Andy Warhol. American Dream è arrivato nei cinema il 6 e 7 maggio in occasione dell’ultimo appuntamento della Stagione Grande Arte al Cinema di Nexo Studios, diretto da L’Ubomír Ján Slivka e prodotto da Attack Film e RTV. Andy Warhol. American Dream è stato realizzato con il sostegno della famiglia Warhol, dell’Andy Warhol Museum di Pittsburgh, del Museo di Andy Warhol a Medzilaborce (Slovacchia), della Galleria Nazionale Slovacca, della Galleria della città di Praga e della Fondazione Andy Warhol.
Come in un viaggio on the road, il film esplora, attraverso filmati, tra passato e presente, l’enigmatica e unica personalità di Andy Warhol (1928-1987), elemento di spicco della Pop Art e volto che, tra gli anni Sessanta e Settanta, ha influenzato con la sua arte un’intera generazione e che ancora oggi ha lasciato un segno indelebile nella cultura moderna.

Ora, però, andiamo a scoprire un po’ più in profondità Andy Warhol. American Dream: un sogno partito molto tempo fa, all’alba del Novecento, con i suoi genitori, anonimi emigranti slovacchi negli Stati Uniti in cerca di fortuna, e che poi è proseguito con il figlio negli anni Cinquanta, il quale, dopo aver attraversato da protagonista buona parte del Novecento, anche dopo la sua prematura morte avvenuta nel 1987, continua questo sogno mai tramontato realmente, con la sua immensa eredità culturale e artistica ad ispirare ancora oggi, continuando a far riecheggiare il suo nome, perché una cosa è certa: esisteva un mondo prima di Andy Warhol e uno dopo, e proprio tra questi due immensi universi, in punta di piedi, entriamo…
Andy Warhol. American Dream. La trama.
Alle scoperte delle radici del mito Warhol
Andy Warhol ha sempre preferito far parlare la sua arte e non lui: dai Daft Punk a Milan Kundera, difatti, potremmo annoverare Warhol tra quegli artisti che preferiscono lasciare le proprie opere al posto loro, eliminando paradossalmente il suo creatore da quel processo, in una sorta di ricerca di oblio e quindi anonimato assoluto dopo la loro creazione.
Un oblio in cui rimane viva la propria arte e che, espropriatosi per intero del proprio padre putativo, cerca la sua strada per proprio conto, lontano anni luce da colui che un giorno ha deciso di metterla al mondo.

Andy Warhol. American Dream conferma di fatto questa volontà da parte dell’artista di origine slovacca di sparire dietro la sua opera. Il quale certamente, al di fuori dell’invadente occhio e orecchio della telecamera di cui fece ampio uso a scopo lavorativo nella seconda parte della sua vita, in cui la timidezza non sarebbe, a una prima superficiale occhiata, certamente il tratto principale con cui poter descrivere a posteriori questo immenso e allo stesso tempo assai complesso artista.
Il suo essere schivo e avaro di parole, a mezzo video e radio, lo avvertiamo in maniera evidente in tutto il docufilm alle origini del mito Warhol: poche parole, spesso più rapide sentenze e freddure lasciate al suo spesso basito intervistatore.

La sua storia ci viene descritta più che dalle sue parole, sia in slovacco che in inglese, oltre agli interventi nei luoghi importanti, da parte di chi lo ha conosciuto, discendenti, amici d’infanzia o amanti della sua opera, dalla Slovacchia agli Stati Uniti, da slogan e massime, più o meno lunghe, sbattute sullo schermo in stile Pop Art, a dimostrazione di un’acutezza di pensiero tutt’altro che banale e approssimativa.
Quando spesso veniva interrogato sulle sue origini, Warhol rispondeva, di fatto, sempre laconicamente con una frase ormai divenuta celeberrima:
Vengo dal nulla”.

