In periodo di boom delle piattaforme di streaming c’è chi resiste con ottimi risultati e proprio negli Stati Uniti dove le piattaforme sono più potenti. Art House Convergence punta sul cinema d’essai
132 cinema autonomi che programmano titoli indipendenti che non sarebbero, altrimenti, distribuiti, ben 65 festival (Sundance docet), oltre 600 istituti dedicati alla settima arte, 35 film indipendenti distribuiti in un anno (il numero sembra esiguo, ma c’è un incremento del 25% rispetto agli anni passati): questo il consuntivo dell’organizzazione no profit Art House Convergence. Gli spettatori, stando a quanto riporta il National Audience Survey, sono giovanissimi: la fascia d’età più assidua è quella fra i 21 e i 25 anni. Fra i millennials, pare che circa la metà non guardi più di due film ogni tre mesi su Netflix, quindi, meno di uno al mese.
Che un bel gioco dura poco è proverbiale, ma siamo, certo, ancora molto lontani dalla crisi delle piattaforme streaming. Una tendenza che abbiamo già riscontrato in campo musicale. Anche se, a pensarci bene, il vecchio disco in vinile, ormai in netta ripresa, ci ha messo di più per tornare a essere apprezzato più dei CD, MP3, ecc.
A noi, che siamo da sempre sostenitori di entrambi i media, la cosa non meraviglia più di tanto, anzi, ci troviamo nella posizione, un po’ antipatichina, ma appagante, di quelli che possono affermare: “io l’avevo detto”. Tempo fa, ci eravamo chiesti se fosse vero che Netflix fosse responsabile del calo di spettatori al cinema, come sostenuto anche dal decreto Bonisoli, e la nostra risposta era stata: no. (Vedi articolo: Non è vero che Netflix ruba spettatori alle sale cinematografiche).
Semplicemente, se i film, sia detto con tutto il rispetto, dei fratelli Vanzina non perdono niente su uno schermo di dimensioni ridotte, vederci un film di Kubrick o di Scorsese, giusto per citare i due registi finalisti del nostro sondaggio su Instagram per incoronare il miglior regista, sarebbe molto limitante. Ci sono film, anche belli, che hanno la loro forza principale nella storia, e allora piattaforma o cinema “per me pari sono”, e ci sono film dove fotografia e suono sono parte integrante del prodotto, e allora in sala sono un’altra cosa.
Mentre in Europa le sale stanno chiudendo, negli States i cinema d’essai stanno cominciando a essere presi letteralmente d’assalto
Segno buono. Perché gli Stati Uniti, per ora, rappresentano il massimo potere economico e quindi culturale: affermazione rigidamente marxiana e fuori moda, ma quando Marx ha ragione, ha ragione; quindi vuol dire che la stessa tendenza arriverà presto anche da noi.
Per lo stesso motivo, da tempo, teniamo d’occhio il cinema cinese, poiché non è impossibile che la Cina sostituisca presto gli States come massima potenza economica mondiale: Monkey King: hero is back, il film d’animazione cinese e Big fish & begonia: il mondo dei pesci e degli uomini in un cartone animato cinese.
Oltre alla buona abitudine di proporre film che, altrimenti, sarebbero snobbati dal circuito dominante, le Art-Houses si preoccupano anche del loro impatto da un punto di vista sociale. Marcia Smith, della società di produzione no profit Firelight Media, lo dice chiaramente: “Lo spazio di una poltrona riservata al pubblico nelle Art-Houses è ben più di una sedia o di un grande schermo. Il pubblico oggigiorno è molto destabilizzato e disorientato. In alcuni casi, la gente ha paura e ha bisogno dello scambio con l’altro; vogliono sentirsi accettati dalla comunità indie. Immaginate che potere mediatico avrebbe un piccolo festival a Haiti o in Africa in questo periodo storico”. E Russ Collins, capo del Michigan Theater: “Il fine, nelle Art-Houses del Nord America, è quello di muoverci verso il progresso e mettere sempre davanti la qualità. Noi rappresentiamo un’importante fetta dell’industria. Siamo un settore della cultura. Possiamo fare la differenza, una volta per tutte“.