Babygirl: un film cringe e una regia piena di clichè

Irene Marri Commenta! 13
4.2 Imbarazzante
Babygirl

Il grande ritorno di Nicole Kidman sugli schermi con Babygirl si è rivelato un vero e proprio flop. Dalla presentazione all’81 Festival di Venezia e la conseguente shitstorm sui social, la grande aspettativa che si era creata intorno al film diretto da Halina Reijn si è trasformata in una delusione per i fan e per il genere erotico. Infatti il film promette un thriller audace (nulla di originale), che evolve verso una sfumatura erotica e fuori dalle righe. Ma cosi non è stato. Al di là di qualche scena pudica e sessuale, a far da sfondo alla costruzione della storia è un’insensata successione di episodi cringe e bizzarri che sembrano avvicinarsi ad una sadica e ironica versione di Cinquantra sfumature di grigio.

Babygirl: la trama del thriller erotico

Una potente donna d’affari mette a repentaglio la sua vita professionale e personale quando intraprende una relazione segreta e intensa con il suo giovane assistente (Harris Dickinson).

Un gioco di potere che mette a rischio la sua posizione nell’azienda, creando una profonda crisi coniugale con il marito (Antonio Banderas) e la seguente rottura della sfera famigliare.

Una curiosità che la porta ad esplorare un modo quasi morto per lei, quello erotico e sessuale, da sempre monotono e privo di piacere nel suo matrimonio. La ricerca dell’orgasmo, delle voglie più sfrenate conducono Nicole ad un’ossessione verso il giovane stagista che aveva accolto tutti i suoi desideri più irrefrenabili.

Tra possessione, giochi di ruolo e gelosia. Nicole vedrà pian piano davanti a sè sgretolarsi quella famiglia che da anni aveva costruito e protetto. Una donna sempre dedita alla carriera e alla famiglia, che fin dal momento in cui Samuel varca la porta del suo ufficio non si era mai chiesta cosa le piacesse veramente, e quali desideri della sfera più intima la eccitassero o la incuriosissero.

(l-r) nicole kidman, harris dickinson. Credit: courtesy of a24

Un thriller che spinge verso le emozioni più erotiche e perverse della protagonista, una donna matura che non ha mai ricercato il piacere sessuale e si trova dinanzi ad una relazione con un ragazzo più giovane di lei, e ad una ricerca di una sicurezza che da tempo era stata affossata dalla carriera e dalla famiglia. Una donna che cerca di riscattare la sua femminilità ormai nascosta dall’età e dalla vergogna di provare a sfondare quelle barriere che da sempre ignorava.


Per questo ruolo Nicole Kidman ha vinto la Coppa Volpi come Miglior Attrice al Festival del Cinema di Venezia, e ottenuto una candidatura ai Golden Globe Awards.
Babygirl uscirà il 30 gennaio 2025 nelle sale italiane, distribuito da Eagle Pictures.

Babygirl: la psicologia dei colori poco chiara e lasciata al caso

Il film alla regia non presenta particolari ecceduti tecnici. Le inquadrature seguono la tipologia dei film mainstream americani, dove a far da protagonista è la grande mela che spicca tra grattacieli panoramici e viste urbane. Poche inquadrature dell’esterno, classiche e monotone.

La regista lavora più sugli interni, a colpire è la scelta singolare della camera dove i due hanno un primo incontro. Un design cupo, dai toni caldi sull’aranciato, che sovverte quasi la tensione erotica toccando un misto di emozioni tra il freddo della palette dei colori e il nudo dell’arredamento vintage. La scena che si consuma non viene aiutata dall’atmosfera stessa del luogo, che risulta forse troppo tetra, alimentando ancora di più la scena imbarazzante dove la Kidman si inginocchia come un cane. Insomma una donna bacchettona, che fin da sempre ha gestito e controllato tutti che arriva alla consapevolezza in realtà, di voler essere lei per una volta quella che non comanda. E si lascia completamente trasportare dalle bizzarre manovre di Samuel.

Un miscuglio di varie tipologie di inquadrature estetiche, che cozzano con l’intera struttura e categoria del film. La prima stanza del primo incontro, presenta dei colori tonali freddi, che trasmettono quasi inquietudine e dubbio, poi dal design più semplice si passa alle scene di sesso consumate in scenari più lussuosi e caldi. Una scala di emozioni e stati d’animo che accresce tramite le scelte estetiche dei luoghi ma comunque una psicologia formale difficile da capire e da seguire poiché la stessa regia è piatta e poco intrusiva.

Si arriva poi alle inquadrature sulla casa di Nicole, che affacciano sempre sulla facciata esterna, dove a prevalere è l’enorme distesa d’erba con una piscina. Un luogo mai illuminato, che simboleggia la rottura e la nube di infelicità che pian piano si è adagiata sulla famiglia. Atmosfere sempre cupe, con l’utilizzo di toni freddi e saturi che contrassegnano il luogo che per lei comincia a diventare gabbia. Invece il posto che la fa sentire libera e lontana da ogni convenzione è la stanza di hotel dove si gode la vacanza romantica con il giovane stagista, che pian piano aldilà dell’atto fisico inizia a insinuarsi nella sua vita, prendendosi sempre più spazio..

Babygirl: un nuovo erotismo più intenso e realistico

Al di là dell’essenzialità dei dialoghi, che non accennano minimamente al messaggio che il film vuole portare, il prodotto sa tenere alta l’attenzione. Una serie di scene erotiche si trasformano in piccoli sketch divertenti, forse voluti dalla regista, per attaccarsi un pò più alla realtà e per svincolarsi dal tipico prodotto preconfezionato a sfondo sessuale. C’è un po più di realtà, l’imbarazzo, la vergogna, l’instabilità di gestire una questione abbastanza bizzarra. L’abissale differenza di età e poi la totale insicurezza di lei, davanti alla scoperta dei suoi desideri più nascosti.