Il viaggio di Andy Warhol. American Dream parte, però, molto prima della sua venuta al mondo nel 1927. I suoi genitori, Ondrej Warhola (che anglicizzò il cognome al suo arrivo negli Stati Uniti) e Júlia Justína Zavacká, emigrarono dall’attuale Slovacchia durante un periodo di intensa migrazione dall’Europa verso l’America, il continente delle nuove speranze e di quel sogno americano, spesso più affascinante nell’idea che nei fatti veri e propri.
Il documentario parte, infatti, proprio da queste radici per rivelare aspetti inediti della vita dell’artista, intrecciando il suo background familiare con la sua straordinaria carriera. Un padre che parte all’avventura e che, dopo la guerra, con la giovane moglie deciderà in quel nuovo mondo di trasferirsi e di creare la propria famiglia.

(taken near their home on Dawson Street, Pittsburgh)
Una vita difficile e tutt’altro che semplice quella dei due emigrati, piena di sacrifici e lavoro massacrante che consumò in fretta la vita di Ondrej, morto nel 1942, ma che nonostante tutte le difficoltà, riuscì a regalare quell’American Dream ai figli, in particolare al figlio minore, fin da piccolo predisposto alla grandezza grazie allo straordinario talento artistico che dimostrò fin dai primi anni, e che i due fratelli maggiori, Paul (1922) John Warhola (1925), fratelli maggiori del re della Pop Art, Andy Warhol (1928), insieme alla madre e al resto della famiglia, anche dalla Slovacchia, sostennero con forza, desiderando per quel figlio tanto schivo, ma così talentuoso fin dal principio, un futuro migliore e tutt’altro anonimo.
Attraverso interviste intime e materiali personali, il film accompagna gli spettatori in un viaggio emotivo e spirituale, esplorando le origini di Warhol e gli anni leggendari della Factory di New York, il nome dello studio originario di Andy Warhol a New York City tra il 1962 e il 1968 e con cui, con lo stesso nome, sono conosciuti anche i suoi studi successivi. La narrazione offre una nuova prospettiva sull’artista, svelando dettagli meno noti che catturano l’attenzione non solo degli ammiratori di Warhol, ma anche di un pubblico più ampio.
I luoghi fondamentali della sua vita
Una parte significativa del documentario è stata girata nel villaggio d’origine dei genitori di Warhol, dove il cristianesimo bizantino era profondamente radicato. La fede e la religione, temi centrali nella vita dell’artista, si intrecciano con la sua arte, mostrando, per certi versi, il lato introverso e malinconico di un uomo che trasformava l’ordinario in straordinario e in cui l’obiettivo di trasformare in arte anche l’oggetto più umile, fondamento non a caso della Pop Art di cui Warhol è il più riconosciuto esponente.
Il film fa visita, con inquadrature più o meno ravvicinate, a tutti quei luoghi simbolici che hanno visto crescere Warhol: la casa natale di Andy a Pittsburgh, la Carnegie Tech University dove studiò e che si rivelò crocevia fondamentale tra il vecchio, schivo e timido Warhol e il secondo Warhol, folle, eccentrico ed estremamente popolare tra i grandi VIP del tempo, seppur mantenendo sempre quel filo di timidezza e di ritrosia dalle telecamere, che, al di là di altra forma espressiva con cui poter esprimere il suo talento, rimarrà sempre un mezzo da cui tenere lontana la sua volutamente segretissima vita privata.

Altro luogo fondamentale che appare è certamente la sua prima casa a New York, oltre a essere documentati altri luoghi cruciali della sua vita, come “The Factory” (lo studio di Andy Warhol a New York) in cui fu vittima di un tentativo di assassinio il 3 giugno 1968 da parte di Valerie Solanas, problematica e disturbata giovane artista del tempo, senza dimenticare l’ospedale della sua morte dove avvenne improvvisa e misteriosa la sua scomparsa, e ovviamente l’ultima dimora terrena di Warhol: il cimitero a Pittsburgh dove è sepolto.
Proprio qui, a Pittsburgh, si torna spesso durante il film, anche perché qui riposa tutta la famiglia di Warhol, compresa la tomba, in stile ovviamente Pop Art, del grande artista di origine russina.

