Chi come me è nato e cresciuto in Puglia, sa che ogni ulivo tagliato, è come un figlio perso, è un’amputazione, una parte di te che se se va; e quando questo avviene per un’occupazione d’urgenza, fa ancora più male. Si perchè nessuna autostrada, nessun viadotto, nessuna speculazione edilizia vale i ricordi, la bellezza e la storia che racchiude un ulivo.
È da questo dramma che prende avvio La Rivincita, la storia di due fratelli, Vincenzo (Michele Venitucci) e Sabino (Michele Cipriani), complementari e insostituibili l’uno per l’altro e uniti da una disgraziata condizione: la porca miseria.
La Rivincita del regista Leo Muscato ci racconta una storia fuori dal tempo, dove non esistono i cellulari, ma solo i sentimenti, ambientato fra gli ulivi di Martina Franca, è vero, ma talmente intensa e piena d’amore che avrebbe avuto lo stesso effetto anche se ambientata sulla luna.
“…le campagne sono casa, non è specificato un luogo. Questo ci ha aiutato a concentrarci più sui sentimenti che sugli attori. I personaggi, nella loro triste miseria, sono contemporanei”
Ha dichiarato Michele Venitucci
Pochi personaggi, ma essenziali e sufficienti per costruire una trama coinvolgente e ai limiti dell’immaginazione in alcuni casi.
Accanto a Vincenzo e Sabino due donne forti e tenaci, anch’esse complementari l’una rispetto all’altra, Maia (Deniz Ozdogan)e Angela (Sara Putignano).
Le storie di queste de famiglie corrono parallele, accomunate da un unico denominatore, la miseria e da un’altrettanto comune obiettivo: riuscire a farcela, prendersi una rivincita.
Vincenzo è disperato, perde il suo terreno, torna da Maia:
“non ce lo possiamo più permettere (un figlio)”
Come se fosse un abbonamento.
“se lo dobbiamo perdere, meglio adesso che non lo conosciamo”
Ma una madre conosce il proprio figlio fin da quando viene concepito, e questo Maya lo sa bene, e lo urla con la voce rotta dal pianto.
“un figlio è una cosa normale”
Ma le cose normali non tutti se le possono permettere; e così Maya prende la decisione più dura x una donna e ritorna a lavorare per tirare a campare, mentre Vincenzo accetta di pompare veleno, quello stesso veleno che gli toglierà per sempre la virilità.
Dall’altra parte del pianerottolo c’è Sabino, con il suo chiosco di fiori, strozzato dai debiti e dagli usurai; lui un figlio ce l’ha, si chiama Marco, ed è un bambino che sa il fatto suo, vuole ballare, ed è disposto a tutto pur di difendere il suo sogno, anche sopportare l’ostilità di una madre anaffettiva, che anziché assecondare le inclinazione del figlio, lo dissuade
“e tu, proprio questo dovevi fare?”
Angela, come dice la stessa Sara che la interpreta, durante la conferenza stampa:
“è un personaggio che implode. Il suo passato, anche se solo accennato nella trama, compromette il suo rapporto con la maternità, non capisce come si riesca a stare bene….attraverso Angela viene raccontata una maternità che non è quella canonica. Cresciuta in un istituto di suore, è incapace lei stessa di essere madre”
Angela a mio avviso è il personaggio più controverso di tutta la storia e anche quello capace di dispensare più sofferenza, soprattutto al figlio.
“che cosa hanno i bambini africani più di me mamma”
Gli chiede Marco…una frase che ti spezza l’anima.
La miseria è una brutta bestia, ti porta a scelte incomprensibili ma necessarie alle volte, per fare chiarezza e riacquistare lucidità; ma nella nebbia che ci sta in mezzo, si potrebbe fare di tutto.
Così si scopre che anche il sangue ha un prezzo, e che anche in quel caso però la sfortuna ci si mette di mezzo, perché se non è del tipo giusto, vale di meno; ci si scopre capaci anche di vendere un rene e di dire cose talmente stupide, che possono solo far ridere:
“E un rene quanto vale?”
“10/12 mila euro”
“e due?”
“muori”
La narrazione presenta diverse scene ironiche e surreali quasi, che servono a spezzare la pesantezza della storia e la lentezza di alcune scene che si esauriscono con il nero prima dell’inizio di quella successiva.
Non dimentichiamo che è il dramma dell’esasperazione che va in scena, la stessa esasperazione che alla fine accomuna tutti i protagonisti, concordi e convinti del fatto che una bugia o un inganno, se operati a fin di bene, sono leciti e mettono tutti d’acccordo.
Alla fine è la speranza a prevalere su tutto, e come dichiarato da Michele Santeramo, autore del libro dal quale è tratta la storia,
“la deriva a cui porta chi è nella miseria, è una deriva di malaffare, ma non ci si deve rassegnare, mai. Si può sempre scommettere sul fatto che domani sarà meglio di oggi, questa è la speranza.”
Il regista Leo Muscato invece, durante la conferenza stampa di presentazione tenutasi in forma di Webinar sulla piattaforma Zoom lo scorso venerdì, a proposito della collaborazione con Santeramo, scrittore e drammaturgo, e in merito al film, ha dichiarato:
“Il film nasce 6 anni fa dal mio incontro con Santeramo durante un laboratorio. Ho letto il libro, sono rimasto folgorato, l’ho presentato a Fragnelli, e dopo soli 4 giorni eravamo pronti per iniziare la revisione della sceneggiatura per farne un film…E’ essenzialmente un film sull’amore in ogni sua forma, o meglio, sulla ricerca dell’amore e gli sforzi che si fanno per raggiungerlo, sfidando tutte le avversità”.
Il film non ha una colonna sonora, solo sul finale, quando i protagonisti sono sul baratro, si arricchisce del brano No potho reposare del compositore e musicista Paolo Fresu, un canto d’amore della musica tradizionale sarda, nella sua versione arrangiata e interpretata dal maestro Fresu.
La canzone fa da sfondo e sottofondo alla risata liberatoria degli“aspiranti suicidi”ma l’assenza di una colonna sonora, non toglie nulla alla pellicola, né alla storia in sé, perché talmente vera e assurda è la storia, che tutto il resto passa in secondo piano.
La forza e la fortuna di questo film, credo risieda nel forte senso di identificazione e immedesimazione che trasmette. Sfido chiunque vedrà il film a non chiedersi…e io cosa avrei fatto al posto di Vincenzo, o di Sabino, o di Maia, o di Angela.
Una cosa è certa, hanno tutti risorse infinite per reagire e hanno risorse assurde per riuscire ad ottenere solo “ciò che è normale”.
Se per alcuni infatti, l’essenziale è invisibile agli occhi, come ci insegna Il piccolo Principe non per tutti è semplice ottenerlo, ma quando lo si ottiene…quella si che è una rivincita.
Ricordiamo che La Rivincita di Leo Muscato, una produzione Altre Storie con Rai Cinema, prodotto da Cesare Fragnelli e realizzato con il contributo della Regione Puglia e di Apulia Film Commission, debutta dal 4 giugno in esclusiva su RaiPlay (www.raiplay.it).
Il film, che era stato selezionato al Bif&st 2020 nella sezione competitiva, fa parte del progetto La Rai con il Cinema italiano – Otto film di Rai Cinema in esclusiva su RaiPlay.