Johnny sera, continuò nei caroselli e arrivò al cinema lo stesso anno del film ufficiale su Diabolik con Arriva Dorellik.
Nel 1968, dunque, Diabolik arriva al cinema per la regia di Mario Bava
A interpretarlo è Phillip Law, a suo agio nel mondo delle nuvole parlanti, visto che ha interpretato, nello stesso anno, anche Pygar, l’angelo cieco di Barbarella. Michel Piccoli è un buon Ginko, ma Marisa Mell non regge il confronto con Eva Kant. La Mell incarna il lato sensuale della compagna del criminale, ma Eva è molto di più; è coraggiosa e intraprendente al pari del suo compagno, al quale spesso salva la vita, è sempre misurata e dignitosa. Fa nascere il sospetto che sia la pronipote del filosofo Immanuel; invece Kant è il nome del marito, lord Antony Kant, che l’ha lasciata prematuramente vedova. Come Eva sembrava più adatta Virna Lisi, che le somigliava anche ma, a quanto pare, nessuno ci ha pensato.
Il film di Bava fu, prevedibilmente, stroncato dalla critica, ebbe un discreto successo di pubblico, ma non certo memorabile: era partito con un budget di 200 milioni, che Bava riuscì addirittura a non spendere tutti, e ne incassò 265.
Va detto che era nato male
De Laurentiis aveva pensato a Tonino Cervi, figlio del più noto Gino, il Maigret televisivo, alla regia. Cervi fu un ottimo produttore e infilò vari film di successo, ma come regista non era certo il massimo, infatti fu licenziato dopo una settimana. Dopo altre scelte fallimentari, finalmente subentrò Mario Bava, famoso essenzialmente per i film horror dei quali fu un autentico maestro, riuscendo con mezzi limitatissimi a fare film più che dignitosi. Dalla sua aveva una particolare abilità per creare effetti speciali coi mezzi limitati dell’epoca. Il suo metodo era quello di applicare alla camera da presa dei vetri colorati che, di fatto, riempivano la scenografia che, in realtà, era vuota. E proprio per questo fu scelto, visto che si prevedeva una gran quantità di effetti per Diabolik.
Anche Eva dette del filo da torcere. Per prima fu proposta una modella della
Poi cominciarono le liti fra regista e produttore
Bava, per rimanere fedele al fumetto, voleva inserire numerose scene di violenza, ma De Laurentiis, che temeva la censura, lo obbligò a toglierle. La cosa imbestialì il regista tanto che, quando De Laurentiis gli chiese di girare il sequel, gli fece dire che era diventato invalido permanente e che non si poteva muovere da letto. E, visto il carattere di Bava, non c’è da meravigliarsi.
Come spesso accade, il film fu rivalutato in seguito
Nel suo volume dedicato a Mario Bava, nella collana “Il Castoro Cinema”, Alberto Pezzotta lo definisce “uno dei migliori film pop degli anni sessanta”. Ovviamente ci si è sbizzarriti sui costumi e sugli interni, specie della tana del criminale. Il figlio di Francis Ford, Roman François Coppola, riconobbe il suo debito col film di Bava per il suo film CQ, del 2001.
Un po’ poco per passare alla storia ma, effettivamente, rivedere Danger: Diabolik, che era il titolo completo del film, è una full immersion in un’epoca vitale e incredibilmente creativa: gli effetti sono veramente sbalorditivi, soprattutto considerando i mezzi. Difficile non provare nostalgia, se non addirittura rimpianto.