Ha debuttato in questi giorni il live action Disney Biancaneve, con Rachel Zegler e Gal Gadot, remake del classico animato omonimo del 1937, ispirato dal racconto dei fratelli Grimm Biancaneve o Nevolina (Schneewittchen) che ha avuto sette versioni, la prima nel 1812 e l’ultima nel 1857. Come ormai ben saprai, la casa di Topolino ha sempre addolcito le storie da cui trae ispirazione per il suoi film per adattarle ai più piccini, e anche il racconto della bambina dalla pelle bianca come neve, dalle labbra rosse come il sangue e i capelli neri come l’ebano ha subito alcuni cambiamenti rispetto all’originale.
Ma andiamo con ordine e lascia che ti accompagni in un regno molto molto lontano, o meglio, “C’era una volta…”.

La fiaba dei fratelli Grimm inizia con la madre di Biancaneve intenta a ricamare vicino ad una finestra dal rivestimento in ebano, dopo essersi punta un dito con l’ago e aver perso una goccia di sangue, la regina desidera di avere presto una figlia, evento che avviene nove mesi dopo ma che causa la morte della donna. Il re, rimasto vedovo, decide presto di risposarsi e sceglie una donna bellissima ma maligna e vanitosa, la quale passa le sue giornate a chiedere ad uno specchio fatato “Chi è la più bella del reame?” solo per sentirsi rispondere che è lei.
Nella versione Disney, all’inizio della storia troviamo Biancaneve già fanciulla, orfana di entrambi i genitori, la giovane è costretta a vivere con la matrigna Grimilde che la tratta come una sguattera.
Un giorno lo specchio magico dice alla regina che la più bella del reame è ora Biancaneve, scatenando le ire della donna che ordina ad un cacciatore di condurla nel bosco ed ucciderla, portandole come prova dell’omicidio il cuore ed i polmoni della giovane. Una volta arrivati, l’uomo però non ha il coraggio di far del male a Biancaneve, così la fa fuggire e porta alla regina cattiva gli organi di un cinghiale.
Nella versione Disney la sovrana, oltre ad arrabbiarsi per la rivelazione dello specchio, vede il principe di cui è innamorata fare la corte a Biancaneve, così incarica il cacciatore di assassinare la ragazza e portarle il suo cuore dentro una teca di cristallo.

Vagando per la foresta, Biancaneve trova una casa nel bosco abitata da sette nani, i quali si recano ogni giorno a lavorare in miniera. Durante la loro assenza, stanca e affamata, la ragazza si introduce nell’abitazione, mangia e beve vino (nelle fiaba) finendo per addormentarsi su di un lettino. Trovata dai nani al loro rientro e conquistati dal buon cuore della fanciulla, decidono di ospitarla in cambio di faccende domestiche. Preoccupati per la sua incolumità, ogni giorno prima di andare in miniera i sette si raccomandano di non fare entrare nessuno in casa, ma presto la regina scopre che Biancaneve è ancora viva, così decide di sistemare la situazione da sola.
I fratelli Grimm ci raccontano che la matrigna prova ben tre volte ad uccidere Biancaneve, e non solo con la famosa mela avvelenata come nel cartone Disney, che sarà la sua ultima opzione, infatti prima si travestirà da merciaia e cercherà di soffocarla stringendo forte una cintola intorno ai suoi fianchi, la seconda vestirà i panni di una zingara armata di pettine avvelenato che conficca nelle nere chiome di Biancaneve.
Questi due tentativi verranno neutralizzati dai nani ma niente potranno contro la mela avvelenata, metà secondo la fiaba dei Grimm, poiché la regina, travestita da contadina, per convincere la giovane a mangiarla ne addenta l’altra metà.

Nel racconto Disney la matrigna ha un laboratorio dove effettua magie e prepara pozioni, ed è qui che crea quella che la trasformerà nella vecchietta e il veleno con cui tenterà di uccidere Biancaneve, o meglio, farla cadere in un sonno simile alla morte da cui potrà essere risvegliata solo con “un bacio di vero amore”. Arrivata alla casa dei nani, Grimilde travestita convince la giovane ad addentare la mela dicendole che così otterrà tutto ciò che desidera.
Una volta che i sette rientrano, scoprono la regina e il crimine che ha commesso, così la inseguono fino a quando, rimasta intrappolata sul ciglio di un burrone, Grimilde cade nel vuoto dopo aver tentato di scagliare con la magia un macigno sui nani.
In entrambe le storie, Biancaneve viene creduta morta e il suo corpo posto in una bara di cristallo, dove rimane per lungo tempo custodita dai nani (e dagli animali del bosco nella versione Disney).
Un giorno passa di lì un principe che si innamora a prima vista di Biancaneve, nella versione Disney la bacia così il maleficio viene rotto, e i due si recano felici al castello dove vivranno “per sempre felici e contenti”, mentre nella versione dei fratelli Grimm il giovane vorrebbe portare la bara al suo castello per poter ammirare ogni giorno la sua amata. Commossi da tanto amore, i servi decidono di trasportare la bara al palazzo ma, durante il viaggio, uno di loro inciampa e il feretro finisce giù per la collina.
Il violento sobbalzo fa uscire dalla bocca di Biancaneve il pezzo di mela avvelenata e la fanciulla si risveglia, innamorandosi a prima vista del principe, così vengono organizzate le nozze alle quali viene invitata anche la regina cattiva.

