Una stella ormai destinata a brillare per sempre. Alain Delon, il divo hollywoodiano nato sotto il segno scorpione, ci ha lasciati il recente 18 agosto, portandosi con sè un pezzo di storia del cinema che non tornerà più. Gli anni d’oro delle pellicole in bianco e nero, le atmosfere noir, e l’alienazione di un’epoca che vede ormai lontano la guerra e sempre più vicina l’era del boom. Una bellezza fuori dal comune, e una bravura senza eguali. Legato alla sua amata Francia, ma ancor di più all’Italia che lo vede crescere dietro la cinepresa. Dal successo, all’epoca giovanissimo del Gattopardo (1963 fino al capolavoro di Valerio Zurlini, La prima notte di quiete (1972), che lo vede protagonista, in una carriera che ormai domina i panorami internazionali.
Alain Delon: il divo bello e dannato
Una vita dedicata all’arte del cinema, quasi sempre presente nella sua vita, fin dall’inizio. Infatti il padre Fabien Delon (1904-1977) era direttore di un piccolo cinema di quartiere, mentre la madre faceva la commessa in una farmacia. Alain, nasce l’8 novembre 1935 a Sceaux, un piccolo comune francese. A soli 4 anni i genitori divorziano e il padre scompare per diversi anni, costringendo Édith ad affidare il piccolo a una famiglia adottiva, il cui padre è guardia carceraria della prigione di Fresnes. In quel periodo Alain è spettatore della fucilazione del collaborazionista Pierre Laval, esperienza che da un lato lo turba, ma dall’altro lo affascina, forgiando ancora di più il forte nazionalismo che lo contraddistingue da sempre.
Per metà francese, e metà italiano, la leggenda narra che gli Evangelista (famiglia della nonna paterna) siano imparentati con i Bonaparte. Delon, infatti, nei primi anni settanta, durante un’intervista rilasciata al giornalista Rai, Gianni Biasich, aveva dichiarato di avere origini italiane, in quanto la nonna Marie-Antoniette Evangelista, nata a Sant’Angelo in Theodice, frazione di Cassino, nel 1860, emigrò in Francia dove conobbe un operaio di origini francesi.
Due nazioni che furono protagoniste dall’ascesa del divo francese sull’olimpo di Hollywood. Una vita dannata che lo rincorre fin da ragazzo, a solo otto anni vede rompersi davanti a sè ancora la possibilità di un’equilibrio famigliare sano e amorevole. Non potendo più restare con la famiglia adottiva e non potendo tornare dalla madre, viene spedito in collegio di suore a Issy-les-Moulineaux dove incontrerà uno dei suoi più cari amici, Gérard Salomé, con cui trascorrerà tutta la giovinezza.
A causa del carattere ribelle e la carente rendita scolastica, data anche dai vari traumi subiti da piccolo, Alain sarà più volte costretto a cambiare diversi istituti. All’età di 14 anni lascia la scuola; sua madre, risposatasi con un maestro salumiere, lo indirizza come apprendista salumiere nella macelleria del patrigno, in cui Alain si trova subito a suo agio, diventando in breve uno dei dipendenti più proficui.
A quattordici anni, si avvicina al cinema, recitando una breve parte in Le Rapt, un cortometraggio girato dal padre di uno dei suoi amici. Una passione che inizia a sviscerarsi radicalmente nel cuore del giovane ragazzo, maledettamente violato dalla vita e dalle sfortunate vicende familiari. Appena decide di arruolarsi nella marina francese. Dopo un periodo presso il Centro di Addestramento Marittimo di Pont-Réan, continuò il servizio militare, fino al primo arresto per furto di equipaggiamento.
Da lì la scelta di ritirarsi oppure prolungare il servizio per cinque anni. Il giovane prosegue fino a diventare marinaio di prima classe, assegnato alla compagnia di protezione dell’arsenale di Saigon, in quella che ancora faceva parte dell’Indocina francese. Verso la fine della guerra d’Indocina, fu arrestato per aver rubato una jeep e provocato un’incidente. Cacciato dalla marina, Delon vede davanti a sé gli anni più bui, le ristrettezze economiche e i lavori più umili, dal facchino fino al cameriere, e poi la luce infondo a un tunnel, chiamato “cinema“.
