Il 16 novembre Netflix ha distribuito Cam, il nuovo erotic-thriller di Danil Goldhaber sceneggiato dalla ex camgirl Isa Mazzei, assieme al regista e a Isabelle Link-Levy.
Il film racconta del furto di identità di una camgirl in ascesa interpretata dalla bravissima Madeline Brewer, il cui volto è noto per The Orange Is the New Black e The Handmaid’s Tale.
Alice Ackerman (la Brewer) conquista il suo pubblico assecondando le depravate richieste di uomini eccitatissimi a cui spilla migliaia di tokens per guadarsi da vivere e avanzare nella classifica del sito. La scalata viene interrotta da un improvviso “errore tecnico” che impedisce a Alice, aka Lola, di continuare a fare i suoi show. Ben presto la ragazza scopre che una copia perfetta di se stessa è online e continua a fare spettacolini erotici al posto suo. Dopo aver invano chiesto aiuto al servizio assistenza della piattaforma e alla polizia, decide di vedersela da sola e recupera la sua identità.
Alice Ackerman è una ragazza piuttosto anonima, nella vita quotidiana scherza con il fratello, non è solita truccarsi, “sei sempre in tuta” le dice la madre. È evidente il suo disagio. Per tutta la durata del film non incontriamo un’amica o un ragazzo che non siano altre camgirl o “clienti” del sito. Per cui Alice non è popolare, non gode della stima della comunità che la circonda (a partire dalla sua radice primaria: la madre) e non ha neanche un lavoro vero.
Al contrario Lola, il suo alter ego online, è sicura di sé, sfacciata e molto apprezzata. Più l’approvazione cresce più Lola è esaltata. Quando arriva Lola 2, Lola 1 resta tagliata fuori e il climax di disperazione è al pari dell’esaltazione di cui sopra.
Lo spoiler
Alice scoprirà che in realtà Lola 2 è solo un’entità virtuale, un’intelligenza artificiale creata grazie a diversi video caricati nel tempo dalle ragazze sul sito. Grazie a questa scoperta, Alice ingannerà Lola 2 per eliminare il suo account.
Il finale
A questo punto ecco Alice che, dopo aver eliminato Lola 1 e Lola 2, crea un nuovo account e ricomincia i suoi show con una “nuova” identità: EvaBot.
Gli ingredienti del successo
- La verità. Parliamoci chiaro, la storia è abbastanza inquietante perché è parecchio reale. Reale non tanto nel senso che noi tutti siamo stati camgirl o comboy (si dirà così?), ma nei termini in cui alla fine siamo tutti un po’ ossessionati dalla sete di approvazione. Come Alice, rischiamo furti di identità ogni giorno. Il registaha raccontato che l’idea di una Lola virtuale frutto di ciò che è stato caricato in rete è proprio venuta sulla base di quelle che sono dinamiche reali. Centinaia di contenuti, dati, foto, video sarebbero il materiale irrecuperabilmente dato in pasto alla rete. E la rete ha vomitato Lola 2. E Alice l’ha uccisa e ha creato EvaBot. Sarebbe andata così al 90% dei casi anche nella realtà.
- La violenza. Il film ha dei picchi giustamente violenti. La protagonista prima e la sua copia virtuale poi, inscenano finti suicidi durante gli show ed è interessante soffermarsi su questo tipo di spettacolarizzazione della morte e della violenza. Violenza che si ripropone nell’escamotage finale, quando Alice si rompe il naso in diretta dando testate su un tavolo. È necessaria e disturbante perché infastidisce in modo produttivo, induce al pensiero e scomoda il nostro dark side.
- Il convincimento. Obiettivo del film, come ribadito dal regista, non è una lezione morale sui rischi di un lavoro del genere, ma farci empatizzare con la ragazza, al punto da volerla vincitrice. Daniel Goldhaber ha detto: “Vogliamo che vedano il lavoro in ambito sessuale come un altro lavoro qualsiasi, un’altra carriera, un’altra cosa di cui le persone siano appassionate e che siano per questo legittimate. Questo è il momento di Alice. Ha lottato per riavere indietro questa cosa di cui le importa più di ogni altra e il pubblico sta facendo il tifo affinché lei ci riesca.”
Cam è stato presentato il 18 Luglio di quest’anno al Fantasia International Film Festival e rilasciato da Netflix pochi giorni fa. Accogliamo quello che è un po’ Black Mirror un po’ Disconnect con curiosità. Siamo contenti che la Blumhouse Productions abbia finalmente fatto una cosa decente.