Una volta giunta al castello, la malvagità della donna verrà punita con due scarpe di ferro arroventate sul fuoco che viene costretta ad indossare e che la faranno “ballare” fino a morire. In un’altra versione, la regina cattiva viene imprigionata in segrete oscure sola e abbandonata, solo Biancaneve le farà visita ogni tanto, dimostrando che la bontà è più forte del male.
Biancaneve: chi era?
Profondi studiosi del folclore locale, i fratelli Grimm ne hanno attinto a piene mani nello scrivere le loro fiabe, ma molti nel corso degli anni hanno cercato di trovare la “vera” Biancaneve, ovverosia colei che ha dato inizio alla leggenda. Nel 1986 un ricercatore tedesco, Karl-Heinz Barthels, pubblicò la sua tesi secondo cui la storia sarebbe ispirata da Maria Sophia Margaretha Catharina von Erthal, vissuta a Lohr nel 1700, figlia di un ricco magistrato diventato presto vedovo. L’uomo si risposa con Claudia Elisabeth von Reichenstein, con già dei figli di primo letto che lei cerca di favorire, la quale costringe la figliastra a lasciare il castello, così lei si ritrova a vivere nei boschi.
Secondo quanto affermato da Barthels, intorno a Lohr sorgevano delle miniere dentro alle quali lavoravano bambini o persone di piccola statura per via degli stretti passaggi, che potrebbero aver dato l’ispirazione ai Grimm per i nani. Maria morì di vaiolo, ma l’odio che i popolani provavano verso Claudia portò all’esaltazione della giovane von Erthal nei racconti che si tramandavano di generazione in generazione. Il castello di Erthal è una vera e propria attrazione turistica e, all’interno, è possibile trovare lo Specchio Magico, un giocattolo acustico di gran moda nel ‘700 che riproduceva le frasi esclamate da chi si specchiava.

Nel 1994 lo storico Eckhard Sander ipotizza che Biancaneve possa essere stata Margaretha von Waldeck, figlia di un conte vissuta nel 1500 a Bruxelles, amore di gioventù di re Filippo II di Spagna ma avvelenata a 21 anni dalla polizia segreta, che vedeva in quella storia un impedimento a futuri matrimoni combinati. Il padre di Margaretha, il conte Filippo IV di Waldeck, era proprietario di diverse miniere, sempre da qui l’idea per i nani.

Lo studioso italiano Giuliano Palmieri sostiene invece che Biancaneve abbia origini italiane, più precisamente che venga dalla provincia di Belluno, affermazione che deriva da Lo cunto de li cunti (o Pentamerone), una raccolta di 50 fiabe del letterato e scrittore nato a Napoli nel 1583 Giovan Battista Basile da cui trassero ispirazione Hans Christian Andersen, Charles Perrault e, appunto, i fratelli Grimm.
Nato per divertire le corti della penisola, all’interno de Lo cunto de li cunti possiamo trovare La gatta Cenerentola, Sole Luna e Talia, che ha ispirato La bella addormentata, Petrosinella (Raperonzolo) e Il corvo (Il cuorvo), storie che prendevano ispirazione da personaggi reali.
Ne Il cuorvo Basile ci racconta di Miluccio, re di Frattaombrosa, desideroso di una sposa dalla pelle candida e dalle guance rosse, immagine che gli viene ispirata da un corvo morto nella neve che trova durante una battuta di caccia. Il fratello Iannarello, per soddisfare il re, si reca a Venezia dove trova Liviella, figlia di un mago, che ha proprio le qualità ricercate da Miluccio, si finge un mercante e convince la giovane a salire sulla sua nave per portarla a Frattaombrosa.
Durante la navigazione, vengono sorpresi da un forte temporale e due colombe si posano sulla nave e fanno delle predizioni a Iannarello: il falco che ha comprato per il fratello caverà gli occhi a Miluccio, poi cadrà da cavallo e, se sopravvive a queste disgrazie, un drago mangerà Miluccio e Liviella la sera delle nozze.

Inoltre, se racconterà tutto al fratello e non gli porterà la giovane, Iannarello verrà trasformato in una statua così, per evitare le disgrazie predette, il giovane uccide il falco, azzoppa il cavallo e si nasconde nella camera da letto del fratello la notte delle nozze per uccidere il drago. Trovando Iannarello ai piedi del suo letto nel mezzo della notte con la spada sguainata, Miluccio pensa che il fratello sia impazzito così cerca di ucciderlo; disperato e nonostante gli avvertimenti delle colombe, il ragazzo rivela la verità, trasformandosi immediatamente in una statua.
La vita per i due sposi continua e presto hanno due figli, ma Miluccio, convinto da un vecchio, li sacrifica entrambi per far tornare in vita Iannarello; scoperto l’omicidio, Liviella vuole gettarsi da una finestra ma sopraggiunge il padre mago su di una nuvola che la salva e rivela di essere lui l’artefice della maledizione, decidendo di perdonarli e benedice la loro unione, oltre far tornare in vita i due bambini.
Inoltre, sempre secondo Palmieri, alcuni indizi sembrerebbero indicare che Basile si sia ispirato alla Marchesa Giovanna Zazzera, di origine veneziana, la quale amava tingersi la faccia di bianco e le guance rosse (come era di moda all’epoca) e lo stemma della famiglia era una fascia rossa su sfondo bianco, la quale si sarebbe sposata diverse volte con uomini appartenenti alla famiglia Corvi, da qui il nero della chioma di Biancaneve.

Per dovere di cronaca, va ricordato lo studioso Graham Anderson che ipotizza che l’origine di Biancaneve vada ricercata nella leggenda romana di Chione o Neve, di cui parla Ovidio in Metamorfosi.
Di quali altre trasposizioni cinematografiche ispirate dalle fiabe vorresti saperne di più? Dimmelo nei commenti!