Il grande regista e interprete di alcune delle commedie più brillanti nella storia del cinema italiano, creatore di un’infinita galleria di maschere comiche, compie 70 anni. Super tifoso romanista, con una passione smisurata per Totti
“Francè, te amo”,
è stato anche capitano della Nazionale Attori.
“L’affetto del pubblico è stato il vero regalo”
dice con il suo sorriso Verdone in un’intervista
“è stato bellissimo, incredibile. Un pò me l’aspettavo, ma non così avvolgente. Da giorni stanno scrivendo bellissime cose e anche la gente per strada, nei pochi momenti in cui esco per andare agli alimentari o in farmacia, mi sorride e mi augura buon compleanno. Qualcuno mi ha detto: “Non si fermi mai”. E’ una parola! Questo affetto a volte è commovente. Mi sono domandato: ma merito veramente tutto questo?
Ho pensato alla mia carriera: ho attraversato tanti decenni facendo tanti film. Qualcuno è riuscito molto bene, qualcuno poteva riuscire meglio, però alla fine la fregatura non l’ho mai data. Sono sempre stati film sinceri, belle interpretazioni. Ci sono tante battute, soprattutto della prima parte della mia carriera, che la gente ricorda e che sono entrate nell’immaginario collettivo. Sono come pilloline della felicità, ti aiutano a essere simpatico, contento. Ci fanno anche tanti meme, magari per prendere in giro qualche politico. Mettono le battute o la mia voce, o magari un mio caratterista come Mario Brega o la Sora Lella. E’ molto bello, vuol dire che hai lasciato qualcosa.”
“So’ tanti ma la mente è lucida e le anche robuste. La corsa continua!”
Nato a Roma il 17 novembre 1950 Carlo Verdone ha come secondo nome Gregorio che nella tradizione è di buon auspicio e infatti la sua carriera, come si dice nella Capitale, è stata “un gran Gregorio”.
E’ figlio d’arte in un certo senso, visto che il padre Mario è uno dei pionieri della storia del cinema in Italia: passione che ha contagiato anche il fratello Luca (eccellente regista di documentari) e perfino la sorella Silvia, moglie di Christian De Sica, nota in casa come la figlia ribelle e affermatasi come buona produttrice in teatro e al cinema.
Di fronte alla sua casa, in pieno centro tra via dei Pettinari e via delle Zoccolette, viveva Alberto Sordi, che lui da piccolo avvertiva già come un mito.
Negli anni successivi racconterà dei sassi che lanciava contro la finestra dell’attore e della sorella che furente lo sgridava dal balcone. E’ il primo contatto con quel gigante che in molti hanno tentato di accostargli per via di quella capacità di raccontare i personaggi anche più differenti, di trasportare sul grande schermo vizi e virtù di un popolo.
Negli anni i due hanno lavorato assieme, come in Troppo forte e in Viaggio con papà.
Carlo, da ragazzo, è uno studente modello, laureato col massimo dei voti, diplomato al Centro Sperimentale prima ancora della laurea, appassionato di musica rock tanto quanto del buon cinema, specie americano.
Agli inizi degli anni 70, mentre sperimenta con i primi cortometraggi, inizia a esprimere la propria vena istrionica nelle cantine del teatro di quartiere, con una serie irresistibile di numeri da cabaret.
Il primo incontro della vita è quello con Enzo Trapani, che lo nota al teatro Alberichino (pare su consiglio del talent scout Bruno Voglino) e nel 1977 lo inserisce nel cast del suo varietà Non Stop.
Il secondo incontro fondamentale è quello con Sergio Leone, che lo “adotta” artisticamente accompagnandone i primi passi al cinema.
Quei personaggi fecero appassionare il maestro Leone che intuì il potenziale dell’attore, capendo che quel successo in tv avrebbe avuto un seguito anche nelle sale.
Il primo film fu Un Sacco bello, un cult per eccellenza, poi arrivò Bianco, rosso e verdone con la Sora Lella.
