Fortuna per la sinistra americana che Donald Trump nel 2028, oltre ad avere 82 primavere, non potrà candidarsi per la quarta volta come Presidente, per via del limite costituzionale dei due mandati raggiunto con l’elezione appena svoltasi.
Perché, altrimenti, a giudicare dalle reazioni da asini antropologici dello star system made in Buoniland, il nostro tycoon e la sua improbabile capigliatura sarebbero in grado di governare per i prossimi cent’anni, inflazione o meno, immigrazione o meno, guerre o meno.
Perché sì, certo, la compagine repubblicana ha fatto incetta di voti puntando forte su questi tre argomenti, che, evidentemente, hanno persuaso la maggioranza assoluta del corpo elettorale a stelle e strisce, pronta a sorvolare così sugli aspetti più bizzarri e inquietanti del movimento MAGA. E sicuramente il salvadanaio, la sicurezza e la pace sono tematiche importanti, attraenti per i più svariati gruppi sociali.
Ma quelle sono considerazioni per analisti seri, non adatte a una rubrica di cinema (trash) come l’Amerikanata. Qui, invece, più terra a terra, sono attori e registi a dettare l’ordine del giorno…
I Buoni del Grande Schermo contro il malvagio Trump
A rappresentare la categoria, la cintura nera di Bontà odierna è Christina Applegate, attrice classe 1971 nata e cresciuta nella democratissima California, stato della West Coast dove Kamala Harris (la Casellati nera…), anche nel buio generale di consensi, ha comunque raccolto 18 punti percentuali in più rispetto al rivale del Grand Old Party.
La Nostra, indignata, ha aperto quell’emporio di cocco bello digitale rispondente al nome di X, il cui proprietario, com’è noto, è il Dark MAGA supremo Elon Musk, controverso e geniale imprenditore a capo anche di SpaceX e Tesla, nonché principale finanziatore della campagna elettorale del vittorioso Trump.
Christina, qui, ha invitato i suoi follower dalle tendenze donaldiane a smettere di seguirla sui social, in quanto inorridita di avere tra il suo pubblico parte degli oltre 70 milioni di concittadini che hanno votato contro i diritti delle donne e dei disabili – tema, quest’ultimo, caro a Christina, data la sclerosi multipla che l’ha colpita di recente – aggiungendo, poi, che la figlia starebbe piangendo perché i suoi diritti di donna possono essere portati via.
Il riferimento, prevalentemente, è ai referendum che nei vari stati si sono svolti a proposito di aborto, il cui diritto non è più sancito a livello federale dopo il provvedimento del 2022 della Corte Suprema a trazione repubblicana che ha ribaltato la storica sentenza Roe vs Wade del 1973.
In 7 stati su 10, nonostante l’ampia vittoria di Trump alle presidenziali, le urne non hanno, però, avallato le posizioni dei Pro-Life, esprimendo la volontà o di estendere le settimane entro cui è possibile abortire, o di sancire il diritto di interruzione di gravidanza nelle Costituzioni statali.
Le cose sono andate diversamente in Nebraska, Sud Dakota e Florida, dove risiede Trump nella villa di Palm Beach, e il cui governatore repubblicano Ron DeSantis (al pari del Vice Presidente eletto J.D. Vance…) ha, come dire, posizioni di bigottismo anti-establishment a riguardo. Nonostante ciò, anche in Florida l’estensione del tempo entro cui è possibile abortire ha ricevuto il 57% di voti favorevoli, non raggiungendo, quindi, solo per un 3% la soglia necessaria a modificare la legislazione.
In ogni caso, al di là di queste bislacche spinte tradizionaliste, a cui gli americani, peraltro, non paiono troppo interessati, se non in sacche di radicalismo religioso, di certo le cittadine della democratissima California, come quelle di tanti altri stati, non subiranno alcuna limitazione di diritti o stile di vita nell’immediato futuro.
Tornando dunque a Christina e alle sue scorribande su X, se la cosa fosse derubricabile a legittimo sfogo personale o a operazione di personal branding, nulla quaestio, per carità, farebbe parte del gioco. Ma se l’obiettivo è persuadere una scelta politica tramite un moralismo isterico che sa di mainstream, la Casa Bianca vedrà di rado il blu democratico nei prossimi decenni.
(E la cosa, ammettilo, giornalisticamente parlando, è più divertente così…).