Alain Delon: i primi esordi e l’incontro con Romy Schneider
La passione per la giovane attrice Brigitte Auber lo spinse verso il mondo cinematografico, portandolo a numerose conoscenze che gli spianarono la strada del successo. Conobbe l’attore Jean-Claude Brialy che lo invitò al Festival di Cannes, dove la sua bellezza pura e al tempo stesso glaciale non passò inosservata, tanto da attirare gli occhi di molti registi su di sé.
Si trasferisce a Roma, dove condivide l’appartamento con Gian Paolo Barbieri, che diventerà poi un famoso fotografo, e gli viene proposto un contratto a Hollywood a patto di imparare l’inglese. Nonostante Alain inizi un corso di inglese in Francia, il viaggio salta quando il regista e sceneggiatore francese Yves Allégret lo convince a lavorare per lui.
Non sapevo far niente. Allégret mi spiegò: “Devi parlare come fai con me, guardare come mi guardi. Non recitare, vivi”. Se non me lo avesse detto, non avrei mai avuto questa carriera».
Alain Delon esordisce sui grandi schermi nel 1957 con Godot, un film tratto dal romanzo di John Amila, un giallo sentimentale girato tra le sofisticate strade parigine, dove il giovane attore mette in mostra tutto il suo fascino, ormai pronto a varcare lo star system. Da lì un successo dopo l’altro, nello stesso anno registra Fatti bella e taci, in cui duetta per la prima volta con Jean-Paul Belmondo, mentre il primo vero ruolo da protagonista arriverà nel 1958 con L’amante pura, dove conosce l’attrice austriaca Romy Schneider con la quale, nonostante la reciproca diffidenza iniziale, inizia una lunga relazione sentimentale.
il grande amore della mia vita – così la definiva. Dopo il funerale dell’attrice, nel 1982, le ha scritto una lettera d’amore postuma ricordando le parole di Visconti. «Ci diceva che ci assomigliavamo e che avevamo, in mezzo alle sopracciglia, la stessa V che si corrugava, per la rabbia, la paura della vita e l’angoscia. La chiamava “la V di Rembrandt” perché, diceva, “il pittore aveva questa V nei suoi autoritratti. Quando ti vedo dormire, scompare”».
La storia d’amore più importante e più dolorosa per Delon, la coppia d’oro del momento, giovani, belli e innamorati. I due amati in Francia, varcano insieme le strade del successo, mano nella mano, fino al film che segna e corona per sempre il loro sogno d’amore, La Piscina del 1969, diretto da Jacques Deray. Un giallo sensuale, e provocatorio al tempo, che colpisce la critica e conquista il pubblico. Nel cast anche una giovane Jane Birkin.
La coppia d’oro, Bardot-Delon, i divi francesi più acclamati di Hollywood
Nel 1961 arriva la conferma ufficiale, in un cast d’eccezione, dalla giovane promessa del mondo del cinema e della moda Brigitte Bardot, fino al bello e impossibile Jean-Paul Belmondo, affianco a Edwige Feuillère e Simone Signoret. Dalla regia di Michel Boisrond Gli amori Celebri, un film diviso a episodi che racconta di quattro vicende storico-romantiche basate sui racconti di Paul Cordeaux. Delon accanto alla diva francese verrà proclamato sex symbol e uno degli uomini più belli del mondo, una coppia che esplode dentro gli schermi ma anche fuori, affiatati, complici e uguali. Molte cose li accumunavano, l’amore per gli animali, le stesse idee politiche, le stesse delusioni, e lo stesso amore.
Perdo un amico, un alter ego, un complice. Ci univano gli stessi valori, le stesse delusioni, lo stesso amore per gli animali e penso a una frase di Alfred de Vigny in Morte del lupo: “‘E’ da vedere che cosa si è stati sulla Terra e che cosa lasciamo. Solo il silenzio è grande, tutto il resto è debolezza”.
Le parole che, l’attrice ormai novantenne, ha elogiato per ricordare Delon. Una lettera profonda, che non lascia al caso, l’intimità dei due, che però non hanno mai ufficializzato.
