(Al momento in cui scrivo, Back in Action è al 1⁰ posto dei film più visti su Netflix).
D’accordo, d’accordo. Forse io e Jamie (oh, pardon, Emily e Matt secondo il copione…) abbiamo esagerato. Ma quel pallone gonfiato al locale era irritante. Perché sì, ero imbestialita per quella ribellista di nostra figlia, la quale aveva mentito per una improbabile serata cocktail e tunz tunz, anche se formalmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso, poi, era stata la presa al braccio di Alice da parte dell’odioso marmocchio.
Ma la vera ragione della furia contro il malcapitato è stata quella frasetta, così anagraficamente sgradevole: ehilà, boooooomer!
Ora, io ho 52 anni (portati decisamente meglio della Stefania de La Grande Bellezza…), e Jamie ne ha 57 (posso ancora picchiare tutti i papà della scuola, se volessi…). Siamo Cameron Diaz e Jamie Foxx, accidenti, una squadra affiatata la cui data di nascita ha un range temporale tra il 1967 e il 1972.
Non siamo boomer, davvero, siamo, e ci tengo a sottolinearlo, la cosiddetta Generazione X, ossia quella con sufficiente esperienza da non venire risucchiata dalla povertà valoriale di TikTok ma abbastanza giovanilista da saper promanare like alla pagina Facebook di Jovanotti (senza, perdipiù, l’ausilio di Salvatore Aranzulla…).
Siamo fichi, insomma. Siamo tosti. Per noi, d’altronde, Spotify non ha segreti.
Back in Action, tra golpi vecchio stile e vita familiare
BOOMERS WRECK DANCE PARTY. Maledetto Youtube. Non solo ci diffamano a mezzo stampa definendoci “BOOMERS” nel video del cretino giù dalla balaustra, ma permettono pure ai terroristi bielorussi da cui fuggiamo da anni di scoprire dove risiediamo, con tanto di mitragliate poco abbinabili alle tende Leroy Merlin prese settimana scorsa.
È vero, Jamie, avevo detto giorni orsono che mi mancava l’adrenalina della missione, magari sabotare un colpo di stato vecchio stile, in un paese canaglia fuori dall’egida americana. Ma uffa, adoravo le tende nuove. Non potrò manco vendere i puzzle personalizzati su Etsy. Che palle avere terroristi alle calcagna. E poi certo, i bambini. Ci siamo lasciati alle spalle la CIA soltanto per proteggerli. Lo abbiamo fatto per loro. E adesso Alice non ne vuole sapere dei lunedì sera cinemini mamma e figlia, mentre quel nerd di Leo pensa di tutelare la sua identità digitale da Echelon tramite l’autenticazione a due fattori.
Che dobbiamo fare con quei due, lo diciamo loro che siamo spie in pensione? Ehm, scusa Cameron, ma la chiave ICS che cercano l’ho nascosta 15 anni fa nella villa di Glenn Close. No, Jamie, davvero. Ovunque, ma non da mia madre.
Back in Action, divertente al di là tutto
Che dire su Back in Action. È un film di mero intrattenimento, e come tale va giudicato. Non ha senso, a mio parere, porre eccessivamente l’accento sul fatto che Jamie Foxx e Cameron Diaz non siano invecchiati di una virgola in 15 anni, anche se è una palese incoerenza della pellicola. Si volevano le star, e Seth Gordon, già regista di Come ammazzare il capo e… vivere felici, ha dato al pubblico le star.
Quasi superfluo dire che la trama in sé ricalchi i cliché della spy-comedy, risultando appena una scusa per inscenare gag, scazzottate, scontri generazionali e inseguimenti.
Promossa a pieni voti l’interpretazione del duo Foxx-Diaz, molto a suo agio nel ruolo, così come quella di Glenn Close, ex cecchino dell’MI6 e british mother di Emily, nonché di Jamie Demetriou, giovane compagno della suddetta e imbranato del reparto IT del servizio segreto.
Il film sa divertire, strappando le giuste risate, con un sapiente uso di musiche anticlimatiche a suggellare i combattimenti, talvolta dinnanzi agli attoniti pargoli non avvezzi alle capacità militari dei genitori.
Forse quasi due ore sono troppe, ma, per passare una serata leggera e senza pretese, il Back in Action di Cameron Diaz sugli schermi, tutto sommato, può risultare una scelta onesta.