Battute e malinconia il comico è il suo marchio di fabbrica, ma Carlo insegue già percorsi più ambiziosi e segreti come si vede in Borotalco del 1982.
Nonostante la pressione dei produttori punta a ritrovare i sapori della migliore commedia all’italiana e per questo avrà in Alberto Sordi, come già detto, un altrettanto indispensabile mentore.
Due volte faranno coppia a regie alternate: In viaggio con papà e Troppo forte, tanto che il grande Alberto lo elegge a suo discepolo prediletto; ma anche da questa maschera Verdone sfuggirà presto guardando a modelli diversi. Guarda al cinema americano rileggendo a suo modo in Compagni di scuola un film generazionale come Il grande freddo, mette in campo le sue passioni (il rock) e le sue fobie (l’ansia) in racconti personali come Maledetto il giorno che ti ho incontrato o Ma che colpa abbiamo noi; rivisita in chiave più matura il suo passato in “Viaggi di nozze“, cerca di mettere se stesso e le sue fragilità in lavori come “Io e mia sorella” o “Al lupo al lupo“.
Film in cui non viene certo abbandonato il gusto della battuta ma si accoppia a un timbro più disincantato, attento alla realtà.
I suoi personaggi sono cresciuti con lui: hanno fatto carriera, hanno perso certezze e spesso il lavoro, hanno vissuto crisi matrimoniali e familiari, hanno guardato dentro se stessi, spesso costretti dalle circostanze. L’ingenuo sprovveduto dei primi anni ha lasciato il passo a un uomo maturo che non si vergogna di mostrarsi senza punti fermi, sorretto solo da una morale con cui fin troppo spesso ha dovuto venire a patti.
Nel 2013 Paolo Sorrentino gli ha anche dato la possibilità di esprimersi al massimo come attore puro, con un ruolo dolceamaro nel film premio Oscar La grande bellezza.
Ventisette film da regista, trentanove da attore, con l’ultima fatica Si vive una volta sola fermata due volte dal Covid, Verdone vanta quarant’anni di carriera sul grande schermo premiata con un infinità di riconoscimenti, tra cui nove David di Donatello.
Verdone lo abbiamo conosciuto, apprezzato ed amato attraverso i suoi personaggi, esasperate e studiatissime imitazioni di persone che spesso hanno davvero fatto parte della vita dell’attore romano.
“Sono personaggi entrati nell’immaginario collettivo, così come i tormentoni tipo ‘O famo strano?’ citato pure nei titoli dei giornali, per i più svariati argomenti”,
disse in un’intervista, raccontando di essere affezionato a tutti ma soprattutto al coatto romano e che Furio se lo inventò mixando la pignoleria di un suo zio ai tratti di un professore di latino e greco.
E così sono nati anche Il tontolone con gli occhi al cielo del
“Ma che so’ du’ cervi?”
nello sketch tv di Non stop del ’77, il Leo che tre anni dopo, nel film d’esordio Un sacco bello, anelava Ladispoli, l’Ivano del
”O famo strano?”
di Viaggi di nozze. E ancora, Furio, il nevrotico e snervante marito di Magda e padre di AntonGiulio e AntonLuca, e Mimmo in viaggio con la strepitosa nonna Lella Fabrizi.
Verdone però è molto altro.
Tra le sue grandi passioni, oltre , la chitarra elettrica, la batteria e Jimi Hendrix, affiancate da quella di fotografare le nuvole (ha realizzato oltre mille scatti, parte dei quali recentemente esposti al museo Madre di Napoli) e alla scrittura di poesie crepuscolari, che assecondano la sua vena malinconica, c’è la passione per la Roma, di cui è uno dei tifosi più illustri.
L’attore è stato anche capitano della Nazionale Attori, di cui faceva parte anche il suo grande amico Massimo Troisi, finché, un giorno, Carlo non decise di appendere le scarpette al chiodo, stanco dell’ennesimo insulto piovuto dalle tribune:
“Aò, sette! Nun sei bono manco pe’ la primiera!”
(così, pare, venne apostrofato da un tifoso un po’ troppo esigente, che lo convinse a chiudere definitivamente con il calcio).