Il debutto in Italia e il connubio con Antonioni
Delon, girerà i film più importanti con i più grandi registi, da Melville a Visconti, passando per Losey, Antonioni, Deray. Una collezione di capolavori del cinema internazionale, da Rocco e i suoi fratelli, dove interpreta un personaggio puro e tollerante, così lontano dai suoi ruoli tipici futuri. Il film ottiene un successo clamoroso, vincendo il Leone d’argento a Venezia, consacrando il giovane francese nell’olimpo del cinema italiano, tanto da attirare l’attenzioni di Michelangelo Antonioni che riconosce il suo valore artistico, portandolo nel progetto del film L’eclisse (1962), accanto all’insuperabile Monica Vitti, un rubacuori che conquista anche Cannes con il Premio della Giuria, e si aggiudica ancora una volta la vetta cinematografica.
Una storia drammatica che tocca il tema dell’esistenzialismo, attraverso l’apatica storia d’amore dei due protagonisti che consumano le proprie anime, davanti a una Roma fredda, divisiva e fragile, surclassata dalle architetture quasi metafisiche, simile ai quadri di Giorgio de Chirico.
L’anno successivo arriva la consacrazione internazionale: con Il Gattopardo di Luchino Visconti. Delon interpreta il principe Tancredi Falconeri e recita insieme a personalità come Burt Lancaster e Claudia Cardinale. Premiato con la Palma d’oro al Festival di Cannes, il film ottiene un’eco internazionale, e contribuisce a plasmare l’icona del giovane divo, che si aggiudica una candidatura ai Golden Globe come miglior attore debuttante.
Io sono un attore, non un commediante. Essere commediante è una vocazione: vai a scuola, impari a far teatro. Essere attore capita per caso. Depardieu è un attore. Belmondo è un commediante straordinario, ha voluto fare questo mestiere fin da quando era piccolo, l’ha imparato, ci ha lavorato. Io sono figlio di un salumiere. È vero che mio padre era anche direttore del cinema di Bourg-la-Reine, ma l’idea di fare questo lavoro non mi aveva sfiorato finché non si è presentata l’occasione. Sono un attore perché mi è capitato di farlo per caso
Gli anni d’oro in Francia e il debutto hollywoodiano
Un Marlon Brando francese, tanto da essere una delle prime scelte di Bertolucci per Ultimo tango a Parigi, interpretato poi dall’attore americano. Presente e richiestissimo in Francia, da Colpo grosso al casinò (1963) di Henri Verneuil fino a Il Tulipano Nero (1964) di Christian Jaque, uno dei maggiori successi dell’anno al botteghino e Crisantemi per un delitto (1964), nuovamente di Clément. In quegli anni Delon comincia a recitare anche in tre o quattro pellicole all’anno: come Tre passi nel delirio (1967), nell’episodio William Wilson diretto da Louis Malle, e il kolossal Parigi brucia? (1966) ancora di Clément.
E poi il debutto a Hollywood con ben tre produzioni: L’ultimo omicidio (1965) di Ralph Nelson, Né onore né gloria (1966) di Mark Robson, insieme a Anthony Quinn, e Texas oltre il fiume (1966) di Michael Gordon, in cui condividerà la scena con Dean Martin. La triologia hollywoodiana riscuoterà un notevole successo, che attirerà ancora più progetti lavorativi per l’attore.
Nel 1967 arriva Frank Costello faccia d’angelo, un film di Jean-Pierre Melville, che lo vede nei panni del sicario pù amato e temuto di Francia, un personaggio cult, il tipico duro hard boile, affascinante e spietato, segnato da un feroce destino che non gli ha lasciato scelta, un pò come l’inizio della sua vita, sfortunata e tremendamente solitaria. Tutto ritorna e forse, l’inizio e la fine del grande divo non sono poi così diverse.
Delon nel 1970 sposa l’attrice Francine Canovas che prenderà il nome d’arte di Nathalie Delon; da lei avrà il figlio Anthony, prima del divorzio avvenuto nel 1969.
Il successo che lo trasporta nei vertiginosi anni ’70, fanno nascere una rivalità mediatica con l’altra stella francese, Jean-Paul Belmondo, a differenza Delon bruciava contratti non solo in Francia, ma anche in Italia e America, entrando pian piano nella classifica dei più grandi di tutti i tempi. Nel 1970 i due recitano insieme in Borsalino, che si rivelerà il più grande successo finanziario dell’anno in Francia (oltre 35 milioni di euro incassati), grazie soprattutto all’affiatamento tra i due degli attori e l’enorme popolarità che possedevano in quel periodo storico.
