“dall’indipendenza del Pakistan nel 1947, la comunità Lgbt ha subito ogni forma di mortificazione sociale e difficoltà”: pestaggi, stupri, omicidi e discriminazioni sociali, per esempio, le sole attività concesse ai trasgender per sostentarsi sono: “chiedere l’elemosina, danzare o prostituirsi”.
Wajahat Abbas Kazmi è un attivista dei diritti umani e, oltre a filmare le molte testimonianze delle vittime della discriminazione, dimostra che, nel passato, l’islamismo non aveva mostrato alcun pregiudizio legato al sesso. Pare che sotto l’Impero Moghul i trasgender ricoprissero ruoli importanti, era frequente il crossdressing e l’omosessualità era un argomento comune in letteratura, un po’ come nell’antica Grecia. Il documentario è specifico, quindi è ovvio che non vi si accenni, ma mi piacerebbe sapere se sotto l’Impero Moghul anche le donne godessero di privilegi che l’islamismo fondamentalista moderno non concede più. Comunque sia, l’islamismo non è nato omofobo, ne consegue che, come dice Kazmi, Allah loves equality, il problema è farlo capire a chi non è d’accordo – e comanda.