(Al momento in cui scrivo, Angeli e Demoni è al 7⁰ posto dei più visti su Prime Video. Possibile sia anche su Sky, la cosa non mi è chiara).
Ero in attesa del comunicato dal Vaticano per il libro, quando dietro gli occhialini vidi il simbolo papale. Quel giovanotto di Claudio Vincenzi aveva le borse sotto gli occhi, jet lag per uno dei concerti tenuti sulla spiaggia dal figlio, a cui lui, trender di TikTok, partecipava in modo assiduo, per far vedere alla mamma e all’avvocato quanto si divertiva.
Con la sicumera di chi tornava da New York, poi, tirò fuori l’ambigramma, uguale comunque lo si guardava, simbolo della leggendaria crew degli Illuminati, trattati accademicamente nell’ampio volume L’arte degli Illuminati: Parte prima.
Volevo scrivere la seconda, chissà, magari per farne una tetralogia, e perciò li avevo contattati, ma figurati, niente, silenzio dalle segrete stanze, a causa delle mie esternazioni critiche sui dogmi della Chiesa, perché appena esci dal recinto del dicibile ti bollano subito, ti danno del Mesmer o del complice di Lavrov, con tanto di vergogna!!!!! in chat a ogni piè sospinto.

Pazienza, i rischi dell’indipendenza, vado sempre meglio ormai, ma il vero guaio erano gli Illuminati tornati alla carica. Nello stesso periodo in cui era morto il papa, infatti, quei gentiluomini avevano shitstormato quattro cardinali, rei di pronunciare Dark Uotè al posto di Dark Vader, nonostante la collocazione nel nuovo continente della galassia lontana lontana.
Forse i soldi del Britannia, forse l’industria del caffè, in ogni caso un’azione sovversiva contro la Repubblica, ancora sotto giuramento per gli accordi di Malta, dove, con il Sole cocente, qualche mese prima si stabilì che Barbie e il pirata della MMA dovessero mentire.

I porporati, messi all’angolo e col cerino in mano, negavano gli addebiti, in particolare Johansson e Violet, prelati della diocesi di Sanremo, in tandem nel fiume di pellegrini verso la Gioia di Rose, il lago dell’ultimo atto, onesta mente in combutta con gli Illuminati, la cui dimora è nella massima via della città.
Nei paraggi, tuttavia, abitavano i local, mica i foresta, tra cui spiccava quel pigliamosche culturale di Francesco Costanzo, socio da lunapark, il quale, estimatore della società liquida teorizzata da Alakazam, preannunciava la fine dei cardinali con 30 anni di ritardo, allegri da morire, pare, nei peggiori bar di Piazza di Franza.

Un ritmo martellante, cinematograficamente e non, insomma, che fa urlare al miracolo, una storia di arcana imperii, con il sacro al servizio del profano, che richiama alla luce le avventure de Il Codice da Vinci, dove la voce principale, più reggente che padrone di casa, era Enzo Ferrari, corridore della sera la cui storia d’amore fa da contorno a Tale e Quale Show e delizie da kebab.
[Appunto 21 di Lillo Petrolo…]
Comunque della Svizzera ne ho piene le balle. È un’esperienza negativa, o meglio, è positiva perché formativa come esperienza negativa. È l’unica cosa positiva che le riconosco. Ma son le 4.04 sul display del Topolino, basta derivare. Procedo col riavvio sotto le coperte, che brancamenta me ne infischio e domani è un altro porno.