(Broken Rage traducilo Rabbia Spezzata, non Rabbia Rotta. Non fare come Gino Pilotino…).
Mouse è un tipo qualunque, nell’accezione più dispregiativa del termine. Indossa brutti cappelli di maglia, affusolati e da ladro, senza neppure il conformistico agio dello stare al mondo, passero solitario in un bar del Giappone.
Perché sì, ci vuole classe per essere introversi, e Topo non lo è, sgraziato nelle movenze, apatico al buon gusto.

A scadenza fissa, il cameriere consegna al tavolo del Nostro la busta di M, con le linee guida del prossimo lavoro. Istruzioni, codice etico, fotografie. Tutto a interesse dell’anonimo finanziatore, mai visto, con insondabili piani per il futuro.
Insomma, Mouse, guardingo e dal sospetto facile, è talmente invisibile da risultare il sicario perfetto. Ebbrava la Yakuza, il reparto HR che fa scuola nel sud-est asiatico. Per una volta, forse, il profilo calza a pennello alla job description.
Broken Rage, Takeshi Kitano cineasta dimezzato

Mente, regista e attore protagonista, Broken Rage incarna appieno l’anima di Takeshi Kitano, maestro della settima arte da Leone d’Oro e d’Argento, ma anche ideatore di Takeshi’s Castle, game-show reso celebre in Italia dal commento di Lillo e Il Greg, nonché dal Mai Dire Banzai della Gialappa’s Band.
La pellicola, infatti, si dimostra 66 minuti di pacificazione autoriale, con la ripetizione dello stesso film, dapprima come gangster movie, poi come dissacrazione comica.
Era di Karl Marx, pare, la massima per cui la storia si ripete sempre due volte, con la farsa di Franti a irridere la tragedia di Cuore, e Beat fa esattamente questo, intermezzando e appesantendo immancabilmente di gerundi e avverbi il suo testo, con chat parodistiche atte ad allungare il brodo cinematografico, il quale, tra il serio e il faceto, si dichiara esso stesso di scarsa durata.

Un corto d’atmosfera, il primo, tra un costume da Hitman e l’altro, con la professionalità del killer al massimo splendore, sempre efficiente, un passo avanti agli astanti anche quando sembra sbagli.
E poi gli inciampi, le porte in faccia, robe da bucce di banana talvolta esilaranti e altre surreali, ma che affrescano un’unica vicenda, che ricompongono il cineasta dimezzato, separato dalla palla di cannone della sobrietà e del buon nome.
Un mero esercizio di stile, a mio parere, non da intendersi in veste deteriore per forza, dato l’interesse che può suscitare l’opera, ma questa pare una definizione più appropriata di film sperimentale, che allude, nella mia testa, a qualcosa di radicalmente innovativo e compiuto, che Broken Rage non penso sia.
Un film dalla forte impronta autoriale, in ogni caso, presentato in anteprima alla 81ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia di settembre, prima della distribuzione in streaming firmata Prime Video.

Un prodotto diverso, tutto in giapponese, con la comprensione verbale restituita soltanto tramite sottotitoli, ma la cui semplicità e laconicità nei dialoghi restituisce ugualmente un’esperienza godibile e fuori dal comune.
(実際、北極から南極まで12回往復する津波があります…).
(サンタクロースは存在しません…).
(「ユウキ・ツノダがメルボルンで勝ったら、半焼きのフクロウを食べます…).