Regia: Ryan Coogler; Sceneggiatura: Ryan Coogler, Joe Robert Cole; Fotografia: Autumn Durald Arkapw; Montaggio: Michael P. Shawver, Kelley Dixon, Jennifer Lame; Scenografia: Hannah Beachler; Musiche: Ludwig Göransson; Costumi: Ruth E. Carter; Effetti speciali: Geoffrey Baumann, Nicole Rowley; Interpreti: Letitia Wright (Shuri), Lupita Nyong’o (Nakia), Danai Gurira (Okoye), Winston Duke (M’Baku), Florence Kasumba (Ayo), Michaela Coel/ (Aneka), Martin Freeman (Everett Ross), Angela Bassett (Ramonda), Tenoch Huerta Mejía (Namor), Alex Livinalli (Attuma), Mabel Cadena (Namora), Dominique Thorne (Riri Williams); Produttori: Kevin Feige, Nate Moore, Victoria Alonso, Louis D’Esposito, Barry Waldman; Casa di Produzione: Marvel Studios, Walt Disney Pictures; Paese di produzione: USA (2022); Durata: 161 minuti.
Black Panther: Wakanda Forever, la sinossi
La Regina Ramonda, Shuri, M’Baku, Okoye e le Dora Milaje lottano per proteggere la loro nazione dalle invadenti potenze mondiali dopo la morte di Re T’Challa. Mentre gli abitanti del Wakanda cercano di comprendere il prossimo capitolo della loro storia, gli eroi devono riunirsi con l’aiuto di War Dog Nakia e di Everett Ross e forgiare un nuovo percorso per il regno del Wakanda.
Una sfida da raccogliere per un nuovo inizio
C’era una trepidante attesa nell’aria. Il Black Panther portato in scena da Chadwick Boseman aveva conquistato il cuore di tutti e tutte, l’attore aveva saputo incarnare lo spirito della sua controparte fumettistica e aveva regalato emozionanti momenti eroici nell’intero Marvel Cinematic Universe. La prematura e sofferta dipartita di Boseman avrebbe potuto segnare la fine dell’intero franchise legato alla Pantera Nera, eppure Coogler, nella doppia veste di regista e sceneggiatore, ha saputo raccogliere una sfida e trasformare un drammatico epilogo in un nuovo inizio.
I legami familiari tornano così ad essere il centro del sequel, incentrandosi questa volta sul rapporto madre-figlia, alle prese con l’accettazione del lutto e la gestione di un regno. Riflettendo su quello che sarebbe stato il futuro del Wakanda dopo la morte del suo sovrano T’Challa, Black Panther: Wakanda Forever punta tutto sulla sorella e principessa Shuri. Dotata di un’incredibile genialità, la giovane scienziata si trova a fare i conti con il proprio retaggio e con le questioni lasciate in sospeso dal fratello.
Una terra fertile e soprattutto ricca del noto metallo prezioso Vibranio, il Wakanda governato dalla Regina Ramonda, diventa ben presto un punto d’interesse per gli Stati del mondo, bramosi di impossessarsi del materiale, tenteranno di colpire la nazione credendola indebolita dalla perdita della Pantera Nera. Ricalcando il modus operandi degli stati sovrani del nostro mondo reale, il film riflette senza alcuna pretenziosità sul giogo di questi nei confronti dei popoli più deboli (o quantomeno, ritenuti tali), le cui terre vengono viste come fonte inesauribile di materie prime.
Il desiderio di ottenere il Vibranio spinge così le varie intelligence mondiali a sviluppare tecnologie in grado di rilevarne la presenza, facendo fare l’ingresso in scena della studentessa e talentuosa inventrice Riri Williams, la cui costruzione di un macchinario d’estrazione porrà le basi per lo scontro tra il Wakanda e una nuova potenza sottomarina: il Regno di Talokan.
Dopo i molti rumors che anticipavano l’introduzione di Namor – apparso per la prima volta come Sub-Mariner nel numero #1 di Marvel Comics (1939), uno dei personaggi più vecchi del mondo Marvel e nel corso degli anni è stato sia un eroe che un antagonista – e la conferma da parte dell’attore Tenoch Huerta Mejía che lo interpreta, possiamo dire che Wakanda Forever mette in scena una versione visivamente avvolgente del Regno di Atlantide, grazie alla cura e allo studio fatto dalla scenografa Beachler e la costumista Carter (entrambe già parte del team del primo film).
In linea con lo spirito dell’intera pellicola, le origini del regno sottomarino sono state mutate per posizionarsi con maggior verosimiglianza alla nostra realtà: difatti, Namor viene presentato con il nome di una Divinità realmente celebrata nelle popolazioni mesoamericane, il Serpente Piumato, e il design e l’architettura del suo regno Talokan traggono ispirazione dai colori e l’iconografia tipici della civiltà Maya, regalando un’atmosfera suggestiva e contemporanea al tempo stesso.
Il ruggente grido di battaglia di Shuri
Black Panther: Wakanda Forever si delinea così come un seguito, ma in grado di ritagliarsi il proprio spazio e di fornire l’occasione per la formazione di una nuova supereroina senza forzature, o ridondanze. Shuri, privata del supporto del fratello, si trova costretta a riflettere da sola sul suo lavoro e come accade in ogni coming of age, la giovane protagonista abbraccia le responsabilità, maturando la consapevolezza del proprio ruolo e sviluppando una personale ragione per cui combattere.
Attraverso cerimonie e danze, suggellate da una straordinaria colonna sonora in grado di trasportare in terre lontane, pulsanti di vitalità e armonia, il film rappresenta ancora una volta lo spirito comunitario dei wakandiani, rendendone i legami tribali, basati sul reciproco aiuto e assistenza, dei valori da esportare nel resto del mondo, proprio come aveva desiderato Re T’Challa.
Una sola scena post-credit: le parole del produttore Nate Moore
Ormai siamo abituati, alla fine del film non ci si alza e soprattutto… si aspettano due scene post-credit. Eppure, questa volta al termine della visione abbiamo potuto vedere una sola scena a metà dei titoli di coda, momento continuativo del finale con Shuri e Nakia protagoniste. La decisione è stata spiegata dal produttore Moore, intervistato per Screenrant, il quale ha sottolineato l’esigenza di mantenersi in linea con il diverso peso che aveva questo film, scelta che ho apprezzato molto.
«Ovviamente, il peso di questo film è diverso dagli altri film Marvel, e il tono di questo film è un po’ diverso, e si sentiva, soprattutto, una volta che le persone hanno visto il film. Abbiamo pensato che il finale fosse poetico, quindi tornare indietro e dire: ‘Ehi, c’è una scena spettacolare alla fine dei titoli di coda’ sembrava un po’ irrispettoso verso quello che stavamo facendo.»