Con l’uscita di Kevin can FK himself, la serie Prime Video di cui ti abbiamo parlato in questo articolo, ho avuto modo di riflettere sulla scrittura dei personaggi femminili nel cinema e nelle serie TV, e a questo proposito vorrei parlarti del Bechdel Test: in Italia forse non è molto conosciuto, ma è un argomento caldo in America. Partiamo dalle sue origini.
Nel 1985 Alison Bechdel, fumettista e attivista, ha disegnato una striscia in cui due donne (Mo e Ginger) stanno discutendo se andare al cinema e una delle due ammette di avere tre regole per la scelta del film. Lei guarda solo pellicole in cui:
- Ci siano almeno due donne che
- Parlino tra di loro di
- Qualcosa che non riguardi gli uomini
Aggiungendo poi che per la rigidità di queste regole l’ultimo film che aveva avuto modo di vedere è stato Alien. Puoi vedere la vignetta originale in testa all’articolo.
Questi tre criteri, che partirono come battuta satirica, compongono quello che viene chiamato Bechdel test e che molti film, del passato e contemporanei, non superano. In seguito la disegnatrice ammise di aver preso spunto per questo dialogo da una conversazione con la sua amica Liz Wallace, per questo a volte ci si riferisce a questa tecnica come Test di Bechdel Wallace. Analizziamone ora pregi e limiti.
Pro e contro del Bechdel Test
La vignetta stessa che ha dato origine al Bechdel Test ci impone una riflessione: Alien per primo gode di un personaggio femminile che ha impostato uno standard molto alto da raggiungere, ma che originariamente era stato scritto come uomo. Fu Ridley Scott a trasformarlo in donna perché fosse più interessante, dichiarando
“Che ne direste se Ripley fosse una donna? Sarebbe l’ultima persona che penseresti possa sopravvivere – è bellissima”.
Ecco, quindi, che ci si rende conto di come il Bechdel test sia a suo modo necessario.
E questo è solo uno degli stereotipi a cui sono sottoposti i personaggi femminili; è provato, ad esempio, come questi molto spesso siano utilizzati nelle opere (siano esse cinematografiche, letterarie o fumettistiche) solo per funzionare da motore per la crescita personale del protagonista maschile. Pensiamo ad esempio all’espediente narrativo della donna nel frigo: il nome prende spunto da un albo di Lanterna Verde in cui la fidanzata di Kyle Rayner viene uccisa e chiusa in un frigorifero.
La lista di personaggi del mondo dei fumetti che hanno subito sorti analoghe (e anche il nome stesso di questo pretesto) si devono alla disegnatrice Gail Simone; a questo link puoi trovare il suo sito .
Tornando al Bechdel Test, verrebbe facile pensare che a non passarlo siano solo i vecchi film, vittime delle convenzioni sociali delle epoche in cui sono stati girati, oppure i film con una predominanza di personaggi maschili (quali ad esempio i western). E invece fino a qualche anno fa anche fra i film candidati ai premi Oscar la maggior parte non superava la prova, tant’è che ad alcuni software di scrittura delle sceneggiature (per le quali esiste un format specifico) sono state in effetti aggiunte delle funzioni che aiutano a verificare automaticamente se il lavoro passa il test, ma solo nel 2018.
Se vuoi leggere l’elenco dei film che passano e non passano il Bechdel Test puoi cliccare qui.
Certo, il test ha i suoi limiti: il più ovvio è che si tratta di una verifica di natura quantitativa più che qualitativa. A non passare la prova ci sono infatti anche opere che hanno protagoniste femminili forti e indipendenti, ma che hanno dialoghi incentrati anche su uomini e relazioni (per esempio Sex and the City).
Di contro riescono a passare il Bechdel Test anche film in cui i due personaggi femminili in scena non stanno parlando effettivamente di uomini, ma magari di bambini, organizzazione di matrimoni o comunque tematiche che risultano adeguate allo stereotipo che è stato forzato su di loro. In pratica il test ci restituisce più la presenza di due personaggi femminili su schermo che la qualità del loro ruolo e dei loro dialoghi.
Per perfezionarne la riuscita sono state proposte delle varianti; per esempio, alcuni applicano il test aggiungendo che i due personaggi femminili devono avere un nome: sembrerà una sciocchezza, ma sono sicura che se ci penserai ci sono parecchi personaggi, nei film più che nelle serie tv, di cui lo spettatore non scopre mai i nomi nonostante gravitino intorno alle vicende dei personaggi principali.
Esiste inoltre una versione “al contrario” del test, proposta dalla professoressa Christa van Raalte con l’obiettivo di evidenziare che il problema proposto da Bechdel esiste: in questo caso la verifica consiste nel trovare un film in cui non ci sia una scena in cui due uomini (di cui conosciamo il nome) parlano tra loro di qualsiasi cosa fuorché di una donna. Io per prima ci ho dovuto pensare un po’.