Titolo originale: Back to Black Regia: Sam Taylor-Johnson; sceneggiatura: Matt Greenhalgh; fotografia: Polly Morgan; scenografia: Sarah Greenwood, Gabrielle Rosenberg, Katie Spencer; costumi: PC Williams; trucco e acconciatura: Peta Dunstall, Tamara Meade, Lily Summer, Louise Young; musiche: Nick Cave e Warren Ellis; montaggio: Martin Walsh, Laurence Johnson; interpreti: Marisa Abela (Amy Winehouse), Jack O’Connell (Blake Fielder-Civil), Eddie Marsan (Mitch Winehouse), Juliet Cowan (Janis Collins-Winehouse), Lesley Manville (Cynthia Winehouse), Sam Buchanan (Nick Shymansky),Bronson Webb (Joey), Harley Bird (Juliette Ashby), Jonathan Ross (sé stesso), Ryan O’Doherty (Chris Taylor), Sam Oladeinde (Zalon), Ansu Kabia (Raye Cosbert); produzione: Alison Owen, Debra Hayward, Nicky Kentish-Barnes per Monumental Pictures, StudioCanal, Focus Features e Universal Pictures; origine: Regno Unito e USA; durata: 122′.
Trama
Amy è una ventenne di immenso talento, che vive a Camden, quartiere di Londra dove condivide la casa con la madre. Nella sua famiglia la musica è sempre stata importante. La nonna paterna, che per Amy è un modello e un punto di riferimento è stata una cantante di buon livello e suo padre stesso ha tentato la carriera di crooner. Col suo primo album, Frank, Amy ha ottenuto una candidatura ai Brit Award, ma le vendite negli Stati Uniti sono state inferiori alle attese. Il suo produttore, che è già stato manager delle Spice Girls, vorrebbe che lei si impegnasse di più nella promozione, ma la ribelle Amy lo manda al diavolo.
Incontra in un bar l’affascinante Blake: i due trascorrono tutto il pomeriggio a parlare di musica e a giocare a biliardo, poi lui si allontana con la sua ragazza, bionda e banale, ma la scintilla è scoccata. I due iniziano una relazione intensa, lui si droga, lei eccede col bere e reagisce spesso in modo violento alle provocazioni, alle attenzioni indesiderate di fan troppo invadenti, arrivando a ferirlo. Lui la lascia e torna con la biondina ed Amy affonda in una spirale autodistruttiva, rischia il come etilico ma intanto prende forma il suo secondo album (“io la mia musica devo viverla per cantarla” ).
Amy sperimenta la bulimia e continua ad eccedere, ma il padre si fida del fatto che la figlia sappia controllarsi, l’adorata nonna si ammala di cancro e muore. Intanto il disco Rehab diventa un successo planetario: la sofferenza traspare, la sua voce è magica e il pubblico se ne innamora. Blake torna da lei e i due si sposano: Amy sogna la maternità, lui finisce in prigione per aggressione. In carcere ha un’epifania: la loro relazione è tossica, fa del male ad entrambi. Amy è di nuovo sola e finisce in riabilitazione. Ne esce e, nella sua casa circondata da paparazzi, và incontro alla morte.
Back to black : Amy Winehouse è sempre un buon affare
A partire dal grande successo di Bohemian Rhapsody -film ispirato ma patinato – il biopic sui grandi della musica è tornato d’attualità. La regista Sam Taylor-Johnson, scelta per dirigere Back to black, vi si è già cimentata (Nowhere Boy, su John Lennon). Non è secondo me casuale che uno dei migliori sia stato Rocketman, il cui protagonista Elton John è ancora vivo e ha potuto dire la sua sul modo di rappresentare la propria vita.
Fra le tanti attrici truccate e con tanto di cofana che si presentano ai provini indovinata è la scelta della semi-sconosciuta Marisa Abela (ha esordito al cinema nel 2022 e ha una particina in Barbie), che invece si presenta al naturale, ma avendo studiato e imparato molto sul personaggio (ha dichiarato a THR che il suo obiettivo non fosse quello di imitare Amy Winehouse, ma di diventare lei).
Le sue performance canore sono buone e il trucco la trasforma in modo credibile ma il film – è il difetto dei biopic autorizzati – è troppo benevolo nei confronti del padre-manager Mitch (presidente della Amy Winehouse Foudation) che si è lamentato perchè avrebbe preferito George Clooney (!) per impersonarlo, al posto del ben più somigliante Marsan.
Allo stesso modo il copione scritto da Matt Greenhalgh tratta il marito Blake Fielder-Civil come un uomo saggio che sì, ha commesso errori e si fa di cocaina, ma in fondo è un bravo ragazzo (e qui si cade nel ridicolo). Altri personaggi, come le amiche della cantante, sono state completamente cancellate, forse per accentuare la solitudine della protagonista
Gli aspetti migliori del film sono gli esterni girati nel quartiere di Camden, oltre alle doti di Marisa Abela, che non tenta l’imitazione ‘stile Tale e Quale Show’ ma canta con intonazione e trasporto. Non sono d’accordo sulle critiche piovute su di lei: il confronto con l’originale è improponibile, ma ho trovato apprezzabile la sua prova.
Non a caso la risposta del pubblico più affezionato alla cantante e cioè quello che l’ha vissuta, è stata contraddittoria, se non sfavorevole, soprattutto confrontandolo col ben più attendibile documentario Amy di Asif Kapadia, premiato con l’Oscar nel 2015.
Di sicuro sarà un successo al botteghino ma forse sarebbe stato il caso di lasciar riposare in pace Amy Winehouse