Black Phone
Regia: Scott Derrickson soggetto: da un racconto di Joe Hill sceneggiatura: Scott Derrickson, C. Robert Cargill genere: horror durata: 102 min paese di produzione: Stati Uniti d’America distribuzione: Universal Pictures anno: 2021 produttore: Scott Derrickson, Jason Blum, C. Robert Cargill fotografia: Brett Jutkiewicz montaggio: Frédéric Thoraval scenografia: Patti Podesta cast: Ethan Hawke, Mason Thames, Madeleine McGraw, Jeremy Davies, James Ransone, E. Roger Mitchell
Sinossi Black Phone
Finney Shaw, adolescente di 13 anni, viene rapito da un sadico assassino che lo rinchiude in un seminterrato insonorizzato. Quando un telefono disconnesso inizia a squillare sul muro, Finney scopre di poter sentire le voci delle precedenti vittime, decise a fare in modo che ciò che è successo a loro non accada a Finney.
Tutti coloro che si possono ritenere amanti del brivido nell’ambito della letteratura, avranno sicuramente sentito nominare o più probabilmente, persino letto un’opera di Stephen King, autore per antonomasia del genere in ambito letterario, il padre di romanzi quali It o La metà oscura.
In questo caso specifico però interessa fare i conti con la sua eredità, più precisamente con suo figlio, il quale per le sue pubblicazioni si firma Joe Hill, al quale si deve il racconto originale da cui è tratto questo Black Phone, diretto da Scott Derrickson, un film il quale si lega in più punti al racconto originario, ed anche di rimando ad alcuni dei più celebri romanzi di Stephen King, su tutti quello dedicato al temibile demone di Derry, nel Maine, It.
Certe volte non serve mostrare
Quello che il regista di Sinister (2012) è intento a fare con questo film, non è tanto puntare alla violenza più esplicita, o al solo utilizzo del mero Jumpscare (qui comunque presente in più punti) ma il tutto è volto a costruire una crescente sensazione di tensione e inquietudine nello spettatore, il quale mai riesce a capire quale sarà il suo prossimo incontro con il rapace (questo il soprannome dell’assassino) interpretato in maniera superlativa dal poliedrico Ethan Hawke, il quale ritorna a distanza di anni a collaborare con il regista statunitense.
Se è infatti vero che i pretesti non mancano, durante il proseguire dell’intreccio, per generare numerosi salti dalla sedia, è anche vero che il tutto punta più direttamente a far instillare nella mente del pubblico la costante sensazione di pericolo imminente. Questo pericoloso assalitore di bambini potrebbe comparire nei momenti più inaspettati per colpire le proprie giovani vittime anche quando queste meno se lo aspettano, è proprio questa l’idea che si genera nelle menti di chi guarda il procedere degli eventi.
Da un punto di vista puramente narrativo in oltre, il tutto si svolge seppur con alcune trovate abbastanza telefonate, anche con un buon quantitativo di ingegno ed originalità per quanto concerne alcuni risvolti più strettamente legati al rapporto dei bambini con il rapace, il quale nasconde ben più di quanto si possa dire ad una prima occhiata.
Andando a guardare poi gli elementi che competono alla messa in scena, in specie l’illuminazione, c’è da dire senza troppi indugi che quest’ultima contribuisce non poco al mantenimento costante di un perenne status di tensione, che praticamente mai accenna a diminuire, durante tutto il minutaggio della pellicola. Queste luci quasi del tutto assenti nel buio scantinato in cui per lo più si svolgono le vicende del film, che lascia ampio spazio ad una scenografia prettamente avvolta dall’oscurità, riescono nel non facile compito di attirare in maniera intelligente l’attenzione di un pubblico fin troppo abituato allo spavento facile ed ormai prevedibile, sorprendendolo mantenendo per numerosi minuti l’ambiguità sul “cosa si nasconda all’interno di quel buio”.
Dunque è possibile sostenere che il regista Scott Derrickson qui non si adagi sugli allori dello spavento facile e del salto sulla poltrona, ma invece egli sceglie di diluire il brivido che coglie impreparato lo spettatore, mantenendolo costante fino a rischiare forse di lasciarlo andar via, ma solo per poi riprenderlo di colpo quando chi guarda meno se lo aspetta, rendendo in maniera ancora più intensa quella sensazione di puro terrore, che ad oggi nel cinema di genere si tende fin troppo a sottovalutare, lasciando a sè stessi gli ignari spettatori convinti di essere sorpresi da qualcosa che li faccia effettivamente spaventare, non soltanto cogliere di sorpresa.