Proverbiale la sua ipocondria, anche se, come ha tenuto a precisare recentemente, la sua è curiosità, e non è da confondere con l’ipocondria che gli viene da sempre attribuita ma di cui si professa non affetto, altrimenti, ha detto, non si sarebbe operato alle anche nel settembre scorso, in piena emergenza coronavirus.
La passione e le approfondite conoscenze in materia medica e farmaceutica ormai leggendarie gli hanno regalato otre all’iscrizione ad honorem nell’albo dei farmacisti anche una laurea in Medicina honoris causa nel 2007 da parte dell’Università Federico II di Napoli.
Anche questa “strana passione” da medico autodidatta non poteva ovviamente mancare nei personaggi dei suoi film, come in Maledetto il giorno che t’ho incontrato, dove dispensa farmaci calmanti e antidepressivi a Margherita Buy o in L’amore è eterno finchè dura dove trascorre un’intera notte “di passione” a discutere di gastroscopie e problemi intestinali.
Verdone in qualche occasione ha anche raccontato la sua esperienza medico-farmaceutica:
“Ci sono tre persone a cui ho salvato la vita e che ogni Natale, per riconoscenza, mi inviano regali importanti. La mia è una passione privata, la gente mi chiama e io rispondo come Cotti Borroni in Viaggi di nozze:
“No, non mi disturba affatto”.
E a proposito del suo ultimo film, Si vive una volta sola interpreta proprio il ruolo di Umberto Gastaldi, un famoso primario, chirurgo oncologo, a capo di un’equipe composta dal suo aiuto Max Tortora, dall’anestesista Rocco Papaleo e dalla ferrista Anna Foglietta, tre attori con cui Verdone non aveva mai lavorato prima (non aveva mai neanche girato in Puglia) e che danno vita a un quartetto legatissimo nella vita professionale e in quella privata, campioni di amicizia e protagonisti di beffe, goliardate, battutacce in sala operatoria e scherzi.
Il film doveva fare la suo debutto nelle sale il 17 novembre, data che è poi slittata al 26 novembre, e poi bloccata dal Covid e dal decreto che ha chiuso cinema e teatri, con un secondo doloroso stop seguito a quello dettato dal primo lockdown all’uscita ufficiale prevista per il febbraio scorso.
Il produttore Aurelio De Laurentiis ha definito il film
“un inno alla vita“
presentandolo, ormai un anno e mezzo fa nell’incontro con la stampa su set pugliese.
Girato in Puglia, tra Bari, Monopoli, San Vito di Polignano, Otranto, Castro, Sant’Andrea, Porto Badisco, Santa Cesarea Terme e Serrano, location dei quattro giorni del movimentato viaggio estivo che coinvolge i quattro protagonisti è la storia, un po’ alla Amici miei di un’equipe autorevole e affidabile in sala operatoria tanto da essere quella da cui si fa curare il Papa, ma sconclusionata e fragile nella vita privata, che i quattro, maestri della sala operatoria ma anche della goliardia, riempiono di beffe e scherzi vari.
Nell’attesa che arrivi nelle sale, Verdone sta pensando a nuovi soggetti.
In un’intervista a Rainews24 aveva provato a immaginare un nuovo Furio, ossessionato dal terrore del contagio in modo parossistico ed ossessivo: Doppia mascherina, scorta di guanti, misurazione due volte al giorno della temperatura corporea, controllo dell’applicazione su dove si è recata la moglie e chi ha incontrato. Purificazione delle maniglie di casa, delle chiavi, del cellulare, delle banconote con alcol. Fuga istantanea da chi ha un colpo di tosse innocuo. Un uomo che finirà dal neurologo o dallo psichiatra perché ce lo manderà la moglie a calci nel sedere….
Chissà se prenderà vita questo nuovo personaggio.
Nell’attesa non possiamo che fare un augurio speciale a Verdone, per questo importante traguardo che arriva in un anno molto difficile per tutti e per il mondo del cinema in generale.