Ad arricchire il racconto di Andy Warhol. American Dream ci sono i contributi dei nipoti Donald Warhola, vicepresidente della Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, e James Warhola, illustratore e artista, oltre al commovente intervento di un suo antico amico d’infanzia, cresciuto con Andy fin dal principio e che racconta nei luoghi d’origine americana della famiglia Warhola, il lato più sconosciuto e infantile del primo Warhol.
Con materiali inediti e nuove prospettive, il docufilm getta luce sulla complessità di Warhol, rivelandone il lato più intimo e il profondo impatto che il suo lavoro ha avuto sulla cultura contemporanea. Andy Warhol. American Dream ripercorre, infatti, le tappe principali della sua vita e della sua carriera, dalle famose tele con le scatolette Campbell’s, ai ritratti di Marilyn Monroe e Jacqueline Kennedy, alla serie di incidenti stradali; dalla leggendaria Factory al cinema underground, storica da questo punto di vista la collaborazione con i Velvet Underground.

Arrivando al colpo di pistola partito dalle mani di Valerie Solanas, giungendo alla drammatica perdita della madre, da cui il sensibile e devoto figlio non si riprese mai completamente, portandolo a isolarsi sempre più dalle persone fino alla fine della sua vita terrena, nel silenzio più assoluto nel 1987, da dove un altro viaggio, a noi sconosciuto, è iniziato…
Andy Warhol. American Dream. Conclusioni
Andy Warhol. American Dream è indubbiamente un bel viaggio alla scoperta di questo straordinario artista, forse conosciuto per la sua parte artistica per i ritratti di grandi artisti come Marylin Monroe, Mick Jagger, Cher, David Bowie, Elton John e molti altri o per la sua celeberrima Campbell’s Soup, ma decisamente molto meno per le sue origini o per alcuni aspetti della sua vita tenuta sotto riserbo dallo stesso Warhol, amante delle provocazioni pubblicitarie e artistiche, ma non della divulgazione sulla sua vita personale che, a parte qualche eccezione, rimane per i più avvolta nel mistero.

Un viaggio commovente tra inediti ricordi di famiglia, drammatici momenti, rapporti con alcuni grandi predecessori del suo stesso mondo come Duchamp, ed eccentrici comportamenti guidati da droga e alcol di cui, non è un mistero, abusò, senza, però, per questo macchiare il significato della sua preziosa arte, navigatrice costante tra il provocatorio e la ricerca assidua di scoprire che cosa essa effettivamente sia, anche tra i prodotti più umili e popolari trovabili all’interno di un qualunque supermercato di un tempo, l’arte vera e propria.

Sarebbe stato magari bello, includere anche qualche contenuto speciale di qualche grande artista ancora in vita che collaborò e visse con lui quegli anni di grande fervore culturale, come furono gli anni Sessanta e Settanta, e non soltanto farcelo raccontare da addetti al lavoro o parenti, giusto per conoscere ancor più genuinamente e ancor più dall’interno quel folle mondo, e forse proprio comprendere ancor meglio cosa ruotasse intorno al genio creativo di Andy Warhol.
Un genio che ha finito il suo viaggio terreno il 22 febbraio 1987, ma che ancora oggi, con le sue opere, le sue geniali e creative massime e il suo modo di fare, borderline tra la provocazione e la discrezione, rimane una delle menti più geniali del secolo scorso, volato via troppo presto,neanche a 60 anni d’età, ma che ancora oggi, inarrestabile, viaggia tra di noi, perché se l’esistenza umana è limitata dai confini della vita, dietro i suoi cancelli qualcosa lascia sempre qualcosa: in questo caso, l’arte di un geniale artista di poche parole, ma con un immenso patrimonio artistico alle sue spalle.

Preferendo lasciare qui giusto essa, per poi partire chissà verso quali altri lidi ultraterreni, dove creare con pittura e poco altro, chissà cosa, magari un mondo migliore. Nel frattempo ha lasciato la sua indelebile impronta nel nostro; un giorno da quel nulla da cui diceva di provenire e dopo averne dato il suo indelebile marchio, ha deciso in silenzio di calare il sipario e, dietro di esso celare molto del suo io.
Grazie ad Andy Warhol. American Dream, al cinema in questi giorni, qualcosa in più potremo riscoprire in questi giorni, non tutto, però. Gran parte, infatti, rimarrà ancora dietro quel tendone che astutamente la vita lascia sotto forma di una tomba, come ultimo testimone di ciò che fu l’uomo che rappresenta, lasciando dietro di sé quel mondo che in vita ha contribuito a creare…