Dalla scena dove la Kidman è messa in punizione all’angolo fino a quando è costretta (per suo volere) a bere un bicchiere di latte offertogli dal giovane amante. Una serie di episodi bizzarri che letteralmente fanno perdere la concezione di cosa si sta guardando veramente.

Di colpo la situazione di Nicole, dopo una serie di scenari e proposte bizzarre, salta all’occhio. Dopo anni a gestire l’azienda e la sua famiglia, per una volta vuole sentirsi libera ed essere gestita e dominata da qualcun’altro. Il problema è che questo rapporto è tutt’altro che bondage, le scene erotiche sono davvero poche, il nudo è parziale e l’intento sfocia in scenette senza senso e cringe.

Un’opera che sfida le convenzioni del genere, adattando più punti di vista e attirando la critica con audacia e inventiva. La regista sicuramente sà cosa fare, e l’obiettivo di Babygirl probabilmente propone di uscire dalla tipica rappresentazione strutturata e poco realistica affrontando più l’intimità reale e molto spessa bizzarra, in casi come questo. Inoltre Halina Reijn ha raccontato della sua volontà di introdurre una coordinatrice per le scene d’intimità tra gli attori:

Sono contraria alle persone che dicono: ‘No, i miei attori non hanno voluto un coordinatore per le scene d’intimità”. Non ha senso, è anche per la tua sicurezza come regista. Cosa succede se c’è un malinteso? Avere una persona così sul set è fantastico. E se sei creativo e talentoso come regista, si può fare. Basta attraversare un po’ il proprio disagio per scoprire un mondo completamente nuovo di creatività e possibilità.

La pecca è che a livello registico non c’è chiarezza, troppi elementi discordano tra loro e si rivelano cringe nello scenario realistico, conducendo poi ad un “mappazzone” di intenti che si scontrano l’uno con l’altro. Dall’estetica delle inquadrature fino alla scelta di affrontare un nuovo tipo di dramma erotico. A funzionare è sicuramente l’intesa tra i due protagonisti, Nicole Kidman e Harris Dickinson che più o meno con una discreta recitazione (anche se a volte marcata) riescono bene ad omologarsi allo schema del film. L’attrice hollywoodiana alla veneranda età di 57 anni presenta un fisico statuario e una voglia di mettersi in gioco, affrontando un personaggio fuori dagli schemi e anticonvenzionale.

Babygirl: e la scena del latte, dall’innocenza all’erotismo

Babygirl, il nuovo film di Halina Reijn è un tripudio di scenari ambigui e simbologie che dà sempre varcano la storia del cinema. Come la scena del latte, la bevanda per antonomasia che la donna beve come una “brava ragazzaper assecondare il giovane amante. Una bevanda che ha segnato un secolo di cult rappresentando innocenza ma anche erotismo. Come nel caso della pellicola interpretata dalla Kidman, dove diventa simbolo e elemento di gioco, soprattutto nel suo discorso al National Board of Review Gala, dove tutto d’un fiato davanti alla platea beve tutto d’un sorso un bicchiere di latte, dicendo:

Alzerò un bicchiere di latte per tutte le babygirls qui presenti

Riferendosi appunto, alla scena clou di Babygirl. Dove la bevanda offertagli dallo stagista, durante un cocktail aziendale diventa simbolo di desiderio primordiale e sessuale, che la protagonista accoglie, ingurgitando tutto di un sorso “la sfida”.

In un’ altra scena il latte poi prende la forma di un atto puramente sadomaso. La donna addomesticata a cavalcioni, raggiunge Samuel e la ciotola del latte che tende in mano, lappando il liquido come segno di innocenza e addestramento animalesco. Il controllo ma allo stesso tempo l’accudimento che la donna ricerca e che si converge nelle follie più spinte dell’amante.

Un elemento ricorrente che segna il cinema e tutte le sue simbologie. Da Arancia Meccanica di Kubrick dove il latte è al centro stesso dell’intera esistenza dei Drughi. Sempre riuniti nel Korova Milk Bar, un locale dove alla base pone la pura consumazione della bevanda, la preferita dal violento gruppo e dallo spietato capo Alex DeLarge. L’innocenza e il segno primordiale del nutrimento si intersecano all’arredamento del locale, cosparso di statue nude che servono latte dalle mammelle, ispirate all’opera Hatstand, Table and Chair dell’artista pop Allen Jones. Un giro immenso di significati connessi tra loro, che sfociano nella concezione del regista, dell’erotismo.

BabyGirl: è un no in tutti i sensi

Nonostante l’intenzione ironica e alternativa che il film propone, lascia una serie di lacune narrative e scenografiche, che smarrisce lo spettatore tra vuoti espositivi e incoerenza della struttura registica. Babygirl è un film leggero, da vedere per sporadica curiosità e per la recitazione della Kidman, che nonostante il botox che non lascia rughe espressive, gioca con l’intimità e la chimica con il collega Harris Dickinson. Una prova per l’attrice che si trova catapultata in un personaggio scomodo e difficile da gestire, ma che è voce di miliardi di donne che hanno lo steso problema.


Il film delude le aspettative, con una regia banale e una trama poco avvincente e bizzarra.

Babygirl
Imbarazzante 4.2
Trama 3 | 10
Regia 4 | 10
Recitazione 5 | 10
Scenografia 4 | 10
Sceneggiatura 3 | 10
Musiche 6 | 10
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