Dopo Suburra – La serie, il 30 novembre esce Baby, la nuova serie italiana targata Netflix
La serie è liberamente ispirata allo scandalo delle baby squillo dei Parioli, il benestante quartiere romano teatro dei fatti. Da questa vicenda, che è solo la cornice, nasce l’esigenza di scandagliare diverse problematiche adolescenziali in un teen drama che, se non altro, incuriosisce.
Tra amori, dilemmi esistenziali e conflitti famigliari, pare che gli autori vogliano indurci ad un intrattenimento più profondo.
Proprio la scrittura è un altro elemento che incuriosisce. La serie è, infatti, figlia delle penne del collettivo romano GRAMS (composto da Antonio Le Fosse, Eleonora Trucchi, Marco Raspanti, Giacomo Mazzariol e Re Salvador). Ai giovani autori si sono uniti gli scrittori Isabella Aguilar e Giacomo Durzi.
I registi della serie sono Andrea De Sica e Anna Negri. Tra gli attori nel cast ci sono Benedetta Porcaroli, Alice Pagani, Isabella Ferrari, Paolo Calabresi, Riccardo Mandolini e Claudia Pandolfi.
La produzione è Fabula Pictures, casa di produzione romana fondata di recente da Nicola e Marco De Angelis.
https://www.youtube.com/watch?v=BFqF0acs4eE
“L’amore è un viaggio insidioso. Ed è facile perdersi.” è la tagline della serie Netflix.
Il prodotto vuole essere ardito e disturbante, con la presunzione di essere nuovo e ammiccante, strizzando l’occhio ad un target di pubblico più ampio di quello adolescenziale. Sarà inevitabile il confronto con serie dalle stesse disattese intenzioni come Elite, che è un po’ telenovela un po’ una Riverdale ripulita. Che è carina sì, ma resta intrattenimento autoreferenziale.
Il rischio grande è che Baby sia un fiasco. Un fiasco come lo fu il film del 2013 Spring Breakers. Il rischio è che si raccontino ora, come allora, storie da raccontare, ma in maniera del tutto inappropriata. Il pericolo è che Baby dia fastidio nel modo sbagliato; ossia non interrogando lo spettatore, ma sbattendogli in faccia un loop di cliché che fanno cattivo uso di delicate dinamiche giovanili.
La serie potrebbe rivelarsi un fallimento come lo fu nel 2008 il film Albakiara, capolavoro del trash italiano dell’ultimo decennio. Eppure, anche lì le intenzioni, erano di indagare il mondo giovanile pieno delle fisiologiche incertezze di chi ha sedici anni e impara a sbagliare. Ciò che emerse allora fu un enorme susseguirsi di caotici e sgradevoli riferimenti al confusissimo universo di giovani, sesso e droga. Un ritratto pietoso che speriamo non si ripresenti anche con questa serie. Tuttavia potrei sbagliare e Baby potrebbe ricalcare lo stile e riprendere i temi di opere come il Capitale Umano di Virzì e, se così fosse, avrebbe fatto centro.
Purtroppo, però, guardando il teaser, Baby sembra tristemente simile ad una nuova Melissa P., quella brutta di Guadagnino, non la protagonista del più riuscito romanzo di Melissa Panarello. Se così dovesse essere, non credo che sia ciò di cui la serialità contemporanea ha bisogno.
La verità è che si tratta di un tema “insidioso, ed è facile perdersi”.
Da spettatrice navigata mi piacerebbe che questa storia sia dipinta come quella di Betty dei Baustelle, con “l’amore e la violenza”, proprio in quanto “non esiste differenza tra la morte di una rosa e l’adolescenza” e i protagonisti della serie dovrebbero raccontarci di questa morte tutta giovanile.
Nella speranza che il linguaggio sia più intelligente di quello che sembra, guarderemo quanto sono lucide le “insidie” qui narrate.