L’attore arriva a lavorare anche con l’altra star che dominava gli schermi italiani, Gian Maria Volontè, nel film diretto da Melville, I senza nome, definito dalla critica uno dei miglior capolavori del regista francese. In Italia conosce il regista Valerio Zurlini, che gli regala uno dei suoi lavori pìù belli, La prima notte di quiete. Un’opera, magistralmente interpretata da Delon che lo vede protagonista, nel ruolo di un professore Daniele Dominici, che s’innamora di una sua alunna. Trascendentale, erotico ma allo stesso tempo puro, un film che tocca le coscienze di tutti e regala un’esperienza intima e sensoriale attraverso l’amore proibito.
L’esordio in regia e gli ultimi anni prima del ritiro dalla scena
Da attore, produttore fino a regista con Per la pelle di un poliziotto, da lui scritto e prodotto, e interpretato con la futura compagna Anne Parillaud. Ormai Delon ha quasi sessantanni, una carriera da sogno, eppure ancora troppi pochi riconoscimenti per l’impegno e la dedizione verso il cinema. Nel 1994 si aggiudica ben due premi César con il film di ispirazione letteraria Un amore di Swann, diretto da Volker Schlöndorff e tratto dall’omonima opera di Marcel Proust. Accanto all’attore, una giovane Ornella Muti.
Nel 1985 si allontana dagli schermi e si trasferisce in Svizzera, ottenendone la cittadinanza verso la fine degli anni novanta, con la nuova compagna che gli ha dato due figli. D qui inizia il declino, di una star ormai troppo lontana dalla nuova epoca, fatta di tanta superficialità e poca tolleranza, queste le ultime parole prima di lasciare per sempre il testimone di un cinema che ormai ha quasi perso quasi tutte le sue stelle.
un’epoca insozzata dai soldi dove non ci sono più valori. Oggi non ti riprendono più con una cinepresa in movimento, ma con un coso digitale grande quanto una mano. Tutti se ne sbattono di tutto. Quelli che dicono “era meglio prima” li trovo rincoglioniti. Ma per me è diverso perché è vero: ai miei tempi, era davvero meglio. È il vecchio rincoglionito che parla! Ma non me ne frega più un cazzo, ho avuto tutto.
Alla fine degli anni novanta, continuerà a lavorare in qualche film, ma si concentrerà di più sulla carriera teatrale, fino al grande ritiro dagli schermi che avviene nel 2010. Nel 2008 torna al cinema interpretando con autoironia Giulio Cesare in Asterix alle Olimpiadi. Nel monologo iniziale, Cesare rievoca la sua vita passata, ma non fa altro in realtà, che rievocare la carriera di Delon stesso che, con un lapidario e sfrontato «Ave me», si congeda definitivamente dal grande schermo.
Ho l’età che ho. Ho fatto la carriera che ho fatto. Ora, voglio chiudere il cerchio. Organizzando incontri di boxe, ho visto uomini che si sono pentiti di aver fatto un combattimento di troppo. Per me, non ce ne sarà uno di troppo
La depressione negli anni lo ha consumato, i numerosi matrimoni, i figli illeggitimi e la malattia che ormai aveva pian piano preso il suo corpo, un linfoma causa la morte nel recente agosto passato. Una perdita che sconvolge il mondo del cinema, ma anche quello politico, attivista, gollista e nazionalista, proprio come Brigitte Bardot, ha espresso svariate volte le sue posizioni politiche e le preferenze alle elezioni presidenziali francesi del 2022.
Ho avuto una fortuna incredibile: sono stato felice tutta la vita, ho frequentato uomini e donne magnifici. Ho fatto quello che volevo, con chi volevo, quando volevo. Sono rivolto più verso il passato che il futuro perché so di avere avuto un passato straordinario. L’epoca di oggi non ha niente a che vedere con quella che ho conosciuto io. Una vita così non la si vedrà più. È per questo che non ho rimpianti se devo andarmene
Alain Delon lascia un mondo che ormai non gli appartiene più, se ne va, lasciando i figli, Anthony Delon, Anouchka Delon e Alain Delon Jr e i nipoti. L’ultima richiesta, quella di essere seppellito con i 35 cani, morti nel corso degli anni e riposti nella cappella adiacente alla villa La Brûlerie, 85 miglia a sud-est di Parigi. L’amore quello per gli animali, lo contraddistingue da sempre, probabilmente le uniche vere anime che hanno saputo stare affianco dell’attore, aldilà di qualsiasi ricchezza